


Nei primi due mesi dell’anno, 87 attività commerciali di Lucca e provincia si sono dovute arrendere. Questo significa che la crisi spazza via un negozio e mezzo (o ristorante o struttura ricettiva o altro ancora) ogni giorno. Tra gennaio e febbraio invece le nuove aperture sono state 11: un numero che rappresenta una magra consolazione (differenza -76). La ripresa, insomma, sembra ancora non interessare il commercio. Questo il dato più evidente che emerge dal rapporto realizzato dalla Confesercenti su iscrizioni e cessazioni delle imprese alla Camera di Commercio dal 1 gennaio al 29 febbraio scorsi. Cifre che smorzano i timidissimi segnali di ripresa che, soprattutto nei primi otto mesi del 2015, avevano fatto pensare ad un inizio di inversione di rotta.
La situazione sembra addirittura peggiorata, sempre secondo Confesercenti. Se l’anno scorso alcuni comparti (ad esempio gli ambulanti o le attività legate al turismo, come strutture ricettive e somministrazione) avevano ancora saldi positivi sia in provincia che a Lucca città, i primi due mesi dell’anno vedono solo segni negativi. Tra le rarissime eccezione, una nuovo negozio di ortofrutta in provincia ed un saldo positivo per le concessionarie auto sempre in provincia (5 aperture e 4 chiusure). Da qui un nuovo allarme lanciato dal presidente di Confesercenti Lucca Alessio Lucarotti: “Il tessuto imprenditoriale del commercio al dettaglio continua ad assottigliarsi in maniera a dir poco tragica. Il dato nazionale è sconfortante: nei primi due mesi del nuovo anno si conta una riduzione di quasi 9mila imprese. E la nostra provincia purtroppo non fa eccezione”. Al 29 febbraio le imprese del commercio al dettaglio in provincia sono 4.547, con un saldo negativo di 76 unità tra aperture e chiusure. In due mesi più di un’impresa al giorno ha abbassato definitivamente la serranda. Anche il settore turistico – intendendo bar, ristorazione e strutture ricettive – sta segnando decisamente il passo. Nella provincia di Lucca, in due mesi hanno chiuso 26 ristoranti, 9 tra alberghi e bed and breakfast e 22 bar: il saldo negativo di questi tre comparti è di meno 61 attività. A Lucca città addirittura si segnala una sola nuova attività in questi settori (un ristorante) e 7 chiusure. “Settori – spiega Lucarotti – che stanno evidentemente risentendo di un affollamento commerciale frutto di una liberalizzazione che, come abbiamo sempre sostenuto, ha portato solo conseguenze negative. Soprattutto bar e ristoranti hanno visto nei mesi scorsi un’impennata di aperture in un contesto comunque di crisi e di mercato ampiamente saturo. Impennata che poi si è rilevata una bolla di sapone in mancanza di fatturati in grado di mantenere l’attività. Questi sono i danni della mancanza di programmazione commerciale”. Tra i dati dello studio Confesercenti anche quelli negativi relativi all’ambulantato: saldo negativo di una unità in provincia e addirittura di 21 in città. Il presidente di Confesercenti non nasconde al riguardo la sua preoccupazione: “Questo settore soprattutto tra la fine del 2014 ed i primi mesi del 2015 aveva registrato un vero boom di aperture: da una parte grazie a nuovi lavoratori stranieri in regola, dall’altro per il tentativo di chi voleva ripartire pensando a minori costi. Purtroppo – aggiunge – la crisi sta colpendo anche i mercati ambulanti e le imprese dopo poco non riescono più ad andare avanti”. Le conclusioni di Esmeralda Giampaoli, presidente Confesercenti Versilia, si discostano di poco: “Ormai – osserva – è sotto gli occhi di tutti che fare impresa è più difficile, in particolare per quelle di più piccole dimensioni. Problemi che costringono molti imprenditori ad arrendersi”. Le ricette per provare ad invertire la rotta? “Sono due: spingere il sistema bancario a ridare fiducia ai piccoli imprenditori anche con il sostegno dei consorzi fidi, in particolare di Italia Comfidi, Regione e Camera di commercio. Investire, come stiamo facendo, su strumenti di aggregazione tra piccoli commercianti come i Centri commerciali naturali: strumenti in grado di attrarre finanziamenti per la promozione. Ai Comuni, infine, insistere con i mezzi in loro possesso per programmare il commercio: penso al blocco delle nuove licenze di pubblici esercizi o al provvedimento varato a Firenze per tutelare il centro storico”.