Vescovo ordina due nuovi preti: l’omelia

26 giugno 2016 | 10:05
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Vescovo ordina due nuovi preti: l’omelia

Grande festa questo pomeriggio per la comunità religiosa lucchese questa mattina (26 giugno) in cattedrale per l’ordinazione dei due nuovi diaconi, il 38enne don Michele Fabbrini e il 26enne don Giovanni Michelotti.
A officiare la cerimonia l’arcivescovo Italo Castellani di cui proponiamo l’intera omelia.

“Carissimi Don Michele e Don Giovanni, desidero condividere con Voi la comprensibile trepidazione che in questo momento abita il vostro cuore. Anch’io ho provato, lo confesso volentieri, questi vostri stessi sentimenti al momento della mia ordinazione presbiterale, addirittura la paura dell’«Eccomi» per sempre e per amore; ma anche la forza irresistibile e misteriosa del “Vieni e seguimi”, con la promessa dell’«Amico», direbbe Fratel Arturo Paoli, “Io sarò con Te” (Is. 41, 10). Questa ‘Promessa’ di Dio all’umanità, alla Chiesa “Io sarò con Voi” – che è arrivata, ha segnato e sta segnando la vostra vita – non verrà mai meno. È su questa ‘Promessa di Dio’, che nella “pienezza dei tempi” (Ef. 1, 10) si è realizzata e manifestata in Gesù, che si radica il vostro “Eccomi”. Gesù Cristo, Vangelo di Dio, diventa così il compagno di strada permanentemente presente – anche se in momenti difficili le Sue orme accanto a noi sembrano sparire, solo e soltanto perché ci prende in braccio – la via sicura su cui muovere con sempre nuova lena i nostri passi”.
“Si, il Vangelo diventa viaggio – prosegue il vescovo – via da percorrere. Nel Vangelo di Luca incontriamo tre personaggi, che in tre brevi dialoghi mostrano il “modo” con cui si va dietro a Gesù, si diventa Suoi discepoli. Il primo è un generoso: «Ti seguirò dovunque tu vada» (Lc. 9, 57). Certamente Gesù deve aver apprezzato il suo entusiasmo, ma ora si preoccupa di un’altra cosa, di togliere ogni illusione. Si preoccupa delle tentazioni che il discepolo deve affrontare, le stesse che lui ha affrontato e vinto nel deserto. Si preoccupa che seguire lui non sia inseguire se stessi, e di tutte le resistenze che noi opponiamo al Vangelo. E dice: «Le volpi hanno tane, gli uccelli hanno nidi, io non ho dove posare il capo» (Lc. 9, 58). Come Gesù, quotidianamente, il discepolo non deve porre la sua sicurezza su se stesso, sulle proprie forze, nei beni materiali, ma solo in Dio. Il secondo personaggio riceve una chiamata: «Seguimi!» (Lc. 9, 59). La risposta è immediata, poi però presenta un’obiezione: «Permettimi prima ch’io vada a seppellire mio padre» (Lc. 9,59). La sua richiesta è la più legittima che si possa pensare, è un dovere filiale, un comandamento, eppure il suo effetto è di ridurre l’adesione del discepolo a un “sì, ma…”, “sì, però…”. E qui scopro gli innumerevoli “ma” che anche noi possiamo opporre al Signore: gli indugi, le nostalgie, le molte motivazioni che inventiamo per sottrarci alle esigenze del Vangelo, per evitare le domande serie che don Milani riassumeva così: “Se non io, chi? Se non ora, quando?”. Infine il terzo dialogo: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che vada a salutare quelli di casa” (Lc. 9, 61). Ancora un “ma…”, ancora un “prima”. Ed è il più naturale: è così duro il cammino senza affetti e senza amici. A Eliseo – come abbiamo ascoltato nella prima lettura – è stato concesso di andare a salutare quelli di casa (1Re 19, 16-21). Al discepolo non è più concessa questa proroga, questa dilazione. Eliseo sacrifica i buoi, brucia l’aratro, per un’altra semina, quella della Parola di Dio come profeta. Ma ora c’è qui uno che “è più di Elia”, c’è qui la Parola stessa, che attraverso la Chiesa dice: “Tu va, e annuncia il Regno di Dio” (Lc. 9, 51). Come è possibile questo, carissimi Michele e Giovanni? Non solo oggi, ai nostri giorni, ma di fronte agli scenari dell’umanità che cambiano velocemente sotto i nostri occhi?”.
