Razzismo e Isis, una riflessione di Mario Ciancarella

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una riflessione di Mario Ciancarella dopo il suicidio del giovane sugli spalti delle mura nelle vicinanze della stazione.
“Non appena raccolta la notizia del giovane suicidatosi sotto le mura – scrive Ciancarella – quasi tutti gli organi di informazione locale si sono affrettati a segnalare che doveva trattarsi di un marocchino appena uscito da una rissa in cui si sarebbe azzuffato con un suo compatriota appena pochi metri lontano dal luogo del suicidio. Poi la scoperta che si trattava di uno sfortunato giovane italiano, stalker certificato e certamente psicolabile. Il problema che intendo affrontare non è la nazionalità della vittima né la sua personalità, ma il perché ci si sia affrettati immediatamente a definirlo magrebino. Mi sembra abbastanza semplice: perché la violenza “deve essere portata” tra di noi solo dagli immigrati, e comunque con la “complicità” di quanti vorrebbero accoglierli piuttosto come persone. C’e’ una serie impressionante di esempi a confermare questa analisi unidirezionale e contraria tout court alla immigrazione, da parte di chi dovrebbe informarsi per informarci ed invece cavalca solo il proprio istinto o asseconda le reazioni istintive peggiori di una cittadinanza disinformata. Vedete si parla tanto dello spaccio di droga nelle mani degli immigrati: e sembra quasi vero. Quello che smentisce tutto ciò è invece un semplice ragionamento. Il mercato del crimine, non è un libero mercato dove chiunque voglia puo’ accedere liberamente con il solo rischio d’impresa. E’ un mercato chiuso, dove chi domina gestisce con la violenza ogni possibile intrusione. Ed ogni tentativo di intrusione di terzi determina quanto meno guerre sanguinose tra bande contrapposte. Nessun aspirante fornaio, al contrario, sarebbe aggredito dai fornai già stanziali nel caso promuova la sua attività sullo stesso territorio”.
“Ora fino a 10 anni fa il nostro territorio – prosegue Ciancarella – era dominato, quanto allo spaccio, da bande nostrane, provenienti dalle latitudini della camorra e della mafia con rigidissimi confini di mercato e di azione. Ebbene non abbiamo potuto e dovuto registrare alcun fatto di sangue in cui marocchini o albanesi abbiano dovuto misurarsi con esponenti di mafia e di camorra per la conquista di quel mercato. Questo dice molto semplicemente che ciò è potuto accadere solo ed esclusivamente in virtù di un patto e di un progetto gestito direttamente dai dominus del momento. Cedere cioè alcuni rami dell’azienda (soprattutto lo spaccio di strada) a volti spendibili e perdibili (per l’alta disponibilità di ricambio) come quelli di un qualsiasi immigrato, troppo facilmente abbacinato dal possibile arricchimento a fronte della non vita in cui si trova costretto. Si è raggiunto così un duplice obiettivo: lo spacciatore immigrato consente al criminale italiano di mimetizzare ancora di più la propria identità e la cessione di merce è senza rischio, perché, come sono ben abituati a subire già da quando vendono accendini ed elefantini, gli immigrati la merce devono pagarla in anticipo rispetto al loro incasso. Cioè contestualmente alla acquisizione della “roba”. Rischi ridotti a zero, in cambio di una piccola quota di cessione del guadagno, tanto più che il prezzo al consumatore ultimo è aumentato in quanto le organizzazioni criminali hanno comunque preteso dagli immigrati prezzi di acquisto vicini a quelli dello spaccio fino allora praticato in proprio. Ecco allora che puntando gli occhi esclusivamente sullo spaccio gestito dai clandestini rischiamo di non cercare più i signori benvestiti che in realtà continuano a gestire il mercato con la solita cinica violenza. Assistiamo così a risse tra disperati immigrati spacciatori di strada ma non possiamo registrare una vera guerra tra grandi spacciatori per il dominio del mercato. E’ già e rimane soltanto una “cosa loro”. Vi sembra che abbiamo raggiunto qualche buon risultato di contrasto al crimine utilizzando questa ottica così miope dell’immigrato uguale spacciatore, dettata solo dal razzismo xenofobo?”.
“E veniamo all’Is ed alla violenza jihadista – conclude Ciancarella – Insopportabile, disumana e da contrastare in ogni modo certamente. Ma ancora una volta se non si arriva alla fonte ben difficilmente potremo realizzare l’isterilimento del fiume. Questi signori tra Africa e Medio oriente consumano quotidianamente quantità industriali di armamenti, contro eserciti comunque statali. Ora è ben comprensibile come non avendo alle spalle una industria bellica efficiente essi siano costretti a ricorrere ai mercati dell’Occidente, dove acquistare tante e simili armi. Ebbene a fronte della fabbrica della paura sui loro possibili imminenti attacchi a casa nostra, c’è nessuno che abbia chiesto a qualche politico o giornalista di fare davvero il proprio mestiere informandosi e informandoci su quali siano le nostre aziende che vendono questi armamenti milionari a simili beceri personaggi? Ovvero di conoscere e farci conoscere quali siano quelle aziende che da tali boia acquistano petrolio sottocosto offrendo loro le risorse per l’acquisto di quegli armamenti? Non sarà forse vero che le pratiche estrattive di quel petrolio da parte di stati arabi legittimi, stiano tendenzialmente portando agli attuali ribassi del costo del greggio sui mercati reali, solo per rendere sempre meno competitiva l’estrazione da parte dei jihadisti? Ma senza mai denunciare o contrastare i complici del crimine e della collusione all’Is. E comunque ci sarà pure qualche gruppo occidentale che approfitta dell’Is per acquistare sottocosto petrolio su cui fare poi guadagni spropositati in virtù del costo dei derivati che non seguono più la regola del rapporto con il prezzo iniziale pagato, o no? Ebbene tali gruppi non saranno certamente aziende libiche, siriane, irakene o simili e possono essere solo “nostre”. Dunque sulla violenza dell’Is ci sono realtà nostrane che lucrano due volte e lucreranno ancora di più quando la minaccia sarà divenuta tale da dover esigere interventi militari diretti dei Paesi occidentali, con i costi di armamenti e rifornimenti che schizzeranno ancora una volta alle stelle. Dove sono i famosi servizi, dov’è l’informazione in tutto questo turpe mercato che sarebbe stroncato in breve tempo se solo si rifiutasse la logica del profitto per la complicita’ con la violenza jiahdista? L’unica voce che ha denunciato finora questo turpe traffico generatore dei flussi di disperati profughi che ci “invadono” quotidianamente è quella di Papa Francesco che da subito parlò contro i trafficanti di morte come i veri responsabili delle condizioni disumane che abbiamo contribuito a creare e che determinano le attuali ondate di immigrati. Veri disperati e vere vittime di condizioni disumane se tante possono essere le donne incinte disponibili ad affrontare i rischi e le umiliazioni dei loro “viaggi della speranza”. Ecco facciamo dunque attenzione alla facilità con la quale leggiamo superficialmente i fatti che ci accadono intorno. Perché come avete visto da un drammatico suicidio e sul modo di raccontarlo si possono trarre riflessioni di più ampio respiro e verso approdi impensati. E soprattutto chiediamo con forza e decisione che qualche giornalista torni a fare davvero il proprio mestiere invece di assecondare in maniera superficiale e becera i peggiori sentimenti che possono animare le nostre coscienze poco provvedute”.