Paolo Crepet e Giannetto Salotti, un’amicizia sfociata nel libro ‘Impara ad essere felice’

29 settembre 2015 | 15:45
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Paolo Crepet e Giannetto Salotti, un’amicizia sfociata nel libro ‘Impara ad essere felice’

Impara a essere felice, edito da Einaudi, il libro di grande successo di Paolo Crepet, domani (30 settembre) a Lucca per le Conversazioni in San Francesco, racconta e prende ad esempio la figura del maestro Giannetto Salotti nel capitolo intitolato Felicità è innovazione. A farlo notare sono i custodi del patrimonio dello scultore lucchese che – accusano – rischia di andare disperso dopo lo “sfratto” dalle Casermette. Tra Crepet e Salotti era nata un’amicizia che poi è sfociata nel capitolo del libro.

“Tempo fa – si legge nel passo – ho ricevuto un’email da una signora di Lucca. Aveva saputo che mi sarei recato nella sua città per una conferenza. Mi chiedeva di incontrare suo padre, poiché era stato allievo di mio nonno paterno all’Accademia di Belle Arti a Firenze, alla fine degli anni venti. L’appuntamento era nell’atelier dell’ex allievo, una costruzione sui bastioni accanto a Porta Santa Maria. Mi si era presentato un signore secco e arzillo, commosso di incontrarmi: era Giannetto Salotti scultore e pittore ultranovantenne che, nonostante qualche acciacco, si affannava ancora tra bozzetti, busti di creta e di bronzo. Lo studio era una fucina di creatività, polveroso e gelido come quello di un bohémien ottocentesco. Giannetto non stava fermo un attimo malgrado faticasse a respirare, s’aggirava frenetico tra statue e banconi che reggevano faldoni poderosi imbarcati dall’umidità. Mi mostrava i suoi disegni. ‘Guardi qui, – diceva estraendo a caso un foglio.- Sono innovativo ? E questo? Guardi, guardi anche questo: le pare innovativo?’ Giannetto continuava a tirare fuori bozzetti e chine, poi li riponeva nei faldoni per prenderne altri, ogni volta la stessa domanda. Osservavo con stupore quel vecchio artista indomito: due terzi di secolo trascorsi a pretendere da se stesso di non riciclare ciò che aveva già fatto, detto o pensato. Uno sforzo pervicace a prefiggersi sempre nuovi orizzonti. Giannetto, l’anziano scultore che il 28 agosto 2013 ci ha lasciato per sempre, si è nutrito di questa linfa. Ignoro quante volte abbia conosciuto la felicità, ma sono convinto che l’abbia sempre rincorsa. Non si sarebbe mai sentito appagato se non avesse provato ad avvicinarsi al cambiamento, ad alzare l’asticella delle proprie aspettative, a buttare il cappello oltre l’attaccapanni… l’innovazione non è esterna a noi, ma è dentro di noi. E’ uno stato d’animo, una predisposizione inconscia che prende concretezza nel progettare e nel fare”.