La grande guerra vista con gli occhi delle donne: conferenza al Guinigi con il Soroptimist

Il Soroptimist Club di Lucca organizza un’interessante conferenza dal titolo Trincee tinte di rosa, in programma giovedì (16 aprile) alle 18,30 nella sala convegni dell’hotel Guinigi in via Romana a Lucca. L’apporto femminile nella Grande Guerra sarà illustrato dal professor Francesco Bovenzi, direttore della cardiologia dell’azienda Usl 2 di Lucca, autore del libro Gigi sei un Angelo. Piccole storie della Grande Guerra, recentemente pubblicato da Pacini Fazzi, molto apprezzato dal pubblico e che ha il privilegio di aver ricevuto la riconoscenza del Santo Padre, Papa Francesco. La conferenza, evidenzia il pPresidente del Soroptimist Club di Lucca Danila Andreoni, è molto stimolante e sarà presentata da Emanuela Benvenuti, associata del Club e giornalista lucchese appassionata di storia. L’evento è aperto a tutta la cittadinanza e vedrà la presenza di autorevoli rappresentanti delle istituzioni, autorità militari, religiose, del mondo accademico e associativo.
L’iniziativa istituzionale del Club Soroptimist di Lucca è inserita nel programma celebrativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri per le commemorazioni del Centenario della Prima guerra mondiale e si fregia di un bellissimo logo nazionale. Svanite le speranze di una rapida vittoria nei campi di battaglia, ricorda Francesco Bovenzi, la manodopera femminile in pochi mesi crebbe costantemente, sebbene ricompensata da salari minimi. Il faticoso lavoro delle donne nei campi garantì continuità nella produzione di grano, forse decisivo più delle armi per la vittoria finale italiana. Nelle industrie siderurgiche le donne sostenevano numerose al tornio la produzione di armi, munizioni e proiettili. Altre trovarono lavoro nelle amministrazioni, negli uffici, nelle industrie tessili e alimentari. In pochi anni in Italia si passò da poche migliaia di lavoratrici fino a 800mila alla fine della guerra. Tra queste, circa 50mila unità furono impiegate nelle ferrovie, 600mila come operaie tessili nei laboratori o nel proprio domicilio impegnate a cucire uniformi da inviare al fronte. Oltre 10mila donne di ogni età vestirono da volontarie la divisa di infermiere crocerossine, affiancando il lavoro dei medici negli ospedali militari nell’assistere malati e feriti reduci di disagi nelle trincee e dei combattimenti.
Centinaia di infaticabili portatrici lungo l’aspro fronte della Carnia operarono con viaggi eroici percorsi di notte a piedi che duravano diverse ore, tra camminamenti impervi, mulattiere e sentieri. Trasportavano dalle retrovie fino in trincea materiale di prima necessità come alimenti, uniformi, biancheria, medicinali e persino munizioni con grandi gerle portate a spalla stracolme con pesi di 30-40 chilogrammi. Un singolo viaggio dava diritto ad una ricompensa di una lira e cinquanta centesimi, pari oggi a circa tre euro.
Il conflitto non fu solo una tentazione continua di grandi imperi o un gioco tra uomini: molte donne nel silenzio caddero ferite o uccise dall’imperdonabile piombo nemico, conclude Bovenzi, perché l’ombra delle donne, anime dimenticate dalla storia, dopo 100 anni tinge di rosa ogni trincea e decora di dignità, rispetto e coscienza il tricolore.
Un canto popolare toscano del 1917 racchiudeva in poche strofe tutto il dramma di migliaia di donne lasciate sole in casa negli anni del conflitto: “E anche al mi’ marito tocca andare a fa’ barriera contro l’invasore, ma se va a fa’ la guerra e po’ ci more rimango sola con quattro creature”.