Rapporto nazionale riciclaggio, Lucca a rischio medio

4 dicembre 2014 | 17:42
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Rapporto nazionale riciclaggio, Lucca a rischio medio

“Il rischio che attività illecite e riciclaggio di denaro interessino l’economia italiana è considerato significativo ma, allo stesso tempo, il sistema di prevenzione e contrasto italiano appare nel suo complesso adeguato”. E’ quanto emerge dalla prima analisi nazionale dei rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo condotto dal Comitato di sicurezza finanziaria (Csf), presieduto dal direttore generale del tesoro, Vincenzo La Via, e reso noto oggi dal ministero dell’Economia. Che pone la provincia di Lucca fra quelle a rischio “medio” a livello nazionale.
Il confronto con altre economie avanzate, si sottolinea, mostra che l’uso del contante (che è considerato il mezzo di pagamento preferito per le transazioni riferite all’economia informale e illegale) in Italia è particolarmente elevato: secondo uno studio della Bce del 2012, nel nostro paese il volume delle transazioni regolate in contante è pari all’85% del totale, contro una media dell’Ue del 60%. Oltre a risentire dei diversi gradi di sviluppo del sistema finanziario e di diffusione sul territorio nazionale di strumenti di pagamento alternativi, in particolare quelli elettronici, tale dato, si sottolinea nell’analisi, “potrebbe riflettere l’eterogeneità tra i paesi dell’Ue nelle dimensioni dell’economia sommersa che, secondo alcune stime nel 2012 ha raggiunto in Italia, una quota del 22% del Pil, contro il 19% della media europea”.

Nel suo complesso, si rileva nell’analisi, il sistema di prevenzione e contrasto italiano appare “adeguatamente rispondente rispetto alla minaccia che proventi di attività criminali possano essere reinseriti nel sistema finanziario ed economico”. Quanto al sistema di prevenzione, giocano un ruolo centrale i presidi antiriciclaggio applicati da banche, intermediari finanziari, professionisti e altri i soggetti obbligati. La platea è di tutto rispetto: centinaia di migliaia di soggetti. Solo a titolo di esempio: quasi 700 banche, e altrettante società finanziarie, 150 società di investimento, oltre 4.600 notai, 230.600 avvocati, quasi 115mila dottori commercialisti. Gli obblighi non sono applicati da tutti in maniera uniforme. Di tale eterogeneità ne è un esempio il difforme grado di segnalazioni sospette inviate all’Unità di informazione finanziaria. Banche e Poste italiane hanno “un rischio specifico elevato, ma anche dei presidi adeguati”. “Adeguati presidi” sono presenti anche per le società di intermediazione mobiliare (Sim), le società di gestione del risparmio (Sgr), rispetto a un rischio operativo rilevante, ma non massimo.
Le fiduciarie cosiddette statiche, per tutta un’operatività legata a schermare la proprietà e la titolarità di diritti, presentano oggettivamente un livello di rischio elevato. Il settore è comunque presidiato dalle autorità anche “se si ritiene opportuno un ulteriore rafforzamento nell’applicazione dei presidi”. Ciò risulta in una “vulnerabilità relativa molto significativa”. Vulnerabilità relativa molto significativa è anche quella imputabile a istituti di moneta elettronica (Imel) e istituti di pagamento (Ip) essenzialmente a causa “di un quadro normativo comunitario in cui, attraverso la libera prestazione di servizi e processi di delocalizzazione, gli agenti possono operare nel nostro territorio al di fuori di un quadro adeguato di regolamentazione e controllo. Attività investigative hanno rilevato come tale rete distributiva non riesca a creare barriere adeguate rispetto a flussi finanziari illeciti”.
I professionisti in generale “non rispondono in modo soddisfacente alle esigenze di prevenzione del sistema, per una formazione ancora non sempre adeguata su queste tematiche”. Si registrano i progressi compiuti dai notai, sia nei processi di adeguata verifica sia negli obblighi di collaborazione attiva, tali da consentire una più soddisfacente capacità di adempiere alle regole antiriciclaggio.