Confartigianato, 2014 anno nero. Appello agli enti locali
Lunedi scorso (29 giugno) si è svolta l’assemblea generale annuale dei delegati della Confartigianato imprese Lucca, la prima tenuta dal neo presidente Michela Fucile.Fucile ha tracciato un bilancio relativo all’ultimo anno: “Il 2014 è stato un anno difficile – ha spiegato – dove l’onda lunga delle sofferenze e dei fallimenti aziendali, partita otto anni prima, ha impattato massicciamente sull’occupazione, che vede l’Italia con il maggior numero di giovani senza lavoro, dopo la Spagna, con una percentuale che ha superato il 43%. Abbiamo bisogno di una classe politica che torni a fare l’interesse del popolo, inteso come imprese e famiglie. Per far questo occorre adottare misure tese a far calare la disoccupazione, tornando a dare la certezza di un lavoro ai nostri ragazzi e la speranza di una pensione a coloro che, non più giovani, sono rimasti senza lavoro. Siamo di fronte a un passaggio radicale: il digitale sta cambiando il modo di produrre, non solo per gli aspetti di comunicazione, ma perché valorizza la progettazione condivisa e la produzione personalizzata. Ed è proprio il lavoro artigiano, con le sue specificità, ad essere profondamente coerente con le caratteristiche di questa metamorfosi proprio per la sua flessibilità. Anche quest’anno cittadini e imprenditori hanno dovuto combattere contro il diluvio di scadenze fiscali concentrate a metà giugno, con la consueta incertezza su quanto e come pagare. Per l’innovazione della Pubblica Amministrazione sentiamo, da anni, annunciare rivoluzioni epocali. Ma la dura realtà è che soltanto poco più del 10% degli 8.000 Comuni italiani offrono servizi on line per snellire la burocrazia. Nel 2014, la pressione fiscale è stata pari al 43,9% del Pil, una percentuale enorme. Da troppo tempo giace in Parlamento un disegno di legge con nostre proposte di semplificazione ‘a costo zero’ per lo Stato, la cui rapida attuazione avrebbe consentito la riduzione di costi in capo alle imprese. Si abbia il coraggio, invece, di tornare ad un’unica imposta sulla proprietà immobiliare, si accorpi la Tasi nell’Imu e si ammetta, apertamente, che la prima casa è, in effetti, tassata. Il rilancio della crescita passa, in gran parte, per la spinta del mercato interno attraverso la ripresa del settore edile che anche nella nostra provincia è, da sempre, volano dell’economia. Ovviamente siamo contrari alla costruzione selvaggia come accaduto prima della crisi, ma non possiamo continuare a far mancare il sostegno al settore cardine della ripresa. In questa prospettiva, è necessario consolidare i bonus fiscali del 55% sulle ristrutturazioni e del 65% per la riqualificazione energetica, che hanno prodotto effetti largamente positivi per l’economia e l’occupazione, consentendo la modulazione delle detrazioni da tre a dieci anni”.
Le ha fatto eco l’intervento del direttore Roberto Favilla: “Attualmente, nella nostra provincia, le imprese artigiane sono poco più di 12.000 a fronte delle 14.500 di 8 anni fa. Dal nostro modesto osservatorio vediamo che sono molte, anzi direi troppe, le aziende in difficoltà, che arrancano a pagare i loro debiti. Ma cosa è stato fatto da questo Governo e da quelli che lo hanno preceduto per gli artigiani? Ma davvero il Jobs Act è la soluzione ai problemi occupazionali? Ma come si potrà con gli sgravi contributivi per tre anni aumentare l’occupazione se non c’è incremento di commesse di lavoro, o peggio ancora se questo non c’è? Ben altre dovevano essere le misure da adottare in particolare una diminuzione degli adempimenti burocratici ed uno snellimento delle procedure necessarie per facilitare l’apertura di nuove attività una diminuzione delle tasse e delle centinaia di balzelli cui soggiacciono gli imprenditori. L’Europa, l’Italia ed anche la Toscana, sia pure con modalità diverse hanno iniziato la traversata del deserto. Una traversata che ha visto nascere, nella nostra provincia, circa 200 “imprese definite gazzelle” cioè quelle più innovative ed all’avanguardia ma che sono troppo poche rispetto al numero globale, circa 12.000 imprese artigiane. Se non mettiamo mano ad una riforma dell’attuale modello economico che taglia risorse alla piccola impresa per consegnarle a quella di più grandi dimensioni, se non abbiamo la forza ed il coraggio di scegliere anche una classe politica diversa che lavori per la collettività e che consideri il proprio incarico pubblico come un servizio alla società per il suo miglioramento e progresso, difficilmente riusciremo a fare questa traversata. Naturalmente oltre al cambiamento degli scenari economici e sociali non dobbiamo dimenticare che ci sono anche quelli legati all’abolizione delle province, o meglio al loro depotenziamento, alla riforma delle camere di Commercio che subiranno degli accorpamenti – noi non vedremmo male un accorpamento con Massa Pistoia e Prato. A nostro avviso, ci saranno anche cambiamenti che, dovranno avvenire nelle Associazioni di categoria costrette a ripensare la loro organizzazione e presenza sul territorio. Ma vorrei che fosse chiaro che gli artigiani non si scoraggiano di fronte alle difficoltà, però occorre che tutte le Istituzioni si rendano conto che la misura è davvero colma e che se si continua in questa direzione è a rischio la coesione sociale perché ci saranno, inevitabilmente, tensioni sociali che neppure le associazioni di categoria, che finora hanno “governato” e tenuto sotto controllo la rabbia dei loro iscritti, potranno fare niente”.