Giordano, surroga lampo. Parla e si dimette da consigliere

27 aprile 2015 | 19:15
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Giordano, surroga lampo. Parla e si dimette da consigliere
Giordano, surroga lampo. Parla e si dimette da consigliere
Giordano, surroga lampo. Parla e si dimette da consigliere

New entry lampo, questa sera (27 aprile), in consiglio comunale. E’ Matteo Giordano, della Federazione della Sinistra, che ha preso il posto, dopo il voto di surroga all’unanimità del consiglio comunale, di Francesco Amanti, dimissionario dallo scorso 10 di aprile. Ma per dimettersi immediatamente dopo l’intervento. Giordano ha esordito nell’emiciclo con un intervento politico in cui ha stigmatizzato le politiche del governo Renzi, soprattutto dal punto di vista dei tagli nei confronti delle Regioni e dei Comuni. Poi un riferimento all’amministrazione Tambellini, arrivata dopo la “picaresca gestione Fazzi – dice Giordano – e l’immobilismo della giunta Favilla”. “Penso che ci siano tutte le ragioni politiche – ha detto – per credere ancora in questo sindaco e in questa maggioranza elettorale. Ma ci sono una serie di questioni su cui bisogna accelerare, prima fra tutte quella del piano strutturale di cui questa città ha bisogno. Ma ci rendiamo conto che il tempo è stretto e non può esaurirsi in una sola consiliatura”.

In chiusura la dichiarazione della sua scelta politica (“La più difficile della mia vita”, ha detto). Dopo aver ripercorso la storia della giunta Tambellini e l’estromissione dell’assessore Tomei (“Forse carente di esperienza amministrativa”) ha dato la sua ricostruzione, polemica, dei fatti: “Quello che è certo – dice Giordano – è che il mio partito, dopo il rimpasto è all’opposizione di questa maggioranza e di questo sindaco che io invece sostengo con convinzione. Nel frattempo il mio partito in Consiglio è stato rappresentato da una figura, anzi di una figurina (si riferisce a Francesco Amanti, ndr), che si è fatta notare per i pantaloncini corti portati in aula e per le denunce per cortei non autorizzati. E che invece, anche per il suo lungo periodo di assenza, non si è fatto notare per far valere il peso di circa 1400 elettori ed elettrici di Rifondazione Comunista. In questo senso poco ha voluto o potuto fare il presidente del Consiglio e, forse ancora più gravemente, i dirigenti del mio partito hanno preferito giustificare queste assenze preferendo questo al mio ingresso in consiglio comunale. Per questo rassegno le mie dimissioni dal ruolo di consigliere comunale”. Un annuncio choc, in aula, che ha creato anche qualche problema procedurale tanto che, dopo la richiesta del consigliere Martinelli di Forza Italia, è stata necessaria la formalizzazione in aula delle dimissioni, prima dell’uscita dall’aula. Al suo posto dovrebbe subentrare l’ex consigliera Roberta Bianchi.
Al consigliere Giordano sono arrivati anche i ringraziamenti del sindaco, Alessandro Tambellini, e gli auguri di buon lavoro per la sua attività politica e professionale. Parole di stima anche dai capigruppo del Pd e di Lucca Civica, Francesco Battistini e Claudio Cantini e dai consiglieri Luca Leone (Progetto Comune), Carla Reggiannini, Maria Teresa Leone e Valentina Mercanti (Pd).

L’intervento integrale del consigliere Giordano
Egregi colleghi, assessori, presidente del consiglio, signor sindaco buonasera,
è di tutta evidenza che il periodo storico che stiamo affrontando, caratterizzato da una crisi che ampiamente era stata prevista fin dai giorni di Genova del 2001, è tra i più bui della storia repubblicana.
