“Stop gender a scuola”, bocciata mozione Martinelli

Gender a scuola? Un tema controverso che continua a dividere le famiglie ma anche la politica. E stasera la discussione sull’educazione di genere è approdata anche in consiglio comunale a Lucca. Il motivo una mozione presentata dal presidente del gruppo consiliare di Forza Italia, Marco Martinelli, che ha proposto all’aula di impegnare il sindaco a farsi tramite nelle sedi competenti per far sì “che sia consentito ai genitori di rilasciare un consenso informato preventivo” nel caso di progetti didattici che abbiano al centro l’educazione sentimentale o sessuale o anche in percorsi formativi per contrastare bullismo e violenza di genere, “laddove l’obiettivo sia diffondere teorie gender che mirano a confondere le menti dei bambini”. Una proposta che era stata già iscritta all’ordine del giorno del Consiglio a novembre ma che poi era stata rinviata su richiesta della presidente della commissione politiche formative Enrica Picchi con l’impegno di discuterne in commissione.
Un impegno rispettato soltanto parzialmente, si è subito lamentato Martinelli nell’illustrazione di questa sera, perché “non c’è stato l’approfondimento concordato in commissione con il coinvolgimento degli esperti”. Tuttavia c’è stato il confronto con le associazioni dei genitori, di cui molti rappresentanti si sono detti preoccupati dalle tematiche. Ma la maggioranza ha respinto le proposte di Martinelli (2 favorevoli, 15 contrari, 2 astenuti), pur dichiarandosi disponibile ad agevolare forme di confronto e dialogo con i genitori su questi temi. D’altra parte la maggioranza ha presentato la sua proposta, impegnando l’amministrazione a favorire i momenti formativi per educare alle differenze e al rispetto dell’uguaglianza fra individui diversi – approvata con 16 favorevoli e 3 contrari.
La mozione Martinelli. Da altri presupposti partiva la mozione Martinelli. “Questa mozione – ha spiegato il consigliere comunale di Forza Italia – nasce dopo che ci siamo confrontati con associazioni genitoriali e con molte famiglie che ci hanno espresso la loro forte preoccupazione in merito alla possibile veicolazione dell’ideologia gender nella scuola resa possibile dal linguaggio ambiguo e perciò strumentalizzabile caratterizzante molti testi normativi e progetti didattici. Lo scopo della mozione è quello di coinvolgere e comunque dare il diritto di scegliere ai genitori relativamente ad eventuali iniziative didattiche in tema di educazione sentimentale, affettiva dei propri figli. Il pericolo che molte famiglie percepiscono è quello relativo al fatto che in questi progetti didattici siano surrettiziamente o anche indirettamente veicolati messaggi o idee relative alla teoria del genere di cui i genitori possono anche essere contrari in quanto la loro impostazione è quella di garantire ai propri figli un’educazione legata alla differenza sessuale degli individui.
Va nella direzione di creare e diffondere disorientamento e confusione nei bambini e nei ragazzi il bando pubblicato dalla Provincia di Lucca rivolto alle scuole di ogni ordine e grado anche del Comune di Lucca e sottolineo scuole del Comune di Lucca sul progetto educare alle differenze di genere che permetterà di finanziare progetti didattici che attuino percorsi mirati a contrastare gli stereotipi di genere. E’ inaccettabile questo bando – aggiunge – anche perché in tempi di crisi dove i genitori sono costretti a portare a scuola la carta igienica e le risme di carta vengono impegnate cifre importanti per organizzare progetti che non solo non sono una priorità ma che diffondono nei bimbi e nei ragazzi solo disorientamento e confusione. Non si può permettere e non possiamo rimanere in silenzio nel vedere trasformare la scuola in un campo di indottrinamento del gender e ai genitori deve essere riconosciuta, come già stabilisce la Costituzione, il diritto di esonerare i figli dal partecipare attivamente a progetti che hanno come obiettivo più o meno esplicito quello di diffondere concetti e principi in contrasto con la propria visione etica e educativa. Nel nord dell’Europa questi corsi educativi sono stati organizzati da tempo e con risultati disastrosi. Da statistiche pubbliche risulta che il livello dei femminicidi, la violenza tra i sessi non solo non sono diminuiti ma anzi sono aumentati, assieme alla diffusione dei disturbi legati alla identità. Perché non se ne tiene conto?. Lo stesso lo stesso Papa Francesco è intervenuto molte volte denunciando la colonizzazione dell’ideologia di genere e avvertendo come oggi non si distrugga più con le armi ma si distrugga con le parole”.
