Nuovi poveri in aumento: in 200 in più da Caritas

12 ottobre 2017 | 12:26
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Nuovi poveri in aumento: in 200 in più da Caritas
Nuovi poveri in aumento: in 200 in più da Caritas
Nuovi poveri in aumento: in 200 in più da Caritas

Sono in aumento i casi di povertà a Lucca: il centro di ascolto della Caritas, nell’ultimo anno ha contato almeno 1669 persone, un aumento devastante che ha visto circa 200 persone in più rivolgersi allo sportello di Lucca. Storie che ghiacciano il sangue quelle che ogni giorno, da almeno vent’anni, la Caritas di Lucca si sente raccontare nelle sale del suo centro di ascolto. Storie di persone in difficoltà che, chiedendo aiuto tra quelle pareti, si sentono in dovere di chiedere scusa, mangiati dalla vergogna e dai sensi di colpa. E sentirsi dire “scusa se ho bisogno, scusa se ti do fastidio” da gente che non ha nulla è decisamente un’esperienza che si fa fatica a raccontare. Ma c’è chi si è fatto forza: queste storie, questi dati pieni di sofferenza e pessimismo sono stati raccolti in un dossier, Fragili beni: poco più di 70 pagine di tabelle, studi e parole toccanti che aiutano a “fotografare” e ad aprire gli occhi sulla situazione del nostro territorio che, purtroppo, molto spesso rimane nell’ombra.

Il dossier è stato presentato questa mattina (12 ottobre) nelle sale della curia di Lucca alla presenza dell’arcivescovo Italo Castellani, di Donatella Turri, direttrice della Caritas di Lucca e di Marta Bonetti ed Elisa Mattutini, sociologhe che si sono occupate di redigere il dossier. Ma qual è l’identikit delle persone in povertà che le pagine del dossier Caritas restituiscono? Ecco un po’ di dati: sono uomini e donne (la percentuale è pressoché identica), italiani e stranieri (le percentuali si aggirano attorno al 50 per cento rispettivamente) per lo più giovani, con 2 o più figli minori. La maggior parte delle persone ascoltate ha infatti un’età compresa tra i 25 e i 54 anni, con un picco di numerosità nella classe 45-54 anni (28,81 per cento del totale). Per la maggior parte di loro, il problema principale è il lavoro. Il 64,65 per cento delle persone accolte nei centri d’ascolto non ha un’occupazione. Questo valore raggiunge il 66,98 per cento nel caso di persone di sesso femminile, per le quali emerge spesso anche un problema di conciliazione. Il 12,16 per cento degli accolti che lavora non riesce ad arrivare a fine mese con le risorse a sua disposizione a causa della bassa retribuzione e/o del numero contenuto di ore lavorate o perché il lavoro è saltuario o non garantito.
I costi legati all’abitazione costituiscono la seconda macro area di criticità delle persone che dichiarano una situazione di povertà ai centri di ascolto. Nel 2016 i volontari dei centri di ascolto hanno attivato più di 3.500 interventi per far fronte alle situazioni di disagio individuate. Si tratta di azioni per la distribuzione di beni di prima necessità, come cibo (31,68 per cento) e vestiario (8,25 per cento). Notevole è anche l’incidenza degli aiuti forniti per il pagamento di beni e servizi (ad esempio la rata di un’utenza, l’abbonamento per i mezzi di trasporto ecc.) e per far fronte a spese sanitarie: 15,96 per cento. Occorre specificare che i trasferimenti di natura economica, come ad esempio il pagamento di un abbonamento all’autobus, in molti casi vengono realizzati direttamente dagli operatori e sono rivolti, oltre che a tamponare la situazione di emergenza, a sviluppare il più possibile margini di autonomia individuale, in modo da aumentare le risorse soggettive per contrastare i meccanismi di impoverimento. I volontari in alcuni casi sono impegnati anche in azioni di sostegno per la ricerca del lavoro (5,29 per cento), come ad esempio mediante l’individuazione di opportunità occupazionali e corsi di formazione. Importanti appaiono anche le azioni di sostegno in ambito scolastico, mediante la fornitura di materiali utili per la frequenza della scuola da parte dei giovani e giovanissimi.
La povertà in molti casi è associata a un graduale scivolamento verso la solitudine e la messa ai margini del contesto sociale dei soggetti più fragili. Anche questa condizione di isolamento può contribuire in maniera significativa ad alimentare la spirale verso l’impoverimento. Per questa ragione nei centri di ascolto tra le attività di sostegno realizzate viene attribuita molta importanza alla funzione di ascolto e orientamento delle persone accolte. Il rapporto contiene anche una prima indagine sull’andamento della misura di sostegno all’inclusione attiva promossa dallo scorso anno dal governo su base nazionale, riflettendo sulle sue potenzialità e i suoi punti deboli.
“Tutti pensano che la Caritas serva solo a donare beni a chi più ne ha bisogno – ha detto l’arcivescovo Castellani – ma in realtà svolge da sempre un servizio ben più profondo che ora ci ha permesso addirittura di interpretare e leggere la povertà che ci circonda. Un passaggio di qualità – continua Castellani – che mi ha colpito soprattutto per tre aspetti: tra le storie raccontate nel dossier notiamo quanti siano, tra i nuovi poveri, i nuclei familiari giovani. I giovani, proprio loro che da sempre sono stati la ricchezza, il bene più grande della nostra società, che adesso si ritrovano in gravi situazioni economiche e sociali. Poi il problema della disoccupazione che negli anni si è colorato di molteplici sfumature. I nuovi poveri non sono solo quelli che hanno perso il lavoro o non lo trovano, ma anche chi riceve una bassa retribuzione. Pagine difficili, quelle del dossier, che però mi hanno fatto comprendere ancora di più quanto sia prezioso il lavoro della Caritas che da anni si rimbocca le maniche e aiuta a sottolineare l’importanza di questi servizi. Il dossier – conclude l’arcivescovo – è un servizio civile sul nostro territorio che esprime la bellezza e la profondità della Caritas che spesso sfugge”.
“Quest’anno il nostro centro di ascolto ha contato almeno 1669 persone – racconta Elisa Mattutini – un aumento devastante che ha visto circa 200 persone in più rispetto agli anni scorsi in cui il numero delle persone in difficoltà era rimasto piuttosto stabile. Una povertà persistente e ricorrente che ci ha fatto notare che questi ‘nuovi poveri’ di cui tanto si parla non sono poi così nuovi: molte persone si trovano in uno stato di povertà cronica da anni e faticano molto ad uscirne. Già, perché la strada per diventare poveri è sempre molto ripida ma anche rapida: la perdita del lavoro, i primi debiti, la povertà è un meccanismo davvero molto breve da cui si esce in modo molto lento e difficoltoso. Al nostro centro di ascolto ci sono persone che vengono da almeno due anni – racconta la sociologa – persone che avrebbero anche adeguate competenze lavorative e che non presