Ristorazione a Lucca, le riflessioni di Cosentino (Fipe)

10 settembre 2015 | 10:50
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Ristorazione a Lucca, le riflessioni di Cosentino (Fipe)

Ristorazione lucchese e suo ruolo, il vicepresidente di Fipe ristoratori Confcommercio Lucca Samuele Cosentino, in accordo con il presidente del sindacato, Benedetto Stefani interviene sul tema.

“La cucina lucchese era, è e sarà ancora uno dei cardini sul quale ruota la promozione non solo turistica, ma anche culturale della nostra città. Leggo troppo spesso sulla stampa locale di fatti ed episodi incresciosi che vedono protagonisti ristoratori, baristi o comunque più in generale proprietari di locali di somministrazione più o meno assistita. Ovvio che ogni volta sia un grande dispiacere, che ad ogni cattiva notizia corrisponda una delusione e la consapevolezza che in quel momento il comportamento di uno pregiudica la reputazione di molti. E’ vero anche però che se Lucca, nel mondo, è conosciuta per Puccini, per Boccherini, per i Comics, per il Summer Festival, altrettanto lo è per la cucina e per il suo famoso “garbo” che molti stranieri trovano e riconoscono al momento del loro arrivo nella nostra città”.
“E allora cosa è successo? Cosa sta accadendo? E cosa non è successo che invece sarebbe dovuto accadere? – si chiede Cosentino – Prima di tutto c’è un’attenzione sul nostro mestiere che anni fa non c’era. Le molteplici trasmissioni televisive che rendono tutti critici gastronomici, che fanno sentire tutti cuochi, anzi, chef, hanno creato e creano intorno alla nostra professione una situazione da Grande Fratello enogastronomico. I clienti si siedono a tavola e fotografano il menù invece di leggerlo, postano i piatti, tweettano i sapori, instagrammano le sensazioni e le emozioni di ogni portata. Una volta si ordinava, si assaggiava e si diceva: è buono o è cattivo. Punto. Chiaro è che ogni piccolo errore, ogni opinione negativa (anche se si tratta di un’opinione personale) vola in rete ed acquista un valore che si chiama “verità”. L’idea di uno diviene la verità su quel piatto o su quel locale. Alcuni diranno “la rete però è una risorsa”. Certo: è cosi. E’ una risorsa, è un mezzo di promozione importante, ed è un mezzo cosi grande, cosi capillare e diffuso che andrebbe utilizzato con grande senso di responsabilità da parte sia dell’utente che giudica (spesso senza averne le competenze), sia da parte del ristoratore che rischia di creare illusioni generando in taluni casi conseguenti delusioni”.
“Dopo il problema della diffusione della rete c’è il problema della diffusione delle attività – prosegue Cosentino . Durante il governo Prodi, con il ministro Bersani si è parlato molto di liberalizzazioni, tema poi questo ripreso e portato avanti anni dopo dal governo Monti. Il ministro Bersani ne fece una sua bandiera, promettendo più giustizia per tutti nell’ambito della libera impresa e della libera concorrenza. Ossia voleva liberalizzare tutto e da dove si è partiti? Dallo stesso punto in cui poi ci si è fermati. Bersani e Monti, in momenti e con modalità diverse, non hanno liberalizzato, ma deregolamentato un settore che aveva ed ha oggi ancora di più uno stretto legame con il comparto del turismo. Il comparto che ha il maggiore impatto economico ed occupazionale sul Pil del nostro Paese. Tutti possono aprire, sempre, ovunque. Non serve più una preparazione, una competenza, basta avere un geometra e saper fare la propria firma. Ecco che giunta la crisi economica molti imprenditori in difficoltà, o operai riamasti disoccupati, o famiglie alle quali una sola entrata non bastava più ci hanno provato. Bar, ristoranti, pizzerie, friggitorie, sushi, kebab, paninerie, trattorie, mangiatoie, circoli, home restaurant, agriturismi, B&B, negozi di vicinato, camionette vaganti, street food, e chi più ne ha, più ne metta: non si contano più i luoghi in cui si mangia. Ciò non vuol dire assolutamente che ogni imprenditore post – Bersani sia un incapace o un truffatore, anzi. Nel grande numero di nuove aperture si è trovata anche qualche personalità di grande valore e competenza, ma proprio perché l’impatto numerico delle nuove aperture è stato gigantesco era ovvio e prevedibile che potesse anche verificarsi un significativo abbassamento della soglia della qualità. I casi di “mala-ristorazione” vengono tutti classificati nella stessa casella ed attribuito alla medesima categoria, ma bisognerebbe distinguere e riconoscere con la stessa enfasi anche i casi in cui la ristorazione lucchese si distingue per eccellenza, originalità, qualità, ricerca. L’eccellenza diventa troppo spesso la normalità e l’eccezione negativa diventa la notizia. Il pubblico deve continuare a fidarsi di noi ristoratori, cercando di scegliere per proprio gusto il locale che più lo aggrada. Nel lungo periodo la qualità vincerà sull’approssimazione, la competenza spazzerà via l’improvvisazione e la serietà educherà la tentazione: è stato cosi per secoli non potrà essere diversamente. Certo che sarebbe stato più facile se la liberalizzazione tanto sbandierata fosse stata regolamentata, se fossero stati garantiti certi criteri di competenza, e sarebbe stato più semplice se anche al livello locale le amministrazioni avessero cercato di “accompagnare” il cambiamento in maniera più controllata senza dover oggi correre ai ripari con quotidiani verbali, minacce di chiusura o ancor peggio passando alla stampa segnalazioni come quelle che si leggono. Paghiamo oggi l’incapacità di scrivere delle regole, l’assurdità di far applicare le esistenti, l’esigenza di fare cassa, e il solito grande enorme ritardo della politica rispetto alle esigenze dell’impresa”. “Dopo tutto ciò, un mea culpa – chiude Cosentino – noi ristoratori o comunque imprenditori nella somministrazione dobbiamo caricarci sulle spalle una grande responsabilità. Dalle nostre mani passano alimenti che i nostri clienti mangiano. Dai nostri locali passa la reputazione non solo nostra, ma quella di tutta la categoria e di tutta una città. Dalle nostre casse passano stipendi di operai e pagamenti di fornitori. Dalle nostre vetrine passano cittadini e turisti. Dai nostri bagni passano persone che hanno un bisogno da fare e ci chiedono un servizio. Dai nostri sorrisi passa un messaggio un benvenuto. Tutto questo è sulle nostre spalle: dobbiamo tutti fare qualcosa di più”.