Assindustria Lucca ricorda Paolo Bellandi a un mese dalla scomparsa

L’Associazione Industriali di Lucca nel trigesimo della scomparsa ricorda Paolo Bellandi, ex presidente della Fapim Spa, Azienda leader, affermata in campo internazionale, nel settore delle soluzioni ed accessori per serramenti. Paolo Bellandi insieme al socio Lido Bendinelli aveva fondato nel 1967, poco più che ventenne, l’azienda artigiana Bellandi e Bendinelli per la produzione di infissi in alluminio. Nel 1974, con l’aggiunta del terzo socio Sergio Pacini costituisce la Fapim ad Altopascio, da dove ha preso avvio una storia aziendale contrassegnata da una rapida crescita tecnologica, produttiva ed occupazionale, ed una continua espansione nei mercati internazionali, che oggi rappresenta il 90% del fatturato.
Paolo Bellandi, si può dire, è stato il maggior artefice di questo successo, guidando l’Azienda con la fiducia degli altri soci, con passione e impegno, considerando sempre prevalente l’interesse dell’Azienda e della sua solidità finanziaria, che anteponeva a quello personale.
Di carattere mite, ma schietto e determinato, soddisfatto per la sua vita professionale e familiare, con un forte senso di appartenenza all’azienda, riservato e sempre attento verso i collaboratori e da tempo molto impegnato anche nel sociale, aveva tutte le caratteristiche che lo rendevano un vero leader e un industriale illuminato e di successo.
Mancherà molto ai familiari, all’Azienda, ai suoi collaboratori e a quanti hanno avuto l’opportunità di conoscerlo e di apprezzarne le elevate doti imprenditoriali e manageriali.
Al figlio Massimo, che è succeduto nell’incarico di Presidente esecutivo ricoperto dal padre e ne continuerà l’importante lavoro, vanno gli auguri di ulteriori successi aziendali.
Uno dei primi atti compiuti dal giovane manager è stata la conferma dell’adesione dell’azienda al progetto “Impresa amica del Meyer”, sempre sostenuto con convinzione dal padre. Oggi la Fapim SpA nei due stabilimenti di Altopascio e di Spianate occupa 500 dipendenti, sviluppa un fatturato di circa 50 milioni, per il 90% rivolto all’esportazione, in oltre 100 Paesi attraverso 12 filiali dislocate in Europa, Russia, Stati Uniti e America Latina.
Commosse le parole con le quali lo ricorda Alberto Varetti: “Sapienti sociologi ed economisti hanno più volte affermato che se la rendita prevale sul profitto la società si ammala e questa proposizione ha trovato conferma nella crisi che l’Occidente sta ancora vivendo: non tutti hanno capito la lezione. Paolo Bellandi lo sapeva ed è un esempio di cosa significa gestire un’attività economica con profitto, ma profitto ben temperato, come il clavicembalo di Bach: generare reddito in un mercato competitivo, con pressanti innovazioni tecnologiche, con consumatori raffinati, con relazioni conflittuali – ma leali – con i concorrenti, dunque profitto ben temperato. Quest’ultimo è stato il suo paradigma e gli effetti di questa visione delle cose economiche e socali sono sintetizzati nei bilanci della Fapim, fondata quarant’anni fa assieme a Pacini e Bendinelli. Conosco ed ho conosciuto – prosegue Varetti – molti imprenditori di grande valore, ma Paolo Bellandi è un esempio speciale : forte legame con i soci, buoni rapporti con le maestranze, con i fornitori, con tutta la collettività di interessi che ruota attorno ad un’impresa: è difficile armonizzare questo contesto e comporne i naturali conflitti. E’ di moda la socialità dell’impresa, ma Bellandi l’aveva intuita e praticata molto prima che divenisse anche un atteggiamento. Le sue qualità umane non erano seconde a quelle imprenditoriali, e chi ha partecipato agli eventi organizzati in occasione del quarantennale della Fapim ha potuto toccarle con mano: riservatezza, nessuno sforzo per apparire, insomma, sostanza, anche nella malattia, alla quale non si era arreso, contrastandola con piglio deciso e coraggioso. L’ultimo ricordo che ho di lui è il suo intervento alla conferenza della Regione sul tema degli incentivi per le imprese: era il 5 settembre dello scorso anno, si duoleva del fatto che la Fapim, occupando oltre 400 dipendenti, non poteva usufruire di aiuti sostanziosi e questo limite gli appariva ingiusto nei confronti di un’impresa che dava lavoro a molti, pagava imposte consistenti e non aveva licenziato nessuno malgrado la crisi in atto. Dalla risposta dei relatori al suo intervento dedussi che non lo avevano capito. Ne rimase sconcertato, ma teso a modificare la situazione con un programma che però non ha potuto iniziare. Ci sarebbero molte cose da ricordare in sua memoria, ma mi fermo qui, proprio in ossequio ad un uomo di poche parole ma di tanti fatti. Tocca ora al figlio Massimo di proseguire, assieme a Pacini ed a Bendinelli, nel programma di espansione della Fapim e seguendo quei principi che ho sopra evocato e che costituiscono il paradigma Bellandi; confido in una continuità di successo che sarà il suo miglior ricordo”