I bancari incrociano le braccia per un giorno

28 gennaio 2015 | 09:26
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I bancari incrociano le braccia per un giorno

Bancari contro banchieri. Per i diritti e per i servizi. Uno scontro che si rinnova quello fra le diverse sigle sindacali del mondo degli istituti di credito (sono otto, fra cui le confederali Fiba, Fisac e Uilca) e le aziende, in nome del contratto nazionale di lavoro ed anche di un’altra idea di banca, che non abbia solo una vocazione speculativa, ma che si focalizzi su servizi e attenzione alle famiglie. Posizioni distanti, che porteranno venerdì (30 gennaio) allo sciopero generale di categoria dei lavoratori del credito, che già domani saranno in piazza per un volantinaggio di sensibilizzazione dei cittadini.
A presentare la piattaforma, nella sede lucchese della Fabi di viale Europa, il “padrone di casa” Luca della Pina, Carlo Moretti della Fisac Cgil, Riccardo Ascani della Fiba Cisl e Antonio Sementilli, segretario regionale della Unisind Falcri. Tutti convinti che la situazione per i lavoratori sta sensibilmente peggiorando e sta aumentando il divario di tutele (e di retribuzione) fra i vertici delle banche e i lavoratori dipendenti. Per questo si terranno 4 grandi manifestazioni nazionali e i lavoratori lucchesi manifesteranno a Ravenna, città che esprime la presidenza dell’Abi, l’associazione datoriale delle banche.

“Risale al 31 ottobre del 2013 – ricorda Della Pina – il primo sciopero generale della categoria dopo dieci anni. A meno di due anni di distanza ci ritroviamo a protestare per il tentativo di Abi di cancellare il contratto nazionale e di cancellarne le tutele. Tutele fondamenti che non sono tali solo per i colleghi bancari: annullare un contratto nazionale o non attuarlo, infatti, significa creare una breccia anche riguardo ai rinnovi per tutte le altre categoria di lavoratori, per questo vento liberista che ci arriva dall’Europa e dà sponda alle parti datoriali“. “Avere un bancario senza tutele poi – prosegue Della Pina – significa avere un bancario sotto ricatto, nel pieno stile americano ovvero con stipendi di sussistenza e che può guadagnare solo con le provvigioni, restano così alla mercé dei banchieri e non più affidabile nei confronti della clientela”. “Altro aspetto che vogliamo traspaia – chiude Della Pina – è che sono i banchieri e non i lavoratori i primi responsabili della crisi del settore, visto che hanno erogato affidamenti a chi non dovevano essere erogati. Eppure sono i dipendenti a pagare, con riduzione di tutele e di garanzie mentre aumentano le immorali retribuzioni dei vertici, che hanno ormai raggiunto una proporzione di 200 a 1 rispetto a quelle dei dipendenti”.
“Nella nostra piattaforma – spiega infine – non ci siamo limitati alle richieste economiche, che poi si limitano a parametrare la retribuzione all’inflazione, ma abbiamo presentato un nuovo modello di banca, alternativo alla necessità di tagliare solo il costo del personale e dei servizi. Una banca che ampli il portafoglio dei servizi alle famiglie e alle imprese qualificando ulteriormente la categoria. Solo così si può sviluppare una prospettiva in questo settore”.
“Veniamo da anni di ristrutturazioni e riduzioni di organico – dice Carlo Moretti della Fisac – anche nella nostra provincia. Dove le realtà locali hanno perso sempre di più autonomia societaria e anche quando parlano di attenzione al territorio fanno solo uno spot. I centri di potere non sono più qui, vedasi la Cassa di Risparmio di Lucca, Pisa e Livorno del gruppo Banco Popolare, dove è Verona a decidere le politiche creditizie. Ebbene, con questa vertenza noi siamo chiamati a difendere l’immagine di chi lavora in banca: l’idea di far pagare ai lavoratori, sottopagati, vessati, trasferiti, poco tutelati, gli errori di chi guida gli istituti di credito non ci sta bene”.
“Sfidiamo i banchieri sul loro terreno – aggiunge Riccardo Ascani di Fiba Cisl – con una proposta concreta che si basa su un modello di banca vicina alle imprese e alle famiglie. A questo colleghiamo il rinnovo del contratto che necessita di riqualificazione del personale, che non deve essere più solo orientato alla vendita di prodotti finanziari ma alle esigenze del territorio. In questo senso chiederemmo anche un bel sacrificio alla categoria, ma da pare dell’Abi abbiamo ricevuto solo una risposta negativa”.
“C’è una sorta di accanimento nei confronti dei lavoratori – ammette Sementilli di Unisind – Prima la paura delle banche estere, poi il predominio della finanza e i bilanci eccezionali quanto fuorvianti, poi la crisi. Ma gli unici che ci hanno guadagnato sono i banchieri. Ora la crisi si va ad esaurire ma gli utili vedono privilegiare gli azionisti, mentre i lavoratori pagano ancora un caro prezzo con organici all’osso e stipendi non adeguati, nonostante l’aumento di funzioni e di responsabilità dirette nei confronti dell’azienda e della clientela”.
Insomma la categoria fa quadrato, chiede attenzione agli organi di vigilanza (“Se l’area contrattuale non tiene come è possibile garantire la tutela del risparmiatore?, chiosa Ascani) e difende l’immagine del lavoratore: “Che non è – spiegano in coro – un privilegiato come si potrebbe pensare. Si tende a confondere il banchiere con il bancario. Sarebbe come confondere il petroliere con il benzinaio…”.
L’adesione che si spera è massiccia: “Spero che il 30 – chiude Luca Della Pina – la grandissima parte degli sportelli delle banche siano chiusi. E i segnali sono in questo senso. D’altronde siamo di fronte ad una minaccia gravissima che, in qualche modo, va sventata”.
E in banca sono in molti, dicono i sindacati, ad essere pronti a incrociare le braccia. Ma il bilancio si potrà fare soltanto dopo la giornata di venerdì.

I numeri toscani
Secondo i dati della Banca d’Italia, in Toscana il numero dei bancari è passato dai 27.944 del 2012 ai 26.084 del 2013. Di tutti questi, nelle banche maggiori al 31-12-2012 erano 13.496, mentre alla fine dell’anno successivo sono rimasti in 11.981 (calo dell’11%): ancora non ci sono i numeri al 31-12-2014, ma si stima un’altra diminuzione almeno della stessa entità. Capitolo sportelli: dal 2008 al 31-12-2014 nella nostra regione ne sono stati chiusi 231 (-9 per cento, oggi sono in tutto 2.310). Anche il credito delle banche a famiglie e imprese toscane è diminuito: da giugno 2011 a ottobre 2014 si è passati da elargire 112 miliardi di euro a 97. In Toscana l’unica cosa che sale sono le sofferenze bancarie: +11 miliardi di euro da marzo 2009 a settembre 2014. Capitolo esuberi: a livello nazionale alla Popolare Etruria trattativa aperta su 451, in Unicredit sono 5.100. Il tutto, in attesa dell’ulteriore ristrutturazione in Mps.

Enrico Pace

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