
Sono 1435 gli accessi ai centri di ascolto Caritas nel solo 2014: ecco il primo preoccupante dato che emerge dall’annuale dossier stilato dall’Osservatorio delle povertà e delle risorse diocesano, quest’anno intitolato Da Soli. Il documento è stato presentato questa mattina (27 marzo) in Arcidiocesi, alla presenza del vescovo monsignor Italo Castellani, della direttrice di Caritas Lucca Donatella Turri e della consulente e ricercatrice Elisa Matutini. Si tratta di cifre che fanno registare una relativa diminuzione rispetto al 2013 (quando ai centri d’ascolto si presentarono 1656 persone), ma che non sono comunque in grado di invertire una tendenza radicatasi con forza a cominciare dal 2010 (quando, per la prima volta, si toccò e si superò quota 1000). I numeri del 2014 rappresentano più di un campanello d’allarme non soltanto perché nel 2008, anno in cui ci si affacciava alla crisi economica, gli accessi furono “solo” 650: quello che desta timori fondati è anche la composizione dell’utenza. “Quella di oggi è una povertà familiare – spiega la dottoressa Matutini – nel senso che, mentre fino a sette anni fa si presentavano persone singole, adesso il confronto è con intere famiglie, afflitte da deprivazioni di ogni genere. Questo è un gravissimo problema: una società futura costituita da giovani che hanno vissuto un’infanzia di privazioni sarà una società composta da persone vulnerabili”.
Il dossier evidenzia anche come il 56 per cento delle persone che si presentano per chiedere aiuto sia collocato tra i 35 ed i 54 anni: si tratta nella maggior parte dei casi di soggetti che presentano gravi difficoltà legate all’accesso nel mercato del lavoro, dai disoccupati cronici ai lavoratori a singhiozzo. Una persona su due è italiana: l’altra metà è costituita da famiglie di immigrati che – altro dato preoccupante – risiedono sul territorio di Lucca da circa 6-7 anni e che si credeva avessero ormai conquistato un’autonomia. “E’ una povertà che coinvolge tutti – continua Matutini – adulti e minori. Molte persone che sono già state assistite sono costrette a tornare ed una su due non è mai stata assistita dai servizi sociali: per questo si tratta spesso anche di povertà nuove”.
I dati impostati sul genere dicono che nel 2014 si sono rivolti alla Caritas 626 maschi (contro i 708 del 2013) e 809 femmine (contro le 948 del 2013), mentre se regoliamo le statistiche in base alla voce Italiani/immigrati” ecco che emergono 585 italiani e 850 stranieri per l’anno 2014 (a fronte dei 643/1013 del 2013). Il centro di ascolto “Gruppo volontari accoglienza immigrati” risulta essere il più frequentato (166 accessi), seguito a ruota dal CdA Diocesano (142 accessi). Quasi il 70 per cento degli italiani ed il 78 per cento degli stranieri riferisce di avere almeno un figlio a carico, mentre le persone che dichiarano di essere disoccupate formano una mole del 72,89 per cento. Il 13,31 per cento riferisce invece di avere un lavoro insufficiente a coprire i costi legati alla sussistenza del nucleo familiare.
Che cosa fare, allora, per contrastare un fenomeno che desta crescente preoccupazione? “Questo dossier – risponde il vescovo Italo Castellani – ci fornisce una fotografia della situazione che non può rimanere fine a sé stessa. Invito tutti i cristiani a prendere coscienza di quello che accade intorno a loro: le istituzioni, i parroci, gli operatori pastorali possono e devono fare molto. Ma anche tutti coloro che si recano alla messa domenicale possono rendersi utili – lancia l’idea – portando ogni volta un genere alimentare. Lo so che ci sono giorni prestabiliti per questo, ma quello che viene donato non basta. Se tutti portassimo una cosa sola ogni domenica le ceste sarebbero colme. Questa operazione avrebbe anche un importante risvolto educativo: durante la settimana i genitori potrebbero insegnare ai figli a tenere da parte qualcosa per donarlo a chi ne ha più bisogno”.
La povertà economica rappresenta la principale problematica nel 50 per cento dei casi ed i soggetti accolti, nel 60 per cento dei casi, vivono la propria condizione di disagio in un contesto di radicale solitudine. il 59, 23 per cento afferma di non essere seguito dal servizio sociale professionale pubblico, confermando che si tratta anche di una povertà istituzionale. La popolazione immigrata riferisce di non essere assistita nel 68,24 per cento dei casi.
“Per invertire la tendenza – spiega Donatella Turri – la Caritas ha deciso di agire su quattro fronti diversi. Per prima cosa vogliamo contrastare la povertà e l’esclusione dei bambini. Poi vogliamo dare luogo ad un processo di creatività che si sviluppino intorno al tema del lavoro. Desideriamo inoltre rispondere ai bisogni primari ed animare la comunità, facendo in modo che prenda coscienza del problema”. La ricetta proposta è quella di tornare ad una solidarietà di bassissima soglia, anche perché, come conferma il vescovo, diminuiscono le offerte in denaro ma crescono altre forme di gratuità, come quelle consistenti nello spendere del tempo al servizio della comunità. L’affanno economico è confermato dal fatto che molte famiglie che avevano avuto accesso al microcredito offerto da Caritas nell’anno in corso trovano problemi nel restituire le somme dovute.
“Le storie con le quali ci confrontiamo – conclude Donatella Turri – non sono affatto soltanto storie di marginalità fin dalla nascita. Ci sono anche tante famiglie che appartenevano al ceto medio, benestanti fino ad un anno fa, che hanno visto le loro piccole imprese dissolversi con la crisi economica: la parola d’ordine in questi casi? Attivarsi: non pensare che se ne occuperà qualcun altro al posto nostro”.
Paolo Lazzari