Radicali bocciano il S. Giorgio: “E’ una discarica sociale”



Una vera e propria “discarica sociale”, una “struttura fuorilegge che, così come si presenta, andrebbe chiusa subito”: questo il durissimo appunto dell’Associazione per l’Iniziativa Radicale Andrea Tamburi di Firenze, che stamani (5 gennaio) ha visitato con tre membri delegati il carcere San Giorgio di Lucca. Il presidente dell’associazione Maurizio Morganti, accompagnato dai due militanti storici Giovanni Rodella e Marca Rosa A., escono dalla casa circondariale di via San Giorgio visibilmente contrariati. “Giusto una manciata di giorni fa – prende la parola Morganti – due senatori del Pd (Marcucci e Granaiola, ndr) hanno visitato questa struttura e, uscendo, si sono detti abbastanza soddisfatti di quello che hanno visto. Noi ci chiediamo in quale carcere siano stati. Il San Giorgio è una struttura totalmente antica, fatiscente, illegale, sovraffollata, dove si è oltrepassata la soglia della legalità da troppo tempo: così com’è andrebbe chiusa immediatamente”.
A far scattare l’indignazione dei radicali, venuti a Lucca nell’ambito del programma Satyagraha di Natale che ha visto l’adesione di centinaia di cittadini (e che in questi giorni vede impegnato in uno sciopero totale della fame e della sete il leader dei radicali, Marco Pannella), sono soprattutto le modalità attraverso le quali si tenta, a Lucca come in altre strutture carcerarie toscane e italiane, di aggirare le regole: “La sentenza Torregiani – spiega ancora Morganti – pone i 3 metri quadri per detenuto come limite minimo sotto il quale non è possibile scendere, ma non sancisce un obbligo specifico. Ne consegue che, a Lucca come in molti altri posti, si constatano situazioni di tortura conclamata, con quattro persone racchiuse in una cella di tre metri per due”.
I radicali puntano il dito contro i senatori Pd, ma in parte anche verso il garante regionale Franco Corleone, colpevole, secondo loro, di aver rassicurato tutti quanti in ordine ad un sovraffollamento che, per lui, rappresenterebbe un problema risolto (oggi sono circa 3500 i detenuti in Toscana, ndr): “Non possiamo dubitare della sua buona fede e del suo impegno – dice Morganti – ma quando si esprime così dice falsità”.
Eppure dentro il carcere di Lucca, struttura definita rinascimentale e forse la peggiore mai vista in Toscana dalla delegazione, il numero dei detenuti è andato diminuendo: dai 155 della fine del 2013 si è passati ai 134 ospiti attuali. Un dato, quest’ultimo, che ha indotto più di uno a guardare con rinnovato ottimismo al futuro, specie se coniugato con il fatto che il San Giorgio sarebbe in regola dal punto di vista dello spazio, perché la capienza, in ossequio al dettato normativo, è stata “allargata”: oggi la struttura può accogliere 140 persone. Eppure qualcosa non va: “E’ il gioco delle tre carte – tuonano i radicali – perché i posti in più sono stati ricavati aggiungendo letti a castello in celle già esistenti, andando ad aggravare ancora di più una situazione critica. Tre quarti delle celle là dentro sono illegali. Gli ospiti saranno pure fuorilegge, ma anche l’edificio lo è”. “Basterebbe – argomenta il gruppo -, che un magistrato di sorveglianza entrasse dentro una volta soltanto per chiudere tutto”. La prossima elezione di un Garante per i detenuti, invece, viene accolta con prudente soddisfazione: “Serve che sia una persona molto preparata – spiegano – non uno scaraventato lì senza cognizione di causa, simbolicamente”.
Il carcere San Giorgio, come è noto, è in realtà una Casa Circondariale: le persone detenute al suo interno scontano pene massime nell’ordine dei 5 anni. Ecco allora un altro elemento in ordine al quale il discorso dei radicali si fa tambureggiante: “Questo è il tipico esempio di carcere italiano – osserva Morganti – concepito come discarica sociale. Lì dentro ci sono tossicodipendenti, immigrati, poveri: alcuni di loro sono rinchiusi per furti di lievissima entità, mentre i veri delinquenti se ne stanno fuori. La struttura potrebbe essere decente solo se ospitasse meno della metà delle persone che ha adesso: per questo chiediamo a gran voce indulto ed amnistia in tutti i casi in cui sia possibile”. Alcuni dati incontrovertibili, scaturiti dalla visita di questa mattina, fanno tremare i polsi: dei 134 detenuti almeno 50 sono ex tossici e sempre 50 persone soffrono di disturbi psichiatrici correlati alle condizioni di vita. Molti detenuti, inoltre, hanno contratto l’epatite C, mentre non si registrano casi di tubercolosi o altre malattie gravi. Il fondamentale percorso di riabilitazione, tappa imprescindibile per una nuova inclusione sociale, secondo i radicali è del tutto abbandonato: “Lavorano a turno – dicono – ma si tratta di due persone al giorno, non di più. Alcuni ci hanno detto che non hanno mai fatto nulla da quando sono arrivati. Ci dovrebbero essere due grandi spazi ricreativi per l’ora d’aria, ma uno è chiuso: ne consegue che i detenuti preferiscono rimanere in cella, piuttosto che ammassarsi in un campetto”.
Anche il personale della Polizia Penitenziaria, secondo la delegazione, sarebbe esasperato perché sotto organico ed abbandonato a fronteggiare una situazione di totale emergenza. La direzione della struttura, invece, ha promesso a Morganti e compagni che a breve verranno avviate importanti ristrutturazioni interne: “Si dicono fiduciosi – chiude Morganti – ma servono i fatti. Non ci sono docce decenti: abbiamo visto fori nel muro da cui pendono tubi di gomma. L’acqua calda resta un miraggio. Anche la saletta per i colloqui è fuori legge: proprio stamani c’era un bambino seduto sul bancone, appoggiato al vetro. Serve una riforma del sistema giustizia e serve subito”.
Paolo Lazzari