Poi il presidente del gruppo consiliare ha parlato anche dello spettacolo Fa’afafine, in programma al teatro di San Girolamo, e che è già finito nel mirino con una raccolta di firme online per bloccarne la messa in scena nell’ambito di una rassegna dedicata ai bambini delle scuole: ” Anche lo spettacolo in programma al teatro San Girolamo nel mese di marzo – ha detto Martinelli – rivolto a bambini dai 10 anni racconta la storia di un bambino gender creative il quale non ha ancora deciso se essere un maschio o una femmina o meglio, vorrebbe essere tutti e due: nei giorni pari maschio, nei dispari femmina va nella direzione di confondere e destabilizzare i nostri ragazzi in una fase delicata e critica del loro sviluppo psicofisico. Questo spettacolo rientra a pieno titolo nel progetto di diffusione di questa perniciosa teoria, è una rappresentazione pensata per veicolare nei giovani l’idea che esista un terzo genere, oltre a quello di maschio e di femmina, il cosiddetto gender fluid. Il nostro obiettivo è e rimarrà sempre la difesa dei bambini e ragazzi, per tale motivo siamo contro tutte iniziative scolastiche che in modo subdolo e ambiguo hanno come fine quello di destabilizzare e confondere le menti dei nostri giovani. L’educazione è un compito che spetta innanzitutto ai genitori, la scuola non deve sostituirsi alla famiglia ma deve con essa collaborare. Sono purtroppo sotto gli occhi di tutti i gravi danni procurati quelle ideologie che hanno cancellato il primato educativo delle famiglie e hanno assegnato tale compito unicamente allo Stato. Teniamo a precisare per sgomberare il campo dalle possibili illazioni o strumentalizzazioni che non siamo contro le iniziative contro il bullismo o sulla violenza delle donne l’importante che ci sia un momento di verifica da parte dei genitori anche sui contenuti dei progetti o iniziative al fine di poter vigilare che non si cerchi di veicolare o trasmettere insieme anche i principi relativi alla teoria gender. In conclusione l’impegno che chiediamo al sindaco e alla giunta è quello ad adoperarsi presso le sedi competenti affinché sia accordato alle famiglie il diritto di esprimere il proprio consenso informato preventivo in ordine a corsi e attività scolastiche che approfondiscono tematiche sensibili e controverse riguardanti l’educazione alla parità dei sessi, l’educazione sentimentale, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni nelle scuole. Il diritto di esonerare i propri figli da progetti didattici e percorsi educativi non condivisi, con la contestuale garanzia di attività alternative, onde evitare assenze ingiustificate che contrasterebbero con il diritto allo studio”.
La mozione della maggioranza. La maggioranza ha fatto la sua proposta contenuta in ordine del giorno presentato dalla consigliera Pd, Teresa Leone. Con l’atto, che prende le mosse dai dati sulla violenza di genere e sul bullismo, si impegna l’amministrazione a promuovere la conoscenza e il rispetto delle differenze, specie nei confronti delle donne, dando pieno sostengo alla promozione di momenti di confronto e coinvolgimento della cittadinanza su questa tematica. Allo stesso tempo, l’atto riconosce in questo percorso un ruolo fondamentale della scuola, invitando il sindaco e l’amministrazione ad un confronto continuo all’insegna del dialogo fra famiglie e scuola. Sulla questione è intervenuta anche il vicesindaco Ilaria Vietina che pur sottolineando che “ogni istituto scolastico gode della sua propria autonomia” ha subito confermato l’impegno a favorire incontri e confronto con le famiglie sulla tematica di genere. Il vicesindaco lo ha detto chiarendo anche che parlando di scuole “non c’è un rapporto gerarchico con l’amministrazione comunale. Il Comune ha il dovere di rispettare tale autonomia e ciascun istituto ha al suo interno la facoltà di fare le proprie scelte formative con il coinvolgimento dei genitori. Esistono per ogni livello del governo scolastico i rappresentanti dei genitori”.
