Anoressia e bulimia in aumento, ecco come combatterle
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Riflettori puntati su anoressia e bulimia per il secondo convegno sulla cura del comportamento alimentare che si è svolto questa mattina (17 gennaio) nella Sala Vincenzo da Massa Carrara in via S.Micheletto. L’incontro, che va ad inserirsi in un più ampio percorso di ricerca e diffusione della letteratura sul fenomeno, è stato promosso dall’associazione Acca Onlus di Lucca e ha visto l’intervento di personale medico che si occupa di prevenzione ed individuazione di disturbi legati alle attitudini alimentari scorrette. Dopo i saluti istituzionali e l’introduzione della dottoressa Valentina Aletti, psicologa referente di Acca, hanno preso parola il primario del reparto di psichiatria dell’Ospedale Versilia Ausl 12, professor Di Fiorino, la psicologa psicoterapeuta Aipad, dottoressa Calugi, la psicologa psicoterapeuta Csapr, dottoressa Di Paola e lo psichiatra psicoterapeuta Ausl 12 Versilia, dottor Del Debbio. Riconoscimento e cura della deviazione alimentare sono stati i temi attorno ai quali si è sviluppato il dibattito, che ha visto la partecipazione attiva di molti genitori di persone affette da anoressia e bulimia nervosa, che hanno avuto modo di confrontarsi con gli specialisti. Particolare interesse ha suscitato la presentazione del fenomeno della cosiddetta Dea Ana/Dea Mia (ad indicare anoressia e bulimia, che si presentano alle ragazze come delle vere e proprie regine da seguire), modello di riferimento supportato dalla creazione di numerosi siti web e di blog che si sono trasformati in una vera e propria comunità per ragazze affette da bulimia e anoressia. “Questi blog presentano anoressia e bulimia come una scelta individuale e assolutamente positiva- ha spiegato la dottoressa Di Paola- le ragazze coinvolte vi trovano un’illusione di conforto e la conferma che stanno seguendo la strada giusta. I soggetti in questione sono, infatti, accomunati dalla volontà di essere riconosciuti quali persone che mirano ad un obiettivo e sono determinate a raggiungerlo. La Dea Ana – ha proseguito – è una sorta di avatar collettivo, che ha creato un mito in grado di aiutare tutti: la dieta diviene, così, uno stile di vita, il corpo un nuovo dio da adorare. In tal modo il culto del corpo si trasforma, nel tempo, nel suo esatto opposto, ovvero la mortificazione, attraverso il digiuno e le pratiche di auto-punizione e castigo”.
Non è possibile individuare una causa univoca del comportamento alimentare anomalo: si tratta di un fenomeno complesso, la cui comparsa dipende dalla simultaneità di diversi elementi, socio-culturali, individuali e familiari, che risultano strettamente integrati e circolarmente correlati. I livelli sociale e culturale danno forma al disturbo, ma non lo determinano da soli. Per quanto riguarda il percorso di cura, la parola d’ordine sicuramente non è proibizione, poiché in questo caso il rischio sarebbe quello di estremizzare il problema. Il primo passo da compiere è, piuttosto, la promozione dei fattori protettivi e il contrasto dei fattori di rischio, attraverso campagne di educazione che insegnino a riconoscerli. La fase della prevenzione secondaria, consiste nel riconoscimento da parte del paziente di un rapporto patologico con certi aspetti della vita, che necessitano di essere modificati. “Il trattamento medico-psicofarmacologico è un aspetto delicato della questione – ha spiegato il dottor Del Debbio – il manuale diagnostico è stato aggiornato sulla base dell’esigenza di avvicinarlo alla realtà clinica, comprendendo criteri di riferimento che includono forme che prima non venivano riconosciute. Accanto all’anoressia e alla bulimia nervose, sono stati così inseriti nuovi disturbi della nutrizione e dell’alimentazione, fra cui anche il culto del fitness e del body building, intesi come esercizio fisico compulsivo e il “salutismo”, per cui le persone si focalizzano non sulla quantità, bensì sulla qualità del cibo e devono controllarla costantemente”. I dati aggiornati al 2009 indicano un aumento significativo dei casi di anoressia e bulimia nervose nella prima e seconda infanzia e dei casi maschili di anoressia. Le statistiche registrano un tasso di guarigione del 50% per quanto riguarda l’anoressia e del 70% per la bulimia, mentre il 10% degli anoressici arriva alla morte e il 15% passa da un disturbo all’altro. “Importante – ha sottolineato il dottor Del Debbio – sapere che “guarigione” in linguaggio medico si utilizza anche per riferirsi ad un paziente che, pur mantenendo un desiderio anoressico, non utilizza nessuna strategia disfunzionale per metterlo in atto”. Come percorso di cura più efficace, gli esperti hanno suggerito un approccio interdisciplinare e una personalizzazione del trattamento, che coinvolga in maggior misura la famiglia. Fondamentale risulta essere anche la consulenza nutrizionale, che facilita la conoscenza di una alimentazione sana e un cambiamento consapevole nel tempo, atto a correggere gli squilibri. E’ inoltre utile il monitoraggio clinico farmacologico, che fornisce una soluzione ai sintomi collaterali, come l’ansia, la depressione e la visione alterata del proprio corpo. L’incontro si è concluso con la testimonianza di due donne che hanno vissuto in prima persona il dramma dell’anoressia: una mamma, Patrizia Cappelletto, dell’associazione La vita oltre lo specchio e una scrittrice, Serena Barzoletti, che ha sconfitto la malattia. “L’anoressia è una malattia dell’anima oltre che della mente- ha detto Patrizia Cappelletto- si forma un vuoto dentro, un’ansia che non si riesce ad esprimere a parole. E’ una richiesta di aiuto da parte dei nostri ragazzi che non può più essere disattesa, accoglierla è primo passo verso la cura. Rifugiarsi nel senso di colpa non porta a niente, bisogna farsi aiutare dagli esperti e cercare di comprendere i nostri figli”. “Io la chiamo vocina malefica- ha raccontato Serena- la ami come una dea, la credi una tua amica, ma è distruttiva. Si fa sentire ancora, ma ho imparato a non ascoltarla più. L’anoressia all’inizio non è una malattia, è una scelta di vita, più o meno consapevole, poi degenera e prende possesso di te. Avevo un mondo dentro da comunicare e non riuscivo a esprimere la mie ansie se non con lei- ha spiegato-ma ho avuto paura quando ho capito che non stavo più controllando mio corpo e non era benessere quello che provavo: stavo distruggendosi sia anima che corpo. E’ stato allora che ho realizzato di dover fare qualcosa. Ho trasformato la mia fame di cibo in fame d’amore. E ho vinto”.
Jasmine Cinquini