Terrorismo e baby gang in omelia vescovo per Pasqua

26 marzo 2016 | 19:00
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Terrorismo e baby gang in omelia vescovo per Pasqua

Il terrorismo, il perdono, l’accoglienza. Sono tanti i temi che il vescovo affronta nell’Omelia della messa di Pasqua, momento di riflessione importante per tutta la comunità dei fedeli.
Ecco le parole del vescovo per l’importante appuntamento religioso.
“Saranno giorni bui!…: con questo commento l’Isis si è attribuita la paternità della strage di Bruxelles, mentre il Vangelo della Passione del Signore in questi giorni ci documenta con queste parole la morte del Signore: Si fece buio su tutta la terra (Mc 15,33). Chiodi nei corpi delle vittime: informano i mass media, mentre il Vangelo ci ricorda: Lo inchiodarono su una croce (Mc 15,24). In questo scenario di dolore e morte per i tristi avvenimenti di cronaca di questi giorni irrompe l’annuncio pasquale della Risurrezione del Signore che, per i credenti, segna il trionfo della vita sulla morte. Mentre siamo tristi e provati da tanta incomprensibile violenza – che sta seminando morte e sangue nell’umanità e, in questi giorni, al cuore dell’Europa – da cristiani accogliamo con speranza l’annuncio Pasquale: È Risorto! (Lc 24,6). Questo è l’annuncio, affidato alle donne…Maria Maddalena, Giovanna e Maria Madre di Giacomo (Lc 24,10). Questa, è la testimonianza di Gesù Risorto, in persona, ai suoi discepoli: Sono proprio io! Toccatemi… (Lc 24,39). Celebrare la Pasqua significa augurarci l’un l’altro che con la Risurrezione del Signore la morte è vinta per sempre (cf. 2Tm 1,10)”.

“La Celebrazione della Pasqua – prosegue il vescovo – perché non si riduca alla vuota celebrazione di un rito, fa sorgere spontaneo in noi l’interrogativo: Come possiamo esprimere, da cristiani, nella concretezza della vita quotidiana la nostra fede nella Risurrezione del Signore? Per rispondere a questa domanda ci viene incontro l’invito – indicendo l’Anno Santo – fatto da Papa Francesco alla Chiesa e all’umanità: Siate Misericordiosi come il Padre. Un invito che sta contagiando – per la forza e la Grazia dello Spirito che soffia dove vuole (Gv 3,8) – anche confessioni religiose e culture diverse dalla nostra. Misericordiosi come il Padre è l’impegno pasquale che affido alla nostra Diocesi, invitando credenti, ogni uomo e donna di buona volontà, ad essere Artigiani del perdono e Testimoni di tenerezza, nonché a realizzare ‘comunità dalle porte aperte’ e ‘laboratorio di diversità’. Artigiani del perdono una felice espressione di Papa Francesco per dirci che ciascuno di noi – e in questo non possiamo delegare altri al posto nostro – deve essere capace d’incarnare il Volto della Misericordia di Dio nelle delicate relazioni quotidiane. Ciascuno di noi è ‘artigiano del perdono’ nella misura in cui intesse ogni giorno, giorno dopo giorno, relazioni di perdono donato e ricevuto, di riconciliazione e di pace. La pace non è un documento che si firma e rimane lì. La pace si fa tutti i giorni, è un lavoro artigianale. Si fa con le mani. Si fa con la propria vita… Non odiare mai. E se uno ti fa del male, cerca di perdonare. Niente odio. Molto perdono. E così sarai un vincitore della battaglia più difficile della vita. Vincitore nell’amore e attraverso l’amore viene la pace (Papa Francesco, Discorso ai giovani, Bangui, Dicembre 2015). La ‘tenerezza di Dio’ verso ciascuno di noi, al centro di questo anno di Misericordia, è un invito a coltivare concreti gesti di tenerezza, verso ogni persona che Dio mette ogni giorno sul nostro cammino: in particolare verso le persone più indifese – dai bambini, agli anziani e ammalati; dai profughi ai rifugiati, che cercano accoglienza tra noi, e, tra questi, i minori non accompagnati a rischio”.
“Uno sguardo e una vicinanza particolare – dice ancora il vescovo – desidero in questa Pasqua riservarlo ai nostri adolescenti che si stanno costituendo, nella nostra città e sul territorio, come baby bande: i fatti di cronaca che ultimamente segnano la nostra comunità desidero leggerli e li accolgo come una invocazione d’aiuto dei nostri giovanissimi e una provocazione all’inerzia o, forse, smarrimento di noi adulti, delle comunità cristiane e della società civile: tutti chiamati a farci e essere di fatto insieme una rinnovata e forte presenza educativa! Papa Francesco per farci comprendere la concretezza della ‘rivoluzione della tenerezza’ anche sul piano sociale – con significative ricadute educative verso le giovani generazioni – fa questo esempio: Se un imprenditore assume un impiegato – ma in modo tale che il lavoratore non ha diritto a niente…, né all’indennità di ferie e lavoro, né alla pensione, né alla previdenza sociale – l’imprenditore non mostra tenerezza, ma tratta l’impiegato come oggetto (cf Intervista in “Credere” 02/12/2015)”.
“L’Anno Santo – prosegue l’Omelia – per i credenti tempo di grazia per rivolgerci a Dio Padre, sorgente di Misericordia – per le nostre comunità è anche un invito ad essere comunità dalle Porte Aperte e Laboratorio di diversità. Una ‘comunità dalle porte aperte’ è una comunità accogliente: un’accoglienza che si concretizza in relazioni fraterne e dove gli “ultimi” (Lc 14,19), i poveri materialmente e spiritualmente, hanno un posto privilegiato; dove si pratica l’amicizia, l’ascolto, la compassione. Una chiesa con “il volto di mamma”, dice Papa Francesco, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti… una chiesa lieta con il volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Una comunità dalle porte aperte è tale se anzitutto si mette in ascolto di ‘segni di speranza’ che lo Spirito suscita anche ai nostri giorni nell’umanità disponibile a portare “frutti dello Spirito” che sono pace, gioia, benevolenza…. (Gl 5,22) Le nostre comunità cristiane, per loro vocazione e missione, sono chiamate ad essere comunità “laboratorio delle diversità” – ecumenica, interreligiosa, culturale – che testimonia e non ha paura dell’incontro con la diversità, che arricchisce sempre, mentre ogni chiusura impoverisce. Può essere illuminante in proposito la ‘fotografia’ di questa famiglia, di cui ho letto in questi giorni la seguente testimonianza: “Una mamma cattolica, un papà protestante, una cugina sposata con un musulmano e questa non è una guerra di religione”. Tali sono già le nostre città, i nostri paesi: la comunità cristiana è un ‘segno dei tempi’ nella misura in cui testimonia la capacità d’incontro e di dialogo con tutti. “La società italiana si costruisce quando le sue diverse ricchezze culturali possono dialogare in modo costruttivo: quella popolare, quella accademica, quella giovanile, quella artistica, quella tecnologica, quella economica, quella politica, quella dei media. La Chiesa sia fermento di dialogo, di incontro, di unità… I credenti sono cittadini…Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo” (Papa Francesco, Discorso al Convegno Ecclesiale di Firenze, Novembre 2015)”.
“Questo è Vangelo – conclude il vescovo – Celebrare la Pasqua per noi cristiani significa entrare personalmente come comunità, senza se e senza ma, in questa novità di vita inaugurata del Risorto. Buona Pasqua!”.