“Ci si è chiesto quale possa essere il rapporto fra genitori e scuola – ha aggiunto -: al momento dell’iscrizione di un figlio ad una determinata scuola si instaura un patto formativo, con una specifica scelta da parte dei genitori stessi. E’ necessario recuperare la dimensione di alleanza e fiducia fra famiglie e scuole. Al di là di questo rapporto si creano fratture e incomprensioni. Nella commissione che si è svolta con i rappresentanti dei genitori – ha aggiunto Vietina – l’amministrazione si è presa l’impegno di organizzare incontri, perché è necessario per gli adulti arrivare a discutere come vivere la propria posizione di genere nella società attuale: l’obiettivi dell’educazione di genere è quella di fornire ai bambini gli strumenti necessari per capire”.
Il dibattito. La presidente della commissione cultura, Enrica Picchi, prende la parola ricordando che fu proprio lei a chiedere un rinvio della mozione per portarla all’esame della commissione: “Abbiamo coinvolto le otto associazioni dei genitori – ha ricordato – insieme al coordinamento degli istituti. Credo che sia stato un momento formativo per tutto. Lì abbiamo detto che avremmo potuto proseguire con degli incontri aperti a tutti – ha aggiunto -: quello che ci preoccupa della mozione è quella del consenso preventivo dai genitori ogni volta che venga proposto un progetto didattico di educazione sentimentale, sul bullismo o sulla violenza di genere. L’educazione di genere insegna a conoscere e a rispettare le differenze. Non si può esonerare uno studente da una materia che non esiste, esistono per ora soltanto progetti trasversali. Alcuni rappresentanti delle associazioni dei genitori – aggiunge – hanno espresso preoccupazione sulla cultura di genere, perché è stato detto non neutra. Per noi l’educazione di genere è una educazione alla parità e all’uguaglianza e che considera ricchezza la differenza. Mi chiedo come sia possibile ridurla a puri corsi extracurriculari. I genitori è giusto che si informino sulle attività scolastiche, ma da qui a chiedere che sia solo la famiglia a detenere l’educazione dei propri figli il passo è troppo grande. La scuola deve essere considerata un luogo protetto, del confronto e del rispetto. Respingiamo pertanto la mozione Martinelli ma restiamo a disposizione per il più ampio dibattito e confronto”.
Fortemente critica della mozione la consigliera comunale di Sel Beatrice Piantini: “E’ dovere di tutti agevolare nei bambini l’acquisizione degli strumenti necessari per farsi una posizione – dice -: in questa mozione invece non se ne fa cenno, i bambini e gli adolescenti dovrebbero invece essere rimessi al centro”.
Il consigliere del gruppo misto, Andrea Pini, prende la parola ammettendo che “sul tema gender c’è grande confusione”, ma – dice – “le proposte di Martinelli nascono zoppe, perché non è competenza del sindaco intervenire su programmi ministeriali. L’impegno semmai deve essere quello di aiutare le persone e le famiglie a documentarsi”.
