Avvocati in sciopero: riforma non risolve problemi giustizia

30 novembre 2015 | 12:13
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Avvocati in sciopero: riforma non risolve problemi giustizia
Avvocati in sciopero: riforma non risolve problemi giustizia
Avvocati in sciopero: riforma non risolve problemi giustizia
Avvocati in sciopero: riforma non risolve problemi giustizia

L’astensione degli avvocati penalisti italiani, in programma da oggi (30 novembre) al 4 dicembre, è la conseguenza diretta di una situazione divenuta ormai insostenibile: per la Camera penale di Lucca il quadro è stato illustrato, stamani, dagli avvocati Riccardo Carloni (presidente della Camera), Luigi Velani, Eros Baldini, Filippo Tacchi, Francesco Spina e Claudio Palazzoni. Un’astensione che giunge a quasi due anni di distanza dall’ultima e che, secondo i legali, trova fondamento in una moltitudine di giustificazioni: processi lumaca per la mancanza di personale (magistrati, ufficiali giudiziari, cancellieri), problemi rimasti irrisolti come la scelta per un impianto accusatorio che resta zoppo per la mancanza di parità tra pm e avvocati, allungamento scriteriato dei tempi di prescrizione, mancata separazione delle carriere tra pm e magistrati, “spese folli per strumenti inutilizzati come il braccialetto elettronico” e molto altro ancora.

Altro punto cruciale della questione è – e a questo proposito sono stati preparati due manifesti eloquenti – la riforma dell’articolo 146 bis del codice di procedura penale, nell’ambito del Ddl di riforma all’attenzione del Senato: “In sostanza – spiega Carloni – la norma oggi prevede che soltanto in caso di reati particolarmente gravi, suscettibili di creare danno all’incolumità e all’ordine pubblico, gli imputati non vengano trasferiti dal carcere, ma si colleghino per via telematica. Ecco, con la riforma, in nome di esigenze di risparmio che ledono i principi dell’oralità e dell’immediatezza del processo, si intende estendere questa modalità, che prevede la sostanziale smaterializzazione del detenuto, anche a reati molto meno importanti, mortificando il diritto di difesa”.
I delegati della Camera penale, che oggi conta 102 iscritti, sviscerano problematiche con il tono accorato di chi sente di subire da troppo tempo un’ingiustizia: “Non ci asteniamo per andare in vacanza sulla neve – evidenziano – ma perché la situazione è diventata insostenibile”.
Oggi migliaia di reati minori ingolfano le procure e, conseguentemente il lavoro su casi più importanti da parte dei pochi magistrati a disposizione: “Non si può rallentare la giustizia penale per occuparsi di reati edilizi, per esempio, che potrebbero essere decisi con sanzione amministrativa – osserva Carloni – . Un altro fattore di lentezza, oltre alla mancanza cronica di personale, scaturisce dai vizi di forma negli atti, che si moltiplicano. In tutto questo la percentuale di assoluzioni nel foro di Lucca è altissima, ma i giornali parlano per anni di indagati e condannati, senza riservare altrettanta attenzione alla fine del processo”. Le storture però non finiscono qui: “Il tema è anche quello dei termini di prescrizione che vengono allungati – evidenzia Velani – e qui la contraddizione è palese: la politica dice che il processo deve avere durata ragionevole, ma offre come unica risposta l’allungamento della prescrizione”. Non solo: i penalisti evidenziano come sia nel caso di giudici monocratici che dei collegi, si faccia un largo ricorso a magistrati onorari, a causa della mancanza di risorse o, meglio, del loro sbagliato utilizzo. E’ il caso del braccialetto elettronico (la Camera penale, a proposito, ha fatto produrre per l’iniziativa dei braccialetti arancioni con su impressa la scritta ‘+braccialetti,-carcere’. “Nel 2001 veniva concluso un contratto senza gara con Telecom per un importo di 11 milioni di euro – ricorda l’avvocato Spina – perché si affidava al gestore la preparazione dei braccialetti. Era un modo per ovviare alla drammatica situazione di esubero nelle carceri italiane, ma qui non se n’è vista traccia”. Spina spiega come nel 2011 i milioni di euro conferiti a Telecom siano diventati 80 e che, conti alla mano, ogni braccialetto aveva un costo di 5500 euro. “Un contratto super oneroso – continua l’avvocato – ma non solo: nel foro di Lucca non si è mai registrato un solo caso di utilizzo del braccialetto elettronico. Oggi risulta impossibile reperire dati sul numero e sulla collocazione di questi strumenti, per altro legati al funzionamento della rete Telecom, con imbarazzanti punti in cui il segnale non prende. La norma è diventata lettera morta e i soldi, che potevano essere investiti in capitale umano, sono stati gettai via”. I penalisti provano anche a proporre dei rimedi concreti: il pm non dovrebbe poter tenere un fascicolo per anni ed il gip non dovrebbe concedere in agilità la proroga ad indagini preliminari che devono essere fatte entro i tempi fissati. Le risorse dovrebbero essere inoltre utilizzate più razionalmente: oggi si ricorre massicciamente all’uso di intercettazioni telefoniche perché non ci sono uomini da mandare sul campo. “Gli avvocati avvertono indirettamente la pressione dei magistrati – osserva Velani – come se fosse compito nostro velocizzare i tempi. La politica ha fatto sì che il dibattimento diventasse un momento televisivo, di giustizia sociale: i giudici ed i Pm non devono fare giustizia, devono amministrarla”. E proprio sul punto dei rapporti con la magistratura il clima si fa rovente: “Oggi assistiamo a scene che non possiamo più sopportare – denuncia l’avvocato Baldini -. La separazione della carriere tra magistratura inquirente e giudicante è fondamentale: la provenienza dallo stesso organo ed il rapporto di colleganza inducono una sudditanza implicita, ma che esiste. Il Csm risulta inoltre eccessivamente protettivo nei confronti dei suoi iscritti, dipingendo le nostre astensioni come tentativi di ostacolare la giustizia ed ergendo i magistrati a crociati. I diritti dei nostri clienti devono valere come quelli di coloro che sono rappresentati dallo Stato, ma così spesso non è. Oggi, nella stessa aula, si trovano sovente l’uno di fronte all’altro magistrati che si muovono nella medesima dimensione, in cui uno stabilisce l’avanzamento di carriera dell’altro. Non solo: in Francia e Germania soltanto una piccolissima parte di magistrati giungono all’apice della carriera, mentre in Italia arriva in Cassazione il 90 per cento”. Eppure la categoria degli avvocati risulta abbondantemente rappresentata in Parlamento: “Ma non abbiamo forza sufficiente – continuano i rappresentanti della Camera penale – perché i magistrati incutono timore, sono troppo potenti. L’unico provvedimento che il Governo è riuscito ad adottare nei loro confronti? La diminuzione delle ferie. Noi protestiamo contro tutti questi fattori, per tornare alla funzione originale del processo: risolvere le controversie”.

Paolo Lazzari