La crisi è riuscita a distruggere quella base di coesione sociale che era stata il fondamento della Costituzione nata dalla Resistenza; la crisi è riuscita a minare le basi dei corpi intermedi della società e a privarli di rappresentanza sia in basso nei confronti dei cittadini, sia in alto nei confronti delle organizzazioni politiche che li rappresentavano . la crisi ha lasciato che il corpo sociale si trasformasse in una moltitudine di solitudini, spesso in lite tra di loro, in una lite disperata quanto infima di lotta tra gli ultimi ed i penultimi.
La crisi sembra che abbia tolto, con la precarizzazione selvaggia del mondo del lavoro, e una disoccupazione giovanile che in Italia arriva a superare il 40% la speranza ai giovani (etimologicamente potremmo parlare di disperazione): quando a vent’anni ci si rassegna allo status quo, non ci si indigna per le ingiustizie, non si crede che si possa cambiare il mondo, significa che la crisi non solo sta distruggendo il presente, ma anche parte del futuro. d’altronde poichè nulla nasce dal nulla questo è uno dei frutti della colonizzazione berlusconiana dei nostri cervelli.
La crisi ha permeato la politica: viviamo in una crisi della politica che perde legittimazione popolare, che vede la propria esautorazione da parte dei cittadini che non credono più che le cose si possano cambiare attraverso quella forma associativa costituzionalmente riconosciuta, cioè i partiti politici, ma anche una crisi nella politica, laddove la politica non riesce a nettarsi da ladri, da corrotti e corruttori che troppo spesso la abitano, ma neppure da quegli odiosi sistemi clientelari di potere che attraverso l’Italia cambiano colore ma non la forma di gestione malsana della res publica.
In tutta risposta si propongono sistemi elettorali che pur non potendo essere definiti presidenzialisti vanno comunque nella direzione dell’individuare un soggetto che legittimato popolarmente sia “primus inter pares”: insomma c’è continuità dal “ghe pensi mì” al “fo’ tutt’io”, c’è un rischio di intravedere nell’uomo forte un salvatore della patria, rischio accentuato dalla confusione artatamente ingenerata tra i costi naturali della democrazia e gli sprechi patologici della politica. C’è un preciso disegno per limitare la partecipazione pubblica alla vita politica: si pensa forse che limitare il numero dei consiglieri eletti nelle assemblee comunali possa risanare le casse dei comuni?? Si pensa che l’abolizione delle province senza ridistribuzione di quelle funzioni che avevano possa rendere più efficace la gestione di servizi fondamentali per i cittadini? Si pensa che l’abolizione di trecento senatori porti ad un risanamento dei conti dello stato? Penso di no. e non reputo che ci sia ipocrisia, ma più gravemente un disegno che sempre, se è limitativo della partecipazione democratica alla vita di un paese, è in odor di eversione.
I Comuni, sono gli enti locali che maggiormente hanno subito i drammi della crisi economica e sociale non avendo più risorse per venire incontro ai bisogni sempre più numerosi di parte della cittadinanza, ma hanno subito anche gli effetti più pesanti della crisi della politica infatti come diretti interlocutori dei cittadini sono quelli che non riescono a dare risposte, che sono costretti a tagliare i servizi anche essenziali, che non hanno strumenti così diretti per investire nel rilancio economico e nel lavoro, o per le grandi opere di tutela del territorio (tanto che ormai quando piove vengono chiuse le strade così non ci si pensa più!!). I Comuni, e i sindaci sono coloro che da ultimo non danno soddisfazione ai diritti dei loro concittadini, anche se le decisioni di tagli o di privatizzazione di servizi sono state prese altrove. in tutto ciò i sindaci sono coloro che devono “sparare” ai diritti dei cittadini con una “pistola” armata da altri. i comuni sono gli enti locali che hanno avuto maggiori tagli dal 2008 ad oggi: 17 miliardi di euro. il presidente del Consiglio nel Def ha detto che non toglierà ulteriori soldi ai comuni, ma dovrebbe dire che tagliando un’ulteriore cifra attorno ai 5 miliardi alle Regioni arriverà comunque a toglierli indirettamente ai comuni che dalle regioni appunto ricevono cospicui finanziamenti soprattutto per le politiche sociali. e con ciò non voglio far risaltare la evidente presa in giro che sta dietro a questa ulteriore tagliola o del fatto che il presidente dell’Anci del Pd è stato rassicurato dal presidente del consiglio, segretario del Pd, e quindi secondo Fassino la battaglia è vinta (sob!), quanto alla ulteriore ondata di austerità che come una tsunami si abbatterà sui comuni.