“La risposta a questo ed altri interrogativi che la passione per il Vangelo suscita e susciterà nel vostro cuore va cercata, in compagnia della Chiesa, ogni giorno della vostra vita. A questo proposito faccio come vostro Vescovo, l’Apostolo, tre sottolineature che desidero restino nel Vostro cuore, che traggo dal rito dell’Ordinazione: la preghiera della Chiesa, l’Unzione crismale, l’abbraccio di Pace. La Preghiera della Chiesa Tra poco vi prostrerete, distesi sul pressoché nudo pavimento della nostra Cattedrale, madre di tutte le chiese che hanno messo la tenda sul territorio della nostra Diocesi. È questo il momento in cui sperimenterete da una parte il limite del vostro corpo, della vostra persona, forse anche l’abbandono e la solitudine. È questo invece uno dei momenti alti dell’ordinazione, che si rinnoverà come viatico permanente giorno dopo giorno nella vostra vita, e che vi terrà in piedi quando la fatica della vita e del ministero si farà sentire: la preghiera della Chiesa. Si la preghiera della Chiesa, quella del cielo e quella della terra, che si unisce stasera con premura e affetto verso di voi nelle invocazioni delle “Litanie dei Santi”. E l’abbraccio dei Santi, di tutti i Santi, chiamati per nome uno ad uno a proteggervi. In particolare i Santi del vostro nome battesimale, Michele e Giovanni: chiamati a sostenervi contro ogni male e avversità: S. Michele; con la forza della Parola: S. Giovanni, l’Evangelista! La Preghiera della Chiesa che si rinnoverà ogni giorno per voi: la preghiera dei malati nel corpo e nello spirito che incontrerete nel vostro ministero; la preghiera della gente semplice, in particolare delle comunità che la Chiesa affiderà al vostro ministero, come segno di gratitudine al vostro generoso ministero tra e per la gente. Quante volte mi capita – mi capita spesso e questo mi fa bene – sentirmi dire da chi meno te lo aspetteresti: “Prego per lei!”. Nella preghiera della Chiesa riscopro la forza e il servizio doveroso della mia preghiera quotidiana per il popolo di Dio affidatomi; e, allo stesso tempo, nella preghiera dei fratelli; nella loro compagnia, la forza dello Spirito nelle fatiche e imprevisti quotidiani, ma soprattutto il segreto dell’efficacia del ministero. L’Unzione crismale Tra poco avrò il dono di ungere con il sacro crisma le palme delle vostre mani. Con l’unzione crismale – accompagnata dalla preghiera “Il Signore Gesù Cristo ti custodisca per la santificazione del suo popolo” – la grazia del Sacramento dell’Ordine investe tutto il vostro essere: dalle mani ai piedi, e il cuore anzitutto! Da qui, “unti” per ungere il popolo di Dio! ‘Cuori unti’: Segnati dalla unzione per far sentire la bontà e tenerezza di Dio verso ogni persona che Dio mette sul nostro cammino. ‘Mani unte’: Unte per ungere del balsamo dell’Amore di Dio il nostro popolo: di Spirito Santo nel Battesimo, del Perdono nella Penitenza, di Amore eterno nell’Eucaristia. ‘Piedi unti’: dal passo celere, che portano la Chiesa fuori dalle chiusure dentro le mura e le sacrestie, per essere una “chiesa missionaria”, “in uscita”: che va incontro ad ogni uomo là dove vive per portare la gioia del Vangelo, la misericordia e il perdono di Dio. L’abbraccio del presbiterio L’abbraccio del Vescovo e dei vostri fratelli presbiteri va oltre il significato immediato di una spirituale ed effettiva fraternità. Che non è poca cosa! L’unzione del crisma vi costituisce ‘ministri del Cristo’ e ad un tempo ‘presbiterio’. Da qui la consapevolezza del legame sacramentale di grazia che ci unisce e ci affratella: la vostra famiglia speciale – oltre quella naturale che vi ha donato la vita – da questa sera è il presbiterio della nostra amata Diocesi di Lucca. Per vocazione e missione, come già dicevo nella Messa del Crisma, per il sacramento dell’Ordine, siamo unti per ungere, perché no, anche gli stessi confratelli, con ‘parole’, ‘sentimenti’ e ‘scelte’ unte! Per la grazia del ‘Magistero unto’ del Papa e del Vescovo, siete chiamati a servire la comunione della Chiesa, che ai nostri giorni richiede, da parte di tutti e ai vari livelli di vita della Diocesi, la conversione di entrare in uno stile e spirito sinodale per “camminare insieme”: rifuggendo dalla tentazione di ‘cammini solitari’, dal ‘si è sempre fatto così’, dall’ inamovibilità dal ministero parrocchiale eccetera”.
“Non dimenticate mai carissimi Don Michele e Don Giovanni – concude il vescovo – che la vostra Ordinazione presbiterale è avvenuta nell’Anno Santo della Misericordia: siate preti missionari della Misericordia, “misericordiosi come il Padre!” L’umanità vi attende! In nome del Signore Gesù Cristo, Vangelo di Dio, vi dico: “Andate…” (Mc 16, 15-18)”.