Residenti: rumore e movida, più controlli affidati ai Comuni

17 gennaio 2015 | 10:53
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Residenti: rumore e movida, più controlli affidati ai Comuni

Rumore e movida, il Coordinamento Regionale Toscano dei Comitati e delle Associazioni dei Residenti, tra cui anche, per Lucca, Vivere il Centro Storico è stato ascoltato in Regione in merito al nuovo regolamento e ai controlli di Arpat. E nel mirino finisce l’ipotesi, contenuta nelle linee guida per gli esposti del 16 giugno scorso, emesse a seguito della normativa sull’acustica e che prevedono il pagamento di questi accertamenti. “E’ vero – sottolineano i comitati – che nelle Linee guida si fa riferimento ad un’azione istruttoria da parte del Comune che arriva a prevedere un “gentile” invito all’esercente a verificare per proprio conto il livello di rumorosità, tuttavia la frammentazione dei ruoli fra polizia municipale e Arpat risulta funzionalmente controproducente”.

“Secondo i dati Arpat – si legge ancora nella relazione fatta dai comitati durante l’audizione in Regione – a fronte di un numero circa pari di esposti dei cittadini a Firenze e Lucca, il numero di controlli in capo ad Arpat è nettamente maggiore nel caso di quest’ultima. Questo perché i vigili di Firenze sono dotati di fonometro che, tra le altre cose, li porta ad avere un maggior rispetto da parte degli esercenti, mentre questo non vale per i loro colleghi lucchesi. La carta dei servizi di Arpat prevista dalla legge regionale 30/2009, prevede che la agenzia sia tenuta a fornire supporto ai Comuni entro un numero definito di controlli complessivo in Toscana, pari – per quanto riguarda il rumore – a 300 interventi annui. In Provincia di Lucca, a causa della mancanza di controlli fonometrici da parte dei vigili, si effettuano 70-80 interventi l’anno, quindi appunto il 25-30% del complesso della regione. Cosa succederà ai cittadini toscani quando i 300 interventi annui saranno esauriti? Si passerà a quelli a pagamento? Quanto costeranno? Visto che nel bilancio comunale non ci saranno sicuramente soldi per finanziare i controlli a pagamento, le amministrazioni si troveranno a dover rischiare l’omissione di atti di ufficio per non poter effettuare i controlli richiesti a seguito dei giusti reclami dei residenti?”.
“Da tenere presente – proseguono i comitati – che questa situazione è destinata a peggiorare in quanto i 300 rilevamenti annui che Arpat è chiamata ad effettuare vennero decisi con la vecchia legge regionale 89 del 98 e quindi basandosi sul personale Arpat che era allora in servizio. Consultando il sito Arpat ci rendiamo conto che da una dotazione organica di 842 unita’ nel 2006 Arpat è passata a 757 unità al 31 dicembre 2010, mentre adesso la dotazione organica totale dovrebbe consistere di circa 700 unità. Dotazione organica che dovrà essere ulteriormente diminuita con i provvedimenti che questa giunta andrà a prendere durante il mese di febbraio prossimo”.
“Per questi motivi – aggiunge il coordinamento dei comitati – si richiede di voler coinvolgere più direttamente i Comuni nel controllo fonometrico conseguente agli esposti. Fra le varie ipotesi ci potrebbe essere il coordinamento fra più amministrazioni, se di piccole dimensioni, oppure rendere più stringente l’invito nel caso di comuni più popolosi, favorendo la creazione di un nucleo di Polizia per svolgere i rilevamenti fonometrici ed in grado di esercitare il potere sanzionatorio. Ovviamente in collaborazione con Arpat della cui esperienza e professionalità non sarà possibile fare a meno”.
