S. Paolino, vescovo: dialogo e incontro nostra missione

12 luglio 2017 | 17:00
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S. Paolino, vescovo: dialogo e incontro nostra missione

Dialogo, incontro e cura: è questa la “missione” della Chiesa, in generale, e di quella lucchese, in particolare. Lo ha detto l’arcivescovo Italo Castellani pronunciando l’omelia durante la messa per la festa del patrono San Paolino. Una lunga riflessione sul ruolo pastorale della comunità ecclesiale nei confronti dei fedeli che riportiamo di seguito integralmente.

*La festa di S. Paolino, primo Vescovo della nascente chiesa di Lucca e Martire a causa del Vangelo, è ogni anno per me occasione di un profondo e sincero esame di coscienza personale.
Alla luce della pagina evangelica ascoltata, la testimonianza di S. Paolino, “buon pastore” come Gesù (Gv.10,11), che come il maestro “offre la vita per il suo gregge” (Gv.10,14), mi richiama anzitutto a una personale coerenza di vita cristiana; di fedeltà al ministero pastorale che mi è stato affidato; nonché alla responsabilità di annunciare il Vangelo all’uomo di oggi, insieme a tutti voi, Fratelli e Sorelle, che con me condividete la fede in Gesù Cristo, morto e Risorto: “causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono” (Eb. 5,10) come ci ha ricordato S. Paolo nella seconda Lettura.
Il ritornello al salmo che la liturgia di oggi propone alla nostra riflessione, e che poc’anzi abbiamo pregato insieme, “Annunzieremo ai popoli la salvezza del Signore” (Sal. 93), responsabilizza me e Voi –presbiteri, diaconi, consacrati/e e fedeli laici carissimi– a dare continuità nell’oggi alla missione della Chiesa di “annunciare il Vangelo di Gesù Cristo ad ogni creatura” (cf Mc. 16, 15): missione per la quale il Vescovo Paolino ha profuso tutto se stesso sino al dono della vita.
La nostra Diocesi nei mesi scorsi ha svolto una profonda riflessione, coinvolgendo tutte le nostre comunità, sulla necessità di dare un “volto missionario” alla nostra Chiesa.
Dal lavoro fatto è emerso che la “missione” viene concepita come una delle “azioni” tra altre, da svolgere in qualche modo a favore degli altri, non come la ragione unica della sua esistenza.
C’è da prendere coscienza sempre più che la “missione” della Chiesa non è una strategia pastorale, ma un’accoglienza dello Spirito di Cristo che crea comunione tra noi discepoli del Signore, ci fa diventare comunità e ci “spinge” verso gli altri per annunciare il Risorto e incontrarlo nella fede.
La “missione” è l’atto costitutivo della Chiesa e siamo chiamati ad interrogarci sul “modo di essere” Chiesa, non sul “cosa fare” per essere Chiesa.
C’è un passo del Vangelo che può esserci di aiuto in questa ricerca e rinnovato impegno: “Voi siete la luce del mondo, voi siete il sale della terra… Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre che è nei cieli” (At. 5,13).
E’ proprio questo “brillare”, “insaporire” di Vangelo la vita dell’uomo –rendere presente il Regno di Dio, il modo di vivere di Gesù, costruendolo giorno dopo giorno fino alla sua pienezza in Cristo– la missione della Chiesa.
La Chiesa di Lucca –impegnata ad assumere un ‘volto missionario’– si fa “presenza” sul territorio: l’«esserci» per favorire l’incontro tra la libertà di Dio e quella degli uomini e donne di oggi, nel discernimento dei segni di speranza, testimone di uno stile di vita sobrio. Una reale comunità ecclesiale “tutta ministeriale” –ove ciascuno è consapevole che ha il dono battesimale dello Spirito per il bene di tutti– guidata da un “prete missionario” con la corresponsabilità di “fedeli laici missionari”.
Gli elementi essenziali e costitutivi di una “Chiesa comunità missionaria” sono:
La Parola di Dio: l’ascolto del Vangelo come fondamento e condizione sine qua non dell’esperienza di fede, la via necessaria per conoscere il Signore e accogliere il suo appello personale e seguirlo sulla strada che Lui ha tracciato per ciascuno di noi.
