
Novità al pronto soccorso, i sindacati dei medici intervengono sulla ipotesi di riorganizzazione. “Come sindacati dei medici Cgil, Uil Fpl e Anaao Assomed – si legge in una nota – non vogliamo ancora commentare la proposta aziendale che necessita di un passaggio con tutti i lavoratori, ma desideriamo solo ricordare all’azienda che se organizzare bene è difficile, pessimo è avere la presunzione di essere in grado, unilateralmente, di poter ristrutturare un servizio complesso come il pronto soccorso, che nel nuovo ospedale si è trovato come un elefante in una piccola gabbia”.
“I 110 lavoratori del pronto soccorso di Lucca fra medici, infermieri e Oss – spiegano i sindacati – sono stati completamente estromessi dal processo di riorganizzazione, nonostante abbiano sottoscritto un documento di dieci pagine ricco di contenuti, che purtroppo pensiamo a questo punto nessuno abbia letto. Il nostro parere è che chi ha avanzato la proposta riorganizzativa conosca il pronto soccorso solo sulla carta e non certo nella realtà quotidiana. E che cosa hanno chiesto i lavoratori nel documento del 18 aprile scorso, oltre due mesi fa? Adeguare il personale in modo che fosse eliminato un istituto, quello della pronta disponibilità, non previsto dalle norme e dannoso alla loro salute in quanto abusato; che fossero ridotti gli attuali rischi lavorativi che possono far aumentare i rischi sui pazienti (e gli ultimi eventi di cronaca ci danno ragione), che ci fosse una maggiore sensibilità nel valutare correttamente il rischio di stress lavoro/correlato, che oltre che essere un obbligo di legge, ha importanti riflessi sulla sfera personale e sulla vita familiare dei lavoratori; che la struttura dove essi vivono avesse una maggiore flessibilità logistica e di posti letto; che l’azienda intervenisse per il miglioramento logistico considerata l’attuale inadeguatezza degli spazi dedicati all’utenza (sala di attesa esterna e le cinque aree interne ove vengono collocati deambulanti/barellati) e per il personale (vedi i disgraziati box visita ed il locale relax di appena 3 metri quadri di area calpestabile e senza finestre); che lavorare in sicurezza vuol dire anche creare adeguati percorsi interni; che ampi spazi di lavoro consentano di separare i pazienti in previsita, post visita e attesa ricovero e al tempo stesso mitigano le tensioni che purtroppo spesso si creano in un pronto soccorso; avere un locale dedicato per il rispetto della dignità dei morenti, un locale dedicato per altre particolari condizioni: pazienti defedati, oncologici, immunodepressi e infine un locale visita “infettivi” esistente ma ancora non utilizzabile”.
“Gli operatori hanno necessità anche di sapere – prosegue la nota – come e quando possano interrompere la toyotiana catena di montaggio alla quale sono stati costretti. Il personale attende da due anni l’apertura dei quattro posti letto di terapia intensiva che l’azienda (o chi per lei) continua a non offrire al cittadino, e questo provoca importanti riflessi sull’attività di pronto soccorso con permanenza oltre il dovuto dei pazienti in sala emergenza. E pensare che dal 2008 ci sono lettere protocollate che denunciano tutte queste cose, ma le direzioni aziendali hanno perseverato nella cattiva gestione, per cui oggi ci troviamo in questo disagio unicamente perchè non si è mai cercata una concertazione con operatori e organizzazioni sindacali, e questo ha condotto gli operatori all’attuale sfinimento fisico e mentale”
“Le organizzazioni sindacali dei medici – chiude l’appello – non faranno alcun sconto all’azienda se la stessa non aprirà alle istanze che assieme a tutte le altre organizzazioni sindacali porteranno al prefetto, istanze che non sono altro che il frutto delle proposte di chi ogni giorno è sul campo e non certamente di coloro – purtroppo anche provenienti dalle fila della dirigenza medica – che dal 18 aprile ad oggi hanno mostrato scarsissima sensibilità nei confronti dei colleghi. I sindacati rimarranno invece sempre al fianco di tutti i 110 operatori sanitari del pronto soccorso convinti che il diritto dei cittadini alle cure non possa essere disgiunto dal diritto dei medici e degli operatori sanitari di curarli con tutte le necessarie garanzie di sicurezza”.