Franchi (Cgil): “Amianto, sentenza inaudita: tante situazioni ancora da risolvere anche a Lucca”

“La sentenza della Corte di Cassazione sulla vicenda dell’amianto di Casale Monferrato, che annulla la precedente sentenza con la quale si condannava per disastro ambientale i responsabili dello stabilimento Eternit ed il risarcimento ecinomico per i soppravvissuti dei 3000 morti, appare come un atto criminale”. A sostenerlo è Umberto Franchi, della Cgil. “Per molti anni – prosegue – ho seguito le vicende amianto prima come responsabile all’ambiente della Fiom Toscana e successivamente in provincia di Lucca dal 1998 al 2005, in qualità di segretario generale della Fiom provinciale”.
“Anche nella nostra provincia la questione dell’amianto ha avuto e continua ad avere dei risvolti molto più grandi e gravi. Ricordo come a partire dal 1998, fino al 2005, effettuai una battaglia per fare riconosce l’esposizione al rischio amianto ed il prepensionamento a migliaia di lavoratori metalmeccanici, che per molti anni avevano effettuato attività d manipolazione dell’amianto od erano stati esposti al rischio di gravi patologie per aver inspirato l’amianto. La battaglia fu condotta In base all’art. 13 della legge n. 257 del 1992, coinvolgendo i dipendenti delle imprese che avevano svolto per almeno 10 anni, attività con esposizione al rischio amianto, al fine di fare riconoscere dall’Inail le prestazioni pensionistiche , in quanto a mio parere avevano il diritto ad bonus pensionistico di 5 anni di contributi assicurativi ogni 10 anni di esposizione. Ma la battaglia risultò vincente: non fu facile in quanto, per molti anni dal 1992 al 1998, essa era stata condotta dai patronati locali facendo cause all’Inps per il riconoscimento dei periodi esposti ,che però venivano quasi sempre perse a causa del fatto che le imprese non avevano pagato il premio assicurativo all’Inail per l’esposizione amianto e di conseguenza l’Inail non riconosceva l’esposizione. Dal 1998, come segretario della Fiom della provincia di Lucca, intrapresi una serie di iniziative insieme al servizio di medicina del lavoro della Usl locale, per definire la qualità e quantità delle esposizioni avvenute, per monitorare la storia individuale di ogni lavoratore con la richiesta al governo di allora di centro-sinistra che aveva come ministro del lavoro Cesare Salvi di una nuova legge dove l’esposizione avrebbe dovuto essere riconosciuta , non in relazione al fatto che l’azienda pagava o non pagava il premio assicurativo all’Inail ma in base alla reale esposizione documentata dalla ricerca fatte con la Usl. Nella nostra provincia vi sono ancora aziende dismesse ed altre aziende attive da bonificare: vi sono abitazioni, capannoni industriali, con copertura dei tetti con materiali d’amianto in eternit da demolire e smaltire. E’ il datore d lavoro che ha l’obbligo di valutare ed individuare la presenza dell’amianto e se vi è anche il minimo dubbio di possibili esposizioni al rischio amianto, deve notificare all’organo di vigilanza competente nel territorio la qualità del rischio, la qualità dei lavori da svolgere e la durata, il numero dei lavoratori occupati, le misure adottate per limitare l’esposizione dei lavoratori all’amianto. Credo che la riflessione sulla sentenza della Corte di Cassazione che considera estinto il reato di strage ambientale per prescrizioni dei termini, dovrebbero partitre da una domanda: come è possibile che il reato si estingua per prescrizione dei termini quando a volte basta respirare una sola fibra di amianto perché il soggetto interessato possa ammalarsi di tumore ai polmoni, o milza (mesotelioma) anche dopo 40 anni dall’esposizione?”.