Giannini a Lucca: “La nostra scuola deve essere modello”

23 febbraio 2015 | 12:49
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Giannini a Lucca: “La nostra scuola deve essere modello”
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Giannini a Lucca: “La nostra scuola deve essere modello”
Giannini a Lucca: “La nostra scuola deve essere modello”
Giannini a Lucca: “La nostra scuola deve essere modello”

Una scuola che sia modello di istruzione, internazionale, inclusiva, digitale: sono solo alcuni dei capisaldi de La buona scuola, il documento che il ministro dell’istruzione Stefania Giannini sta illustrando in giro per l’Italia, in questi giorni. Stamani (23 febbraio), ad accoglierla per la sua tappa lucchese, c’era un auditorium della Fondazione Bml gremito, composto da rappresentanti del mondo istituzionale sì, ma anche e soprattutto da rappresentative di ragazzi delle scuole elementari, medie e superiori. Al fianco della Giannini siedono il sindaco di Lucca Alessandro Tambellini, il presidente della Fondazione Bml Alberto Del Carlo e Lamberto Maffei.

Il ministro evoca nuovamente la sua esperienza al liceo classico Machiavelli, ricordandola come tappa fondamentale della sua vita. Poi, quando gli chiedono se si sente un’eccellenza, risponde a tono: “Non mi sento tale – spiega – ma mi ritengo una persona che ha realizzato il sogno di fare dello studio il proprio mestiere”. Il sindaco Alessandro Tambellini, dopo aver evidenziato il fatto che gli studenti italiani abbiano una preparazione superiore rispetto a quella di molti altri paesi europei limitrofi, offre la sponda per parlare de La buona scuola: “Il livello del nostro insegnamento è alto – osserva il primo cittadino – ma possiamo e dobbiamo migliorare sempre”. Giannini è convinta che la preparazione teorica offerta in Italia sia sì importante, ma rammenta che senza una interconnessione potente con il mondo del lavoro questa energie rischiano di essere disperse. “Dobbiamo diventare un modello da seguire – spiega il ministro – ma anche una scuola capace di dialogare con gli altri paesi. Per fare questo bisogna cominciare da alcuni passaggi inevitabili, come l’insegnamento delle lingue straniere e dell’italiano per gli stranieri a partire dalle elementari. La scuola deve essere il centro di ripartenza dell’Italia: internazionalizzazione, integrazione e gestione delle complessità devono essere i punti cardine di questo cambiamento”. “Io credo che un ciclo di 5, 6 anni sarà quello necessario per avere la buona scuola a regime.Il decreto e il disegno di legge della buona scuola hanno una finalità molto precisa -ha precisato Giannini- cioè incidere con il nuovo progetto educativo, migliorando una scuola che è già una buona scuola, e passare dalla scuola che possiamo a quella che vogliamo. Ci sono dei processi che richiedono del tempo – ha continuato Giannini -. Ad esempio, per avere una generazione di studenti italiani che siano veramente competenti in un’altra lingua che non sia l’italiano, serve un ciclo di studi. E questo ciclo di studi serve che sia condotto da insegnanti ben preparati. Noi col concorso che attiviamo subito – ha concluso Giannini – avremo un’asticella alta per gli insegnanti di lingua”.
Un cambiamento che, secondo il ministro, passa ineluttabilmente anche per la digitalizzazione dei contenuti: “Ma la scuola digitale – avverte – non deve tradursi in un mero acquisto di tecnologie informatiche. Oggi i nostri ragazzi hanno a disposizione una Ferrari, che è internet: dobbiamo dargli la patente per guidarla senza sbandare. Aumenteremo anche la connettività dei nostri istituti, che oggi copre solo il 32% degli stessi”. In sala c’erano diversi studenti degli istituti superiori Fermi, Pertini, Giorgi e del liceo classico di Barga, insieme a docenti, dirigenti e alle massime autorità cittadine. Gli interventi degli studenti più piccoli hanno destato interesse per la loro sagacia e per il progetto sperimentale che li coinvolge a scuola, guidati dalla maestra Patrizia Piccinini, che prevede l’apprendimento della matematica con l’uso di un manuale finlandese.
Giannini si muove a tutto campo, soffermandosi sulle “sacche di conservatorismo” che ammorbano specialmente la didattica universitaria e focalizzandosi poi sul rovente tema dei bandi di concorso: “Per quanto riguarda l’Università – dice – bisogna decidere una volta per tutte se vogliamo che diventi un momento di valorizzazione delle specializzazioni o una porta aperta a tutti, ma di questo ci sarà tempo per discutere. Prima dobbiamo risolvere il problema dei precari, a tutti i livelli: non è possibile attendere il proprio turno per quindici anni. Faremo in modo di irrobustire le assunzioni, anche degli insegnanti di sostegno”. Il richiamo al sostegno consente al ministro di creare un ponte con il tema dell’inclusività: “Tutti gli insegnanti devono esedre pronti ad affrontare la questione, senza però diventare assistenti sociali. Imparare il linguaggio dei segni nella scuola? Mi sembra francamente un compito troppo grande”.
Un altro dei nodi fondamentali sui quali Giannini focalizza l’attenzione è il complesso passaggio dal mondo della formazione a quello del lavoro. Qui i temi sul tavolo sono molti: i ragazzi chiedono al ministro se sia preferibile seguire la propria vocazione o se sia meglio concentrarsi su studi che offrano riscontri nel mercato, poi domandano cosa potrebbero fare le aziende per loro. “Ieri ero a Roma – ricorda Giannini – e ho fatto presente ai membri di Confindustria che, da parte loro, serve un cambio di mentalità: non è più possibile guardare al giovane stagista come ad un impiccio o ad una persona da sfruttare per qualche mese. Intanto aumenteremo a 300 ore (dalle 60 attuali) per triennio l’attività degli istituti professionali nelle aziende e renderemo questa scelta facoltativa per i licei. Investiremo inoltre 100 milioni di euro per potenziare i laboratori degli istituti tecnici. Seguire l’istinto o prospettive più sicure? Io ho fatto la facoltà meno vincente della mia epoca (lettere antiche, ndr), ma con costanza e determinazione sono arrivata dove volevo. Fare le cose senza passione porta soltanto danni”.
Prima di partire il ministro viene incalzato anche dall’avvocato Bertone, presidente dell’associazione Veterani dello sport, che chiede maggiore attenzione alla connessione tra scuola e attività motoria: “Appena arrivata – ricorda la Giannini – ho fatto la convenzione Coni-Miur insieme a Malagò, per cui il tema ci sta certamente a cuore. Lo sport, praticato a partire dall’infanzia, consente di tutelare da subito la nostra salute”. “Ho studiato tanto. Ero un po’ una secchiona a scuola, facevo i compiti tutti i giorni, anche se senza esagerare”. E’ la battuta che in seguito il ministro Giannini si concede a margine dell’incontro rispondendo alla domanda di un bambino di 8 anni che le ha chiesto come si diventa ministro dell’istruzione. “L’allenamento sia fisico che intellettuale – ha poi aggiunto- è la base per qualunque prestazione che poi aspiri ad essere la migliore possibile. Non me ne vergogno ed è sempre stata una mia caratteristica”.

Paolo Lazzari