“In questi ultimi anni, al crescere dell’attenzione dei media nei confronti degli innumerevoli atti di violenza nei confronti delle donne o di persone che non nascondevano la propria omosessualità – ha detto il capogruppo del Pd, Francesco Battistini -, leggendo sui giornali le storie di tanti ragazzi che si erano tolti la vita esasperati dal bullismo, dalle persecuzioni sui social, dalla emarginazione subita dai loro coetanei, mi sono spesso sentito interpellato, come uomo, come padre, come rappresentante istituzionale. Ho sentito sempre la necessità da un lato di farmi un esame di coscienza per valutare se nei miei comportamenti ci potesse essere qualcosa di sbagliato, ma soprattutto mi sono chiesto cosa potessi fare come cittadino e come uomo delle istituzioni per fermare questa lunga lista di vittime, di cui conosciamo solo i dati dei casi più eclatanti, quelli che salgono se così di può dire ai disonori delle cronache. Troppo spesso ho dovuto constatare che questi drammi avvenivano dentro a famiglie e/o in ambienti sociali che tutti noi definiremmo normali, spesso al di sopra di ogni sospetto, troppo spesso abbiamo letto che il colpevole era una persona o un ragazzo per bene, di una famiglia conosciuta e stimata. Ecco perché io credo che questi fenomeni che sono un misto di violenza, di prevaricazione nei confronti di persone considerate come proprietà privata, di rifiuto e negazione delle libere scelte della persona che ci è vicina – aggiunge -, di non accettazione anzi di rifiuto del diverso orientamento sessuale di un’altra persona, non si combattono solo con la repressione, che non basta cambiare una legge o promuovere una campagna di comunicazione nazionale, né può essere sufficiente formare il personale delle forze dell’ordine e della Asl per accogliere adeguatamente e supportare le denunce, o il preziosissimo lavoro delle associazioni di volontariato sul territorio. Sono convinto sempre di più che dobbiamo investire su un cambiamento culturale che educhi a riconoscere, accettare, rispettare le differenze sessuali e di orientamento sessuale, che lo faccia affidandolo sicuramente al sistema scolastico che è il luogo privilegiato in cui i nostri ragazzi si formano ed imparano le regole della convivenza tra pari, in cui imparano o almeno dovrebbero imparare a riconoscere e combattere sia le forme di discriminazione dirette che quelle indirette. Ma sono anche convinto che le istituzioni possano fare molto pur nell’attuale fase di ristrettezze economiche, per sostenere l’azione dei diversi attori sociali ma anche per incontrare e sostenere le difficoltà di molte famiglie alle prese con un ruolo educativo che le vede troppo spesso prive di riferimenti e luoghi di confronto e formazione. Toppe volte, lo dico da genitore, mi sono misurato con la disperazione dei tanti genitori che non sono stati in grado di leggere il disagio o di fermare la mano violenta del proprio figlio. Quindi ben venga la libera scelta delle famiglie, che esercitiamo ogni volta che dobbiamo iscrivere un figlio ad una scuola ed andiamo a visitare le diverse scuole per vedere le strutture in cui i nostri ragazzi passeranno tante ore della loro giornata e ci preoccupiamo degli orari, del comfort, delle attrezzature, e scegliamo o dovremmo scegliere sulla base dell’offerta formativa di ogni singolo istituto.
ma ricordiamoci che c’è un ruolo educativo, di prevenzione, di definizione e sperimentazione delle regole della civile convivenza che vanno anche al di là del ruolo della famiglia e che sono un ruolo al quale scuole e amministrazioni pubbliche non possono abdicare per un presunto rispetto della autonomia delle famiglie. E ricordiamoci che ci sono anche contesti familiari che sono la prima palestra di violenza, e ci sono ragazzi e ragazze che hanno diritto di emanciparsi culturalmente prima ancora che fisicamente da un destino che li può segnare nel fisico e ancor peggio nell’anima per tutto il resto della loro vita, se è vero come è vero che sono adulti violenti spesso coloro che da bambini hanno subito violenza”.
“C’è tanta confusione – dice la consigliera M5S, Laura Giorgi -: uno è il problema del bullismo e della violenza sulle donne, l’altro è relativo all’educazione sentimentale e sessuale e per quest’ultimo la scuola non può pensare di escludere la famiglia”. “Noi – ha replicato Martinelli – chiediamo con questa mozione il rispetto di un diritto delle famiglie, e voglio per questo ricordare l’articolo 29 della Costituzione che esplica questo diritto. Per noi è compito del consiglio comunale produrre atti d’indirizzo che vengono trasmessi all’amministrazione che ha il compito di dar loro attuazione. Ed è quello che chiediamo. Voteremo invece contro l’odg della maggioranza in cui si tende a mettere in evidenza che il gender non esiste”.