
Adesso la sentenza è definitiva. Con la dichiarazione di inammissibilità della corte di Cassazione del ricorso contro la sentenza di non luogo a procedere nei confronti del geometra Marco Chiari si chiude una vicenda lunga cinque anni. “E’ il giusto epilogo – dice l’ex assessore comunale – dopo 5 anni anni di massacro. Oggi tutto si è definitivamente concluso con questo dispositivo, non sono né un corrotto né un corruttore. Qualcuno ha voluto giocare con la mia vita e con quella della mia famiglia”.
Il 25 febbraio scorso davanti al giudice per l’udienza preliminare Silvia Mugnaini, durante il rito abbreviato erano stati assolti l’architetto Giovanni Valentini, ex presidente della società Valore, il dirigente comunale Maurizio Tani, i professionisti Andrea Ferro e Antonio Ruggi, l’ex vicepresidente di Sistema Ambiente Sauro Doroni. Prosciolti, invece, l’ex sindaco Mauro Favilla e per l’ex assessore ai lavori pubblici del comune di Lucca Marco Chiari, che non avevano chiesto il rito abbreviato e sarebbero andati, in caso di un rinvio a giudizio, al dibattimento.
Un’indagine che era partita nel 2011 e che aveva visto i carabinieri del nucleo investigativo di Cortile degli Svizzeri impegnati in mesi di intercettazioni telefoniche e indagini sui movimenti dei vari indagati e sullo scenario urbanistico lucchese, che ruotava intorno al progetto attuativo prevalentemente per la realizzazione di edifici a vocazione direzionale e commerciale che era stato inserito nel regolamento urbanistico di Lucca e che quindi sarebbe dovuto sorgere in viale Einaudi. Un’indagine articolata che aveva prodotto centinaia di pagine di conversazioni e dove proprio da una battuta dell’ex assessore Marco Chairi era stato dato il nome all’operazione ovvero “Volpe nel deserto”. Indagini che alla fine dei fatti non erano riuscite comunque a giustificare le misure restrittive scattate all’alba di un giorno del maggio 2012, a pochi mesi dalle elezioni amministrative di Lucca, quando i carabinieri si presentarono alla porta di Marco Chiari e Maurizio Tani per notificare le misure cautelari che prevedevano un’ordinanza di arresto in carcere, mentre per Giovanni Valentini, Antonio Ruggi e Andrea Ferro, furono disposti i domiciliari per timore di inquinamento probatorio. Il tribunale del riesame, pochi giorni dopo però accolse le istanze di scarcerazione e non ritenne giustificate le misure accordate dal giudice per le indagini preliminari, sentenza che poi fu confermata anche dalla Cassazione. Insomma, un impianto accusatorio che già non aveva retto a un riesame delle indagini preliminari e che per il tribunale di Lucca non ha retto neppure in sede di giudizio. Con lo stop al ricorso questa vicenda, almeno dal punto di vista giudiziario, rimane archiviata definitivamente.