Tiro, Pappalardo propone centro nazionale a Lucca

10 agosto 2016 | 12:38
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Tiro, Pappalardo propone centro nazionale a Lucca
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Il primo a gioire per l’oro di Niccolò Campriani nel tiro a segno (carabina ad aria compressa 10 metri indoor) è stato il suo amico e compagno di nazionale Enrico Pappalardo. Professionista sportivo della marina militare, classe 1981, lucchese di adozione, da anni si allena ogni mattina al poligono di via del Tirassegno a Sant’Anna, “una via che è stata realizzata proprio per raggiungere il campo – osserva Pappalardo – e il nome che porta ne è la prova”. A Rio avrebbe potuto esserci anche lui. Se non fosse stato per quel decimo di punto che lo ha separato dal pass olimpico durante la Coppa del mondo 2015. Le regole per le qualificazioni non danno sempre la misura delle effettive qualità degli atleti e può succedere che alcuni, tra i più bravi, rimangano a casa. Non c’è però traccia di invidia nelle sue parole, Enrico è sinceramente felice per Niccolò perché in questo sport non c’è competizione con gli altri: la sfida è tutta interiore.

“Le nostre sono partite con noi stessi. Ci è richiesta una precisione millimetrica a occhio nudo, ripetuta: dobbiamo mantenere altissima la concentrazione e controllare ogni singolo muscolo del nostro corpo. Siamo fermi – racconta Pappalardo – eppure sudiamo tantissimo, arriviamo a perdere 2 chili di liquidi in una gara. Il nostro cuore, subito dopo lo start, arriva a 160 battiti senza che noi compiamo alcun movimento percettibile. Le emozioni possono giocarci brutti scherzi e durante la nostra preparazione atletica in nazionale siamo seguiti da un ricercatore in psicologia sportiva dell’università di Chieti”.
Anche per questo il tiro a segno è uno sport che si perfeziona con l’età: certo, alcune abilità possono essere imparate presto (solitamente questo sport si inizia a praticare intorno ai 10 anni) ma è con la maturazione individuale che cresce l’autocontrollo. Non a caso Campriani era il più anziano del podio. Pappalardo ammette: “Nelle finali mi blocco: ci arrivo o troppo eccitato o troppo scarico. Niccolò Campriani invece ha la fobia dell’ultimo colpo: la sua soddisfazione maggiore, lunedì scorso, non è stata la medaglia d’oro ma aver vinto questo suo limite”. Tende a parlare del compagno e poco di sé Enrico, poco incline a riconoscersi una bravura documentata – più volte, in allenamento, ha battuto il record olimpico attuale – ma molto ben disposto a raccontare i suoi progetti: “Negli ultimi 3 anni ho iniziato ad allenare alla carabina le squadre giovanili di Lucca, ragazze e ragazzi dai 10 ai 20 anni che nell’ultimo anno hanno vinto praticamente tutto: 18 medaglie, tra competizioni a squadra e individuali. Mi piace e ritengo utile far conoscere questo sport agli adolescenti perché sviluppa disciplina, centratura, padronanza di sé e autostima”. È determinato Enrico e ci confida un progetto che vorrebbe seguire, forte della credibilità che, al pari di Campriani, ha in nazionale: “Lucca potrebbe divenire un centro di preparazione permanente per i professionisti del tiro a segno dell’Italia centrale. Qua, oltre a me, insegna anche Maura Genovesi, campionessa di pistola. C’è l’università di Pisa vicina, per garantire a questi giovani la possibilità di studiare allenandosi; c’è il poligono di Sant’Anna, che si avvale di ottime tecnologie e a Pietrasanta c’è la Pardini Armi, l’azienda produttrice della carabina con la quale ci alleniamo io e Campriani, progettata da Campriani stesso – che è un ingegnere”. Lucca sembrerebbe avere davvero le carte in regola per ospitare questa realtà.

Elisa Tambellini