In questo clima di difficoltà epocali, dopo la picaresca gestione Fazzi e dopo l’immobilismo di Favilla, per la prima volta nella storia recente della nostra città abbiamo assistito alla creazione di una lista elettorale che rappresentasse una parte ampia della cittadinanza che voleva cambiare le cose, che ha dato vita ad un programma politico coraggioso ed innovativo, e che ha visto nella figura del già apprezzato consigliere Tambellini, una figura onesta e decisa che potesse incarnare da primo cittadino questa voglia di cambiamento. Alessandro è riuscito a ricreare in quei giorni di tre anni fa quella cosa che manca nel fare politica: l’entusiasmo.
Il problema è che l’entusiasmo è spesso inversamente proporzionale al tempo che occorre per realizzare le cose, tempo spesso dilatato dall’eccessiva burocratizzazione del sistema Italia, ma anche dall’immobilizzazione dell’attività politica data dallo scontro tra i partiti e nei partiti stessi, scontro che spesso o fa perdere un comune buon senso, o ancora peggio fa prevalere le piccole differenze rispetto alle grandi cose che uniscono. Insomma la fisiologia della politica sta che arriva dopo, sempre dopo, i fatti umani, ma come nel paradosso di Zenone pur non raggiungendo mai la tartaruga, Achille può aspirare a raggiungerla quanto più possibile.
Personalmente reputo che ci siano tutte le ragioni politiche per credere ancora in questo sindaco e in quel programma elettorale. credo altresì che non si possa più perdere tempo e che sia opportuno spingere con coraggio l’acceleratore su tutta una serie di tematiche aperte, tematiche che stiano ad indicare senza dubbio che è stata imboccata la strada del cambiamento, prima tra tutte l’approvazione del piano strutturale che per la prima volta a Lucca garantisce cospicui investimenti senza consumare un metro in più di territorio.
Sappiamo che Lucca non ha tradizione rivoluzionaria. per cambiare questa città, per sterzare i poteri forti che da sempre come abili burattinai muovono i fili delle sorti della città, ci vuole calma, costanza e determinazione e pertanto, ma la cosa fu chiaramente detta, l’ambizione del cambiamento porta alla esigenza di avere quel tempo necessario che verosimilmente rischia di essere troppo stretto in un’unica consiliatura. Del resto dopo le gestioni precedenti c’è stato bisogno di aggiustare i conti pubblici, c’è stato bisogno di gestire grandi progetti come il nuovo ospedale o il Piuss che di certo non erano stati decisi da questa amministrazione e che tutto ciò avrebbe occupato una buona metà del mandato è cosa che con grande chiarezza ed umiltà era stata dichiarata già in campagna elettorale. Sicuramente sarà opportuno che le cose fatte vengano pubblicizzate e rese note alla cittadinanza, ma anche questo è reso più complesso dalla stampa locale, sia cartacea che on line che pur avendo antitetiche ragioni, ma sempre dettate da una parte o dall’altra dalle istanze di certi poteri forti, non fanno altro che tacere o evidenziare le, pur presenti, lacune dell’amministrazione.
