
La “fotografia” del lavoro femminile in provincia di Lucca che si registra da una recente indagine statistica fa emergere un quadro con luci e ombre: dove per luci si intende il trend positivo nelle assunzioni ‘al femminile’ nel corso del 2014 e per ombre il fatto che le donne abbiano comunque contratti precari, spesso stagionali, siano meno pagate e ricoprano figure professionali meno qualificate degli uomini. La ricerca è quella condotta dall’Ufficio statistica della Provincia di Lucca, dal titolo Donne e lavoro in provincia di Lucca. Un’analisi delle assunzioni di manodopera femminile nell’ultimo quinquennio, presentata a Palazzo Ducale, nell’ambito dell’incontro Donna e lavoro, analisi e nuove strategie, Lucca e Padova a confronto organizzato dalla Commissione pari opportunità dell’amministrazione provinciale. Un seminario introdotto dai saluti istituzionali del viceprefetto di Lucca Carmela Crea e dell’assessore provinciale alle pari opportunità Federica Maineri. Tra i relatori della giornata – moderata dalla giornalista Adelle Marra – la presidente della commissione provinciale pari opportunità Margherita Rinaldi, la consigliera di parità Ilaria Milianti, Lorenzo Maraviglia dell’ufficio statistica della Provincia, Elena Giannini (Presidente Cif e componente commissione pari opportunità), la giornalista Cristina Toso e Tania Cortopassi (vicepresidente della commissione provinciale pari opportunità).
Il periodo preso in esame è quello degli ultimi 5 anni (2010-2014) e, dopo un periodo di sostanziale stabilità tra il 2010 e il 2012, nel 2013 si è avuto un forte calo di assunzioni, sia maschili che femminili, a cui ha fatto seguito una significativa ripresa nel 2014 (70mila 527 avviamenti al lavoro), dato che rappresenta il risultato più alto da quando è disponibile la serie storia (e, cioè, dal 2008). Un segnale importante, per il quale occorre comunque tenere conto della composizione qualitativa delle assunzioni, che è sensibilmente cambiata negli ultimi anni, quando si è registrata una sostanziale diminuzione delle assunzioni con contratti che preludono a rapporti stabili (tempo indeterminato; apprendistato), mentre sono aumentate quelle con contratti temporanei o precari.
Le assunzioni delle donne nel nostro territorio, durante il periodo preso in esame, presentano un andamento marcatamente stagionale, con un picco di avviamenti che si verifica in genere tra aprile e settembre, con una pausa durante agosto.
Le assunzioni di donne sono concentrate in un numero ristretto di settori: turismo, istruzione, commercio (che assorbono circa 2/3 del totale degli avviamenti femminili), a cui si possono aggiungere le attività ricreative (arte, sport, divertimento), i servizi alle imprese e i servizi domestici. La domanda di lavoro femminile, rispetto a quella maschile, risulta pertanto più terziarizzata. Confrontando i dati con quelli riguardanti gli uomini, infatti, si nota che questi ultimi trovano più facilmente sbocchi nei settori primario e secondario (in particolare, industria manifatturiera e costruzioni, che rappresentano il 40% del totale delle assunzioni maschili).
Guardando ai dati del Censimento dell’Industria e dei Servizi (2011), il commercio è il primo settore di impiego di manodopera femminile nella nostra provincia, con quasi 8mila unità occupate. Al secondo posto, sebbene i dati attestino la sanità e il sociale (6mila 363 unità), è probabile vi sia il settore dei servizi domestici: essendo i datori di lavoro le famiglie, queste non sono soggette al censimento e, pertanto, il dato non è registrato. Attraverso l’Inps, però, a fine 2013 risultano registrate 7mila posizioni assicurative riconducibili a donne che operano nel settore in questione, alle quali vanno aggiunte le posizioni non dichiarate che, presumibilmente sono in numero non trascurabile.
Al terzo posto troviamo la sanità, seguita dall’istruzione (6mila 115 unità) e dall’industria manifatturiera (5mila 709).
La distribuzione settoriale dei flussi di avviamento al lavoro tende a penalizzare sensibilmente le donne: queste infatti sono meno rappresentate nei flussi di settore primario e secondario – che danno una maggiore possibilità di stabilità lavorativa – e più rappresentate in quello terziario, dove prevalgono, però, forme contrattuali di tipo più precario e temporaneo.
Solo il 12,8% delle assunzioni femminili dell’ultimo quinquennio è stata effettuata tramite contratti stabili (tempo indeterminato e apprendistato), contro il 18,4% degli uomini.
Le assunzioni di donne con contratto a tempo indeterminato sono state il 7,6% (a fronte di un 11,7% maschile) e quelle con contratto di apprendistato sono state il 3,9% contro il 5,8% degli uomini.
Da tali dati emerge che le minori probabilità delle donne di accedere a forme di lavoro stabile dipendono dal fatto che vengono assunte prevalentemente in settori dove predomina il precariato (anche per gli uomini).
In linea di massima, il ricorso al part-time è aumentato in tutti i comparti e su tutto il territorio provinciale, seguendo lo stesso andamento del lavoro temporaneo e di quello precario. Tale dato è ancora più evidente per quanto concerne le donne: quasi la metà degli avviamenti femminili nell’ultimo quinquennio ha avuto luogo con contratti che prevedevano una forma di impiego a orario ridotto, percentuale che aumenta se si considerano solo le assunzioni con contratti tradizionali (tempo indeterminato e tempo determinato), tenuto conto che una buona parte di quelle con contratto atipico (co.co.pro, a chiamata, interinale) sono registrate con orario ‘non definito’.
Il ricorso al part-time è sostanzialmente trasversale: non riguarda, cioè, solo i profili più bassi, ma anche quelli alti e penalizza sia da un punto di vista economico, poiché prevede una minore retribuzione, sia dal punto di vista professionale, in quanto rende più difficile l’avanzamento di carriera.
Quella femminile, in provincia di Lucca, è una domanda molto terziarizzata, in un contesto dove, peraltro, il terziario avanzato non è ancora pienamente sviluppato, e che presenta forme contrattuali precarie e con impiego a orario ridotto: a fronte di questa situazione, risulta ovvio che i profili professionali non possano essere particolarmente elevati. Molte delle qualifiche più frequenti – camerieri, insegnanti, baristi, ecc. – sono inflazionate a causa della diffusione in alcuni settori economici di tipologie contrattuali estremamente flessibili (lavoro a chiamata, lavoro interinale, tempo determinato per supplenza), che prevedono assunzioni plurime di uno stesso individuo nell’arco dell’anno solare.
Altro dato che emerge chiaramente è il contrasto fra i profili professionali maggiormente richiesti dalle imprese e l’elevato livello qualitativo dell’offerta di lavoro delle donne; infatti, il 10,7% della donne assunte negli ultimi cinque anni è laureata, il 24% diplomata (5 anni), il 5,8% diplomata (3 anni), il 37,4% con la licenza media, lo 0,6% con la licenza elementare e il 21,5% con titolo non definito (si tratta in larga parte di lavoratrici straniere per le quali è difficile stabilire una equivalenza dei titoli di studio posseduti).
Le donne assunte presentano un primo picco attorno ai 25 anni e un secondo dopo i 40 anni e, in generale, evidenziano frequenze più alte degli uomini nella fascia di età fino a 60 anni. Il picco di assunte quarantenni dipende prevalentemente dalle avviate al lavoro nel turismo e nell’istruzione, mentre per le classi di età più avanzata (da 45-50 anni in su), la prevalenza femminile dipende quasi esclusivamente dalle avviate al lavoro presso famiglie (badanti e colf).
Il precariato nella scuola, l’invecchiamento della popolazione, l’economia del turismo e del tempo libero sono dunque i fattori che contribuiscono a delineare il quadro globale della domanda di lavoro femminile della nostra provincia.