Rsa, il Consiglio di Stato conferma la sentenza del Tar

E’ arrivata la parola fine sulla guerra di carte bollate sorta sulla gara per l’affidamento in concessione delle Rsa comunali della Pia Casa e di Monte San Quirico. Il Consiglio di Stato ha, infatti, emesso la sentenza relativa al ricorso sulla gestione delle Rsa comunali.
La sentenza ha definitivamente respinto l’istanza presentata dalla cooperativa Agorà, che si era aggiudicata la gara in prima istanza, confermando dunque l’aggiudicazione a Pro.ges, decisa in un secondo momento dal Comune dopo una proroga alla Kcs. “In questo modo – spiega il Comune in una nota – non ci saranno ulteriori modifiche nella gestione delle Case di riposo di Monte San Quirico e della “Pia casa” e l’amministrazione comunale potrà procedere a stabilizzare il proprio rapporto con il concessionario Pro.ges”.
Dopo che il Tar aveva disposto la sospensiva dell’appalto, accogliendo in questo modo le richieste della società esclusa dalla selezione – la Pro.Ges. – in favore dell’aggiudicataria L’Agorà d’Italia, la battaglia si era trasferita al Consiglio di Stato per iniziativa della ditta vincitrice, che ha voluto impugnare la sentenza di primo grado.
Purtroppo però i tempi si sono allungati, visto che i giudici avevano rinviato alla discussione nel merito la decisione sulla revoca dell’annullamento degli esiti della gara, come richiedeva l’Agorà d’Italia.
Per questo motivo, il Comune di Lucca era stato messo di fronte ad un bivio: proseguire ancora con le proroghe a Kcs e far fronte ai costi che questo comporta, o affidare intanto alla Pro.Ges la gestione delle due case di riposo, in ottemperanza alla sentenza del Tar. Si è scelta quest’ultima strada, che oggi la sentenza definitiva ha confermato.
Il Tar aveva annullato la gara per l’affidamento in gestione delle Rsa Pia Casa e Monte San Quirico nel luglio scorso e il Comune “per garantire la continuità del servizio” aveva deciso di andare avanti con il gestore dell’epoca, ovvero con la Kcs. A impugnare l’affidamento era stata la società cooperativa a Pro.Ges., che aveva partecipato alla gara insieme alla ditta L’Agorà d’Italia che ha poi vinto la selezione del Comune. Pro.Ges. tuttavia aveva presentato ricorso al Tar per annullare il provvedimento di aggiudicazione definitiva in favore della vincitrice, sostenendo “l’anomalia e l’insostenibilità economica dell’offerta dell’aggiudicataria” e “l’illegittimità della mancata esclusione di L’Agorà d’Italia per avere – si legge nell’ordinanza del Tar – prodotto una dichiarazione incompleta e comunque insufficiente ad attestare una capacità economica finanziaria adeguata all’esecuzione delle prestazioni oggetto della concessione”. I giudici del Consiglio di Stato hanno confermato l’impianto della sentenza di primo grado: la ditta L’Agorà, cioé, non aveva i requisiti per ottenere l’assegnazione definitiva dell’appalto.
Secondo i giudici, come si legge nel dispositivo della sentenza, “la stazione appaltante”, ovvero il Comune, ha “illegittimamente ammesso alla gara un’offerta carente, sotto il profilo meramente formale, del prescritto supporto documentale, idoneo a dimostrare in modo adeguato il possesso dei requisiti soggettivi di partecipazione del concorrente”. Per i giudici risulta accertato anche che “la riscontrata carenza documentale e probatoria, se accertata tempestivamente nel corso dello svolgimento della procedura di gara, non avrebbe consentito l’immediata esclusione dell’offerta, ma avrebbe imposto alla stazione appaltante l’attivazione del procedimento del soccorso istruttorio, disciplinato dal codice dei contratti pubblici”.
Se fossero stati insomma richiesti i documenti “accessori” durante l’istruttoria, probabilmente non si sarebbe arrivati alla guerra delle carte bollate. “La disciplina della procedura di gara – ricordano i giudici del Consiglio di stato – non deve essere concepita come una sorta di corsa ad ostacoli fra adempimenti formali imposti agli operatori economici e all’amministrazione aggiudicatrice, ma deve mirare ad appurare, in modo efficiente, quale sia l’offerta migliore, nel rispetto delle regole di concorrenza, verificando la sussistenza dei requisiti tecnici, economici, morali e professionali dell’aggiudicatario. In questo senso, dunque, l’istituto del soccorso istruttorio tende ad evitare che irregolarità e inadempimenti meramente estrinseci possano pregiudicare gli operatori economici più meritevoli, anche nell’interesse del seggio di gara, che potrebbe perdere l’opportunità di selezionare il concorrente migliore, per vizi procedimentali facilmente emendabili”.
Per la consigliera comunale di Fds, Roberta Bianchi, l’esito della sentenza non cancella i problemi: “”Dopo mesi la vicenda si conclude, ma purtroppo – afferma – i problemi per i lavoratori e le famiglie restano tutti. Come evidenziato più volte, i soldi a disposizione non garantiscono, né la qualità del servizio, né il mantenimento dei posti di lavoro. Nel frattempo utenti e operatori hanno vissuto nell’incertezza non sapendo come sarebbe finita, e questo, va sottolineato, per esplicita responsabilità dell’Amministrazione, che nonostante tutte le segnalazioni e gli inviti alla cautela, anche miei, ma soprattutto del sindacato, aveva ritenuto di assegnare l’appalto alla cooperativa Agorà, senza prendere quelle precauzioni che anche il Consiglio di Stato le rimprovera. Infatti il Consiglio di Stato, come precedentemente il Tar, hanno ritenuto che tale appalto non doveva essere assegnato, perché le garanzie non erano sufficienti. I consiglieri di maggioranza, che si sono lamentati perché secondo loro le opposizioni hanno fatto spendere 40.000 euro e trascurano il fatto che i consigli che si sono tenuti dovevano servire affinché la discussione sul Piano strutturale si svolgesse nel minimo rispetto delle regole, cosa hanno da dire in merito ai soldi sprecati per l’inefficienza dei loro dirigenti e dei loro assessori?”.