A Lucca il convegno sugli impianti di carbonizzazione

L’Europa sceglie Lucca, e in particolare il Polo tecnologico lucchese, come sede del convegno internazionale sulla carbonizzazione idrotermale. Il prossimo giovedì (26 marzo), infatti, la città accoglierà il terzo workshop del progetto europeo NewApp (New Approach), nato con l’obiettivo di diffondere in modo capillare su tutto il territorio dell’Unione la conoscenza sulla tecnologia di carbonizzazione idrotermale. Un metodo innovativo, ecosostenibile ed efficace che impiega per la chiusura del ciclo dei rifiuti organici solo 8 ore contro i consueti 30/40 giorni e che, attraverso il recupero e il trattamento dell’umido organico e del verde, raggiunge un duplice obiettivo: da un lato, la produzione di bio-carbone e dall’altro la chiusura in loco della filiera dei rifiuti. L’argomento è del resto di attualità proprio perché è stata proposta la realizzazione di un impianto del genere a Salanetti.
L’utilizzo dell’impianto di carbonizzazione idrotermale nel ciclo di recupero dei rifiuti organici: questo il titolo della giornata, a cui parteciperanno studiosi, ricercatori, project manager, professori e imprenditori europei, con testimonianze italiane direttamente da Lucca, Piombino e Perugia. Ad organizzarlo Ingelia Italia, la sezione italiana di Ingelia Sl, la società spagnola che ha brevettato il processo di carbonizzazione idrotermale, sperimentando un primo impianto a Valencia, che ha già portato a notevoli vantaggi, tanto da essere considerato un fiore all’occhiello della sperimentazione, dell’innovazione tecnologica e della salvaguardia ambientale a livello europeo. Un impianto che, dopo aver superato tutte le rigide prescrizioni della comunità europea, per la sua realizzazione ha ricevuto finanziamenti direttamente dall’Ue.
“Si tratta di un progetto che, senza esagerazione, entra di diritto nel novero di quelli di Blue Economy – racconta Massimo Manobianco, direttore di Ingelia Italia –. La portata è enorme: risparmio di risorse non rinnovabili, massima efficienza ed ecosostenibilità nel recupero di materia dai rifiuti organici senza residui di processo e riducendo drasticamente le emissioni di CO2, che sarebbero state rilasciate dagli stessi rifiuti se avviati a discarica o agli impianti di biodigestione e compostaggio. Impianti compatti e modulari, minor consumo di suolo, chiusura del ciclo di recupero fino a 120 volte più velocemente rispetto alle più avanzate tecnologie esistenti. Qua tutto viene valorizzato, risparmiando materie prime e fonti primarie”.
La carbonizzazione idrotermale non è un tema nuovo a Lucca: già nello scorso settembre era stato ampiamente affrontato in relazione al nuovo impianto che la Gielle srl vuole realizzare a Salanetti, nel comune di Capannori. Ed è proprio sulla base di questa esperienza – attualmente in via di procedura amministrativa – che è stata scelta Lucca come sede del terzo workshop internazionale: durante la giornata, infatti, Luca Gelli, presidente della Gielle srl, racconterà il progetto e le caratteristiche che lo contraddistinguono. “In Italia non esistono impianti di carbonizzazione idrotermale – continua Manobianco – Il primo in assoluto sarebbe proprio quello di Lucca. Con un investimento totale di 19milioni di euro, stanziati dalla Gielle srl, tratterà fino a 50mila tonnellate all’anno di rifiuti organici per soddisfare le esigenze locali. Ci aspettiamo di partire con la costruzione entro quest’anno e di mettere in funzione l’impianto da giugno 2016”.
Un impianto che, se costruito con la tecnologia Ingelia, garantisce anche un controllo molto efficace sugli odori, impatto acustico minimo, nessun consumo di acqua e autosufficiente per energia. Attualmente, oltre all’impianto di Salanetti, è in fase di avvio di procedura amministrativa un impianto gemello a Piombino e un terzo a Perugia; altri impianti a Vicenza, a Verona, a Lecce e a Potenza sono in corso di trattativa.
La carbonizzazione idrotermale. La carbonizzazione idrotermale è un processo termo-chimico ecosostenibile che in poche ore riesce a trasformare i rifiuti umidi organici e le biomasse di scarto in un solido carbonioso, una forma di lignite. La tecnologia utilizzata è resa esclusiva nella sua innovativa applicazione dal percorso di ricerca in programmi comunitari, sintetizzato poi nella deposizione di ben quattro brevetti industriali – di proprietà della società di ingegneria spagnola Ingelia Sl e concessi per il loro utilizzo a Ingelia Italia – che caratterizzano l’offerta impiantistica. Il risultato del processo di recupero è rappresentato dal biocarbone, che è, a tutti gli effetti, una materia prima rinnovabile, al contrario del suo corrispondente di origine fossile, e da immettere sul mercato dunque in sua sostituzione per tutte le applicazioni commerciali ed industriali a cui la lignite è destinata, e dall’acqua fertilizzante.
L’utilizzo del bio-carbone e dell’acqua fertilizzante. Il bio-carbone ottenuto può essere utilizzato come: combustibile rinnovabile; ammendante; oppure per applicazioni industriali come i filtri a carboni attivi; vernici; coating per elettrodi; celle a combustibile; batterie e supercapacitori; catalizzatori; biocarburanti. L’acqua di processo, invece, contiene una piccola parte di carbonio e bionutrienti contenuti in origine nei rifiuti: questo le fornisce proprietà fertilizzanti e può essere utilizzata per alimentare impianti di biodigestione. L’acqua viene poi sottoposta a processi di filtrazione e scaricata nella rete fognaria industriale. Il concentrato viene recuperato e venduto nel settore della produzione di fertilizzanti.
La situazione in Italia. In Italia la quantità totale di rifiuti organici da raccolta differenziata è pari a 5,2 milioni di tonnellate nel 2013. Secondo le previsioni di Legambiente questo valore crescerà a 6,5 milioni di tonnellate entro il 2020 e arriverà a 9,6 milioni di tonnellate entro il 2030 quando la raccolta differenziata sarà a regime ovunque nel paese. Dato che già oggi non ci sono abbastanza impianti per il recupero di tutto l’organico raccolto e considerando che la maggior parte degli impianti attualmente in uso sono vecchi e dovranno essere sottoposti a manutenzione e aggiornamento entro il 2030, si stima che nei prossimi 15 anni sarà necessario costruire in Italia almeno 300 impianti per il recupero dei rifiuti organici con un investimento stimato di 3 miliardi di euro.