Poletti al Fdv2015: “Sì al reddito di inclusione sociale”

“Bisogna fare a botte per cambiare la contabilità pubblica. Non possiamo continuare a pensare che non si possono fare gli investimenti, perché è sbagliato non spendere un euro per risparmiarne 50 ed essere più efficienti. Da solo non ce la posso fare, ma se mi date una mano ci riusciamo”. Lo ha detto il ministro del lavoro Giuliano Poletti che è intervenuto oggi insieme al presidente del Cnv Edoardo Patriarca al Festival del Volontariato rispondendo ad una domanda sui temi del carcere e del valore delle misure alternative alla pena. La questione, posta dal presidente della Sesta Opera di Milano Guido Chiaretti, riguardava l’esempio del carcere di Bollate in cui l’investimento su una gestione diversa della sorveglianza del detenuto in carcere – alternativa a tenere chiuso solo in cella il detenuto – ha portato negli anni il costo della struttura carceraria a più che dimezzarsi.
Poletti ha annunciato che il governo sta studiando una misura di sostegno al reddito. “Chiamiamolo come vogliamo – ha detto Poletti – si tratta di un sostegno all’inclusione attiva, uno strumento è necessario, ma deve essere accompagnato da altre misure che riguardano da una parte la cura e la presa in carico e dall’altra il sostegno all’occupazione. Costruiremo piano piano uno strumento che all’inizio dovrà avere la capacità di arrivare alle situazioni più difficili. Dobbiamo trovare un punto di ragionevole equilibrio tra la massa di cittadini a cui ci rivolgiamo e fare delle scelte. Per fare questo possiamo contare anche su risorse comunitarie del Piano Inclusione e per usarle dobbiamo presentare la strategia di lotta alla povertà”.
“Togliamoci dalla testa – ha aggiunto Poletti commentando la situazione del paese – che usciremo da questa fase di crisi. Io la definisco un radicale processo di cambiamento e durerà molto tempo”. Sul lavoro Poletti ha sottolineato come “con il job-act abbiamo riformato ciò che c’era, partendo da un punto molto chiaro. Il Paese non ne prendeva atto e da molti anni aveva deciso di lasciar accadere le cose e non decidere cosa voleva che accadesse. Io voglio che tutti abbiano un’opportunità, allora bisogna accettare l’idea di decidere se un contratto vada bene così o debba essere modificato”. E sui tempi: “La legge delega è già approvata, i decreti, due sono già approvati, altri due sono presenti in
Parlamento e aspettano solo il parere delle commissioni e la valutazione finale del cdm. Noi siamo certi di essere in grado di portare alla valutazione del parlamento tutti i decreti previsti dalla legge delega e quindi il governo ha intenzione di approvarli. Per questa parte non c’è nessuna condizione, nessuna ragione, nessuna condizione normativa per pensare che le cose non si concludano nei tempi previsti”.
“L’Italia ha un difetto – ha detto a margine del suo intervento parlando anche del dissenso interno al Pd – che non decide. Se questo governo vuole dare segnali in Italia e a livello internazionale del cambiamento di passo, una delle caratteristiche che deve avere è che deve prendere le decisioni. E da questo punto di vista questo governo lo sta facendo e assume il rischio del dissenso e del consenso. Noi abbiamo scelto di decidere”. “Naturalmente considero, come è abbastanza ovvio – ha chiuso . che sia sempre meglio una condizione di condivisione per il consenso. Ma poi sappiamo che le discussioni vanno fatte, che la democrazia ha dei meccanismi attraverso i quali si producono le decisioni e questo vale per il Pd come per qualsiasi altro consenso democratico. E quindi ogni parlamentare ha titolo a fare le proprie proposte per essere ascoltato, per votare quando c’è da votare. Ma detto questo, se c’è una cosa che non si possa dire per l’Italia è che un paese in cui non si discute”.