Biocarbonizzazione, i dubbi di un docente universitario

Carbonizzazione idrotermale, arrivano i primi distinguo. A parlare è il docente di chimica fisica dell’università di Firenze, studioso dei cambiamenti climatici, Ugo Bardi, che ha fatto pervenire le sue riflessioni all’ex assessore regionale Eugenio Baronti: “Arriva sui giornali in grande evidenza – dice Bardi – l’idea di costituire uno stabilimento per la “carbonizzazione idrotermale”. Si dice che l’impianto produrrà lignite con una potenzialità di 60mila tonnellate a Capannori e 120mila tonnellate a Piombino. Ci viene promesso un processo pulito e senza emissioni nell’atmosfera che ha solo vantaggi e nessuno svantaggio. Una vera “magia” come possiamo leggere sull’articolo comparso su Repubblica il 17 novembre scorso”.
Ma, secondo Bardi, non è tutto oro quello che luccica: “Ahimé, putroppo le magie non esistono nella vita reale – dice Bardi – e prima di farsi prendere dall’entusiasmo, bisognerebbe valutare con attenzione che cos’è questo impianto e cosa promette di fare. Certamente, la gestione dei rifiuti, in particolare di quelli organici, è un problema non risolto che richiede innovazioni e soluzioni reali. Ma la “carbonizzazione” è veramente una soluzione? E a quale problema? Allora, il destino dei rifiuti organici in natura è quello di trasformarsi in compost e fertilizzare il suolo (non quello di “trasformarsi in lignite” come si legge nell’articolo di Repubblica. La lignite si formava centinaia di milioni di anni fa, non più al giorno d’oggi). E’ un destino che possiamo riprodurre – entro certi limiti – nel ciclo dei rifiuti urbani utilizzando la raccolta differenziata e impianti di compostaggio. E’ un processo che conosciamo, che sappiamo che funziona, e che non costa caro. Genera compost utilizzabile in agricoltura e, come sottoprodotto, può generare energia in forma di biometano. Anche se al momento il compostaggio tratta soltanto una frazione dei rifiuti organici in Toscana, possiamo e dobbiamo migliorare”.
“Quale vantaggio offrirebbe il processo di “carbonizzazione idrotermale” rispetto al compostaggio? – si chiede Bardi -Su questo punto, la cosa non è per niente chiara. In primo luogo, si parla di trasformare il rifiuto organico in lignite – ma non si dice chiaramente che cosa si farà di questa lignite. Si parla di utilizzarla come ammendante per l’agricoltura. Ma usare il carbone (biochar) in questo modo è una cosa ancora in corso di studio e nessuno sa se l’agricoltura toscana potrebbe anche lontanamente assorbire le quantità di lignite prodotte da questi impianti – e averne dei vantaggi. Per non parlare poi del rischio di incendio di sparpagliare grandi quantità di un prodotto infiammabile (lignite) nei campi. Allora, non resta che bruciare questa lignite, a meno che uno non la voglia mettere in discarica. Ma allora siamo alle solite: il processo di carbonizzazione idrotermale non sarebbe altro che un normale incenerimento dei rifiuti, sia pure con alcune migliorie tecniche”. “Quindi – chiude Bardi – vogliamo veramente rimanere per sempre legati al carbone? Sembra proprio che non riusciamo a liberarci dell’idea che l’unico modo di vivere si a di bruciare qualcosa. E’ una mentalità dura a morire, ma profondamente sbagliata. La vera sfida, oggi, è chiudere il ciclo dei rifiuti organici e ritrasformarli nella materia organica che li aveva creati attraverso il compostaggio e il ritorno al ciclo agricolo. Questa è l’unica vera magia: quella della natura”