I comitati fanno questi rilievi pur apprezzando nel complesso la normativa sull’acustica e le relative linee guida per gli esposti: “Sono per noi – sottolineano – provvedimenti importanti che segnano un passo in avanti nella direzione della civiltà , ma che risultano tuttora insufficienti a colmare il divario provocato da una deficitaria normativa nazionale, la quale, di fatto, fa si che i cittadini residenti nelle zone rumorose per la presenza di locali notturni e dei loro avventori che stazionano sulla pubblica via, si trovino a dover vivere in condizioni insalubri a causa della impossibilità di riposare”. Per quello che concerne le linee guida, i comitati rilevano che in esse “si prevede che i Comuni possano avvalersi di Arpat per la verifica fonometrica, il che porta le Amministrazioni a credere erroneamente di dover necessariamente avvalersi di Arpat per questa importante funzione di controllo delle emissioni rumorose che invece la legge 447/95, con il combinato disposto dall’articolo 6 comma g e dall’articolo 14 comma 2, pone a loro carico. Quanto descritto nelle linee guida non appare, a nostro avviso, abbastanza esauriente in quanto, seppure non proibendolo, non stimola le amministrazioni comunali ad organizzare un servizio di controllo sul rumore come invece dovrebbero fare. Appare opportuno rilevare che il controllo del rumore da parte della Polizia Municipale, se aggiunto agli altri controlli che il corpo dovrebbe effettuare – come: verifica della regolarità degli orari, del possesso delle licenze funzionali allo svolgimento dell’attività, affollamenti ecc. – fornirebbe un quadro più esaustivo del problema inteso come somma delle varie concause”.
Le osservazioni al nuovo regolamento regionale dei rumori prendono invece spunto dall’articolo 15, 5 ter che recita: “i livelli sonori emessi siano controllati, a cura del richiedente , per tutta la durata dell’evento”. “Se tale previsione venisse resa obbligatoria anche per le zone III e IV – commentano i comitati – si potrebbero diminuire in maniera consistente le spese che la collettività deve sostenere per la attuazione dei controlli e si eliminerebbe a monte la gran parte dei problemi conseguenti alla concessione delle autorizzazioni in deroga. In tal modo si conseguirebbe una parità di diritti fra gli animali che vivono nei parchi, i residenti delle zone prevalentemente residenziali e quelli sfortunati che vivono nei centri storici, dove comunque, durante l’orario notturno, anch’essi diventano zone prevalentemente residenziali, in quanto ci sono diverse decine se non centinaia di famiglie per ogni locale pubblico. Nelle more della creazione di un adeguato servizio di monitoraggio da parte dei Comuni, ipotesi che purtroppo diverrà sempre più necessaria di fronte ai tagli di personale in ambito Arpat, sarebbe opportuno che la Regione stabilisse l’obbligatorietà dell’autocontrollo da parte di tecnici incaricati dal richiedente, subordinando il rilascio della successiva autorizzazione in deroga al deposito di tale autocontrollo, il quale dovrebbe poi essere reso consultabile dai ricettori vicini con una semplice richiesta di accesso agli atti ai sensi della Legge 241/90. Questa potrebbe rappresentare una soluzione, magari parziale in quanto è vero che l’ autocontrollo va verificato, ma il tecnico non può escludere se in quel momento c’è qualcuno che fa i rilevamenti presso il ricettore più vicino e quindi ha tutto l’interesse, al fine di non fare una falsa dichiarazione, di richiedere l’ abbassamento del volume quando questo sorpassa i limiti. Tale richiesta dovrebbe riguardare tutte le autorizzazioni in deroga, sia normali che semplificate, rilasciate per manifestazioni musicali, trascurando ovviamente quelle rilasciate per lavori. Sicuramente le categorie avrebbero da ridire perché questa operazione richiede un esborso di alcune centinaia di euro. Un costo che comunque verrebbe facilmente ammortizzato con l’ incasso della serata considerato che si tratta di attività commerciali molto redditizie use a registrare introiti di migliaia oppure decine di migliaia di euro in poche ore e che, comunque, potrebbe essere considerevolmente contrattato stipulando accordi fra le associazioni di categoria e tecnici in grado di svolgere questo tipo di attività. Altra soluzione – prosegue il coordinamento -, soprattutto per i centri dove si verificano elevate concentrazioni di locali in una zona ristretta, potrebbe essere quella di installare delle centraline acustiche che, una volta registrato e segnalato il superamento dei limiti massimi, indichino agli esercenti la necessità di intervenire per i riportare l’inquinamento acustico entro i limiti. Per ultimo, ma non per questo meno importante, si verrebbe a facilitare lo spostamento delle attività rumorose verso le zone V e VI, le quali presentano carenza se non assenza di ricettori. A voler essere concreti , questa ultima appare l’unica soluzione reale per far si che i cittadini possano dormire e allo stesso tempo i giovani possano divertirsi come meglio credono. Una situazione già attuata in diversi casi a Madrid dove si è favorito lo spostamento dei locali notturni nelle zone, prive di residenti, che di giorno hanno funzione direzionale con uffici, attività commerciali”. Quanto poi all’obbligo di pubblicazione sui siti web del Comune delle autorizzazioni rilasciate in tal senso sul territorio i comitati esprimono dubbi. “Purtroppo – sostengono – tale previsione viene disattesa, oppure la pubblicazione viene realizzata in ritardo. Sarebbe utile e necessario dare la possibilità ai cittadini di sapere se la manifestazione che non gli permette di dormire sia stata autorizzata o meno. Tale bisogno confligge con la carenza di personale comunale che rende impossibile un aggiornamento in tempo reale del database previsto dalla normativa. Visto la disponibilita’ di cassa dei Comuni, per risolvere ciò occorrono strumenti in cui gli oneri non ricadano soltanto sulle amministrazioni. Prevedendo nuove norme e fornendo un minimo di mezzi e di strumenti, si dovrebbe incentivare il trattamento online dei dati facendo in modo che sia il richiedente ad aggiornare tale database, prevedendo che tale operazione costituisca elemento essenziale per il rilascio dell’ autorizzazione richiesta. Lo stesso dicasi per la mappatura delle autorizzazioni richieste dalla normativa che gli Uffici Comunali devono aggiornare per evitare di incorrere nel rischio di rilasciare autorizzazioni nella stessa zona in quantità maggiore di quanto previsto dalla normativa . A conclusione preme rilevare che il rumore antropico, vale a dire quello prodotto dagli schiamazzi della gente sulla pubblica via, viene completamente ignorato nei provvedimenti attuativi dalla normativa regionale. Ai locali si dà la possibilità di vendere bevande da asporto che possono essere consumate sulla pubblica via. Questo è profondamente ingiusto per diversi motivi. Innanzi tutto si consente una concorrenza sleale fra il locale diligente che paga il suolo pubblico per tavoli e sedie e quello gestito dall’ esercente spregiudicato che non chiede alcun suolo pubblico, potendo contare sull’utilizzo della pubblica via a titolo gratuito. Un permissivismo tutto italiano che ,al di là dei danni erariali conseguenti alla palese evasione della tassazione derivante dall’ occupazione di suolo pubblico a fini commerciali, pone gli avventori al di fuori della responsabilità del gestore dando loro un lasciapassare che gli consente di provocare impunemente rumori molesti per tutta la notte. Non c’è dubbio che la concentrazione spaziale delle concessioni di licenze per attività di pubblico spettacolo in aree densamente abitate pone le basi per avere poi dei problemi e cio’ andrebbe regolato con norme apposite atte a consentire una ragionevole coesistenza tra residenti e locali pubblici. Il rumore antropico provocato dagli avventori dei bar che stazionano sulla pubblica via non è escluso nella legge quadro, ma mancano indicatori utili a valutarlo. L’unica tutela offerta sotto questo profilo è quella dall’articolo 659 del cp (peraltro in via di depenalizzazione), di difficile attivazione sia da parte del privato che da parte del pubblico ufficiale. Per questi motivi riteniamo necessario che venga riconosciuto il rumore antropico, provocato fino a tarda notte dalle persone che stazionano al di fuori dei locali, come conseguenza diretta dell’attività svolta dal pubblico esercizio, in modo da poter riportare tale disturbo all’interno delle tutele previste dalla DPRT 2/2014” .