E’ alla luce di tutte queste considerazioni che questa sera io debbo affrontare quella che sicuramente è la decisione più difficile della mia vita politica: il mio partito, rifondazione comunista, scelse di appoggiare il sindaco Tambellini. A causa di motivazioni evidenti di contrasto con l’esigenza di cambiamento fu proposto come assessore un valido compagno, ma che di certo non rappresentava la novità. Per questo con grande pazienza il sindaco dette altro tempo e presentò una giunta con un posto vacante. A questo punto le segreterie della Federazione della Sinistra proposero il nome di una donna, sicuramente motivata e valida, ma con evidenti carenze sul piano dell’esperienza politica: non me ne vogliano i colleghi del Movimento Cinque Stelle se sostengo con grande forza che come tutti i mestieri anche la politica ha bisogno di un cammino di acquisizione di professionalità e competenza che di certo non possono essere nè innate, nè così facili da apprendere. A questo punto, valutati questi limiti, il nostro sindaco decise di estromettere la nostra formazione politica dalla giunta di questa amministrazione. La cosa può essere letta da diverse prospettive: da parte del sindaco che abbia preso la palla al balzo per estromettere una forza politica, dall’altra che i dirigenti locali del mio partito abbiano preferito rischiare di compromettere la posizione politica di rifondazione piuttosto che designare finalmente figure che incarnassero quelle competenze e quegli elementi di novità richiesti dal sindaco. Ognuno si tenga la propria risposta quello che è certo è che ad oggi il mio partito è collocato all’opposizione di questa amministrazione, che invece io continuo a sostenere.
La situazione è stata ulteriormente aggravata da una figura quasi misteriosa (etimologicamente: che è nascosta), che si è fatta notare in questi tre lunghi anni per i pantaloncini corti portati nella stanza più importante delle istituzioni locali e per denunce prese per cortei non autorizzati. peccato che non si sia fatto notare nè sentire (forse perchè assente) sulle tematiche dei Rom e sui soldi che l’assessorato regionale nel quale lavoravo aveva trovato nelle maglie dei finanziamenti europei e che non solo non avrebbero pesato sulle casse del Comune, ma che anzi l’avrebbero fatto risparmiare già nel breve periodo con politiche di integrazione vere e non di mero assistenzialismo, tanto per dirne una… senza voler entrare nel merito di considerazioni sull’operato di ciascuno, quello che risulta incredibile e gravissimo per le istituzioni è che questa figura, o figurina, si è trasferita in Francia e lì ha vissuto un lunghissimo periodo di tempo lasciando quasi 1300 elettori ed elettrici senza l’unica rappresentanza in consiglio comunale. Sembra un sogno, o meglio un incubo per la democrazia rappresentativa, ma così è stato. A rendere ancora più ingarbugliata questa scena onirica è accaduto che da una parte il presidente del Consiglio, garante del funzionamento democratico della sua assise poco ha potuto, o poco ha voluto fare per sanare quel vulnus presente nel regolamento del Consiglio che a quanto pare permette ad un consigliere di mandare una mail di giustificazione e farsi rivedere dopo un anno, ma dall’altra abbiamo anche assistito alla pervicace ostinazione da parte dei dirigenti locali di Rifondazione di sostenere l’assenza dell’unico consigliere eletto piuttosto che far entrare il sottoscritto.
Questa narrazione dei fatti ho reputato necessaria per un’ecologia di pensiero, per quella chiarezza che spetta alle mie elettrici ed ai miei elettori. E’ pertanto a causa della profonda lealtà che nutro nei confronti del mio partito, di Rifondazione Comunista, che mi ha permesso di essere qui stasera, che sono costretto per evidenti ragioni politiche, di diversa prospettiva politica, a dare le mie dimissioni da questa assemblea.
Nell’attesa di lavorare per una coalizione sociale che davvero possa riempire di senso la parola sinistra in questo paese, e che si proponga come forza di governo e di cambiamento e che non abbia la facile rassegnazione all’eterna opposizione, mi auguro che questa amministrazione riesca a portare avanti il programma elettorale, ma auguro anche a tutti voi consiglieri un buon lavoro, consapevoli del ruolo fondamentale per la democrazia rappresentato dai consigli comunali.

Enrico Pace