L’Eucaristia: la celebrazione eucaristica festiva come incontro con il Risorto che settimanalmente convoca la Chiesa e la arricchisce dei sui doni: fulcro della vita comunitaria e fondamento della sua identità, perché mentre la Chiesa ‘celebra’ l’Eucarestia, l’Eucarestia edifica la Chiesa.
La ‘generazione alla fede’: nella condizione storica in cui viviamo –la riscoperta della fede da parte degli adulti, privilegiando per loro l’annuncio del Vangelo a cominciare dalla preparazione al matrimonio e l’accompagnamento delle famiglie dei nuovi battezzati– è la via indiscussa, per generare la fede e iniziare alla vita cristiana le giovani generazioni.
La Comunità: è necessario sperimentare la bellezza della vita comune e l’appartenenza ad una fraternità reale: volersi bene, prendere sul serio i conflitti, prendersi cura di relazioni fraterne, accudire gli anziani, sostenere i giovani, adottando uno stile di vita sobrio. Necessitano occasioni d’incontro, di convivialità gratuita che permettano la nascita di corresponsabilità in risposta ai bisogni materiali e spirituali dell’uomo di oggi.
Si tratta perciò di orientare tutta la vita ecclesiale e tutta la sua azione pastorale a questo scopo –come prolungamento della missione di Cristo nel mondo– perché non venga mai meno il dialogo, l’incontro, l’apertura, la relazione con le persone del nostro tempo con le realtà che ci circondano.
In questa prospettiva –e come contributo fattivo della nostra Chiesa al bene comune dell’uomo che vive nell’oggi della storia, su questa porzione di terra amata dal Signore che è la Lucchesia– desidero rivolgere in particolar modo la nostra attenzione ai giovani di questa nostra Città e del suo territorio.
Sono a tutti noi noti i dati locali e nazionali relativi alla disoccupazione giovanile, che destano preoccupazione e inquietudine. Mi permetto sottolineare in particolare l’impatto avuto dalle ultime misure di politica redistributiva che, ad un’attenta valutazione, mostrano come siano stati penalizzati proprio i giovani dai 15 ai 34 anni, che hanno visto aumentare il rischio di povertà e che restano tra le fasce meno tutelate delle popolazioni, assieme ai monogenitori e alle coppie con figli minori.
Si tratta non solo di povertà e di sfiducia verso il futuro, ma di disuguaglianza crescente, generazionale, di incapacità di valorizzare i talenti, di pensare adeguatamente in termini di futuro per il nostro Paese.
Qualche anno fa, proprio in occasione delle Celebrazioni per San Paolino, rivolsi alle Istituzioni un appello accorato perché venisse messo al primo posto dell’agenda politica il tema del lavoro e dei giovani.
Da allora come Diocesi, anche in collaborazione con le altre forze della compagine cittadina, abbiamo promosso più e più iniziative per far emergere talenti, creare percorsi di inclusione, sviluppare azioni di accompagnamento ai giovani e –in particolare– ai più vulnerabili tra loro.
Oggi, torno a presentare con forza all’attenzione della Città tutto il tema che riguarda il presente e il futuro dei nostri figli.
Noi per primi, come Diocesi, organizzeremo nei prossimi mesi un’iniziativa in seno al “Progetto Policoro” per il sostegno ai percorsi di autoimprenditoria nell’ottica di promuovere le competenze, la voglia di futuro e i sogni della nostra città e del nostro territorio.
Contestualmente mi permetto invitare Sindaci, Amministratori, Imprenditori, a sedersi attorno ad un “Tavolo”: per osare insieme concretamente percorsi nuovi di politiche del lavoro, strade che si spingano al di là di che cosa abbiamo il dovere di fare, per condividere insieme la responsabilità e la scommessa di una creatività nuova, capace di porre gesti chiari di supporto, sostegno, fiducia per i giovani.
Auspico anche un rinnovato ‘patto di convivenza’ pacifica, e di unità per la nostra Città e il suo territorio, a vantaggio del bene comune. Al di là delle diverse opinioni e di un sano confronto su temi vitali del nostro vivere insieme, si ritrovi la capacità di costruire una comunità coesa, accogliente, rispettosa e sollecita verso tutti, soprattutto i più fragili.

*Monsignor Italo Castellani