Mamme lucchesi in rivolta per la chiusura della casa ‘L’isola che non c’è’ alla maternità del S. Chiara

29 settembre 2015 | 13:16
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Mamme lucchesi in rivolta per la chiusura della casa ‘L’isola che non c’è’ alla maternità del S. Chiara

I tagli alla spesa pubblica imposta dal governo rischiano di far saltare uno dei servizi più conosciuti e apprezzati della sanità pubblica Toscana: è la casa denominata L’isola che c’è, che si trova all’interno dell’Ospedale Santa Chiara di Pisa e che offre supporto psicologico e materiale offerto a mamme e famiglie di bambini nati prematuri o con patologie alla nascita.

C’erano anche trenta madri provenienti dalla lucchesia tra le 1700 presenti che domenica scorsa (27 settembre) alle 11 hanno manifestato sotto la torre di Pisa per la chiusura di questo apprezzatissim servizio capace di tendere la mano a famiglie in un momento delicatissimo per la salute dei loro piccoli.
Questo esempio di umanità e socialità, però, è destinato, infatti, a chiudere proprio domani (30 settembre). Motivo? Tagli trasversali. Bilancio. Soldi, insomma, che sono stati tagliati con una delibera Asl della scorsa primavera. La struttura per il 2015 riceverà infatti un contributo di
40mila euro (erano 60mila nel 2002, all’apertura e 50mila lo scorso anno): troppo pochi rispetto alle spese per andare avanti. E la stessa associazione, che già destina altri 10mila euro al progetto (tra
contributi propri, donazioni e raccolte del 5 per mille), soldi necessari a coprire le spese alimentari e quelle vive di gestione, è costretta ad alzare bandiera bianca. Da qui l’annuncio: il 30 settembre si chiude.
“Vedevo mio figlio Tommaso, nato di 28 settimane e di appena un chilo, da un vetro per massimo mezz’ora e per oltre quattro mesi non l’ho potuto toccare. Ho praticamente vissuto sulla panchina di fronte al reparto di maternità. Grazie al lavoro dell’associazione, poi, il reparto è diventato molto più accessibile. Un’avventura che non può certo finire per ragioni economiche”.  A parlare è Cristina Gavellotti, che quindici anni fa ha dato vita all’associazione che ha messo a disposizione la casa per le madri che, come lei, si sono trovate in difficoltà logistiche e abbandonate da tutti mentre erano costrette a far fronte ai gravi problemi dei propri figli e che non possono far fronte a spese alberghiere visto che la loro necessità di restare nei pressi dell’ospedale può durare anche alcuni mesi.
“Abbiamo inviato molte mail alla Società della Salute per chiedere l’integrazione delle risorse, ma non ci hanno risposto – spiega Cristina -. Vorremmo solo una programmazione minimo triennale, per grattare via la vernice di precarietà che contraddistingue la nostra attività: è uno scandalo che non siamo riconosciuti come servizio dell’ospedale, non c’è dialogo. Solo la neonatologia non ci ha mai abbandonati”. Le testimonianze di affetto e solidarietà non si contano.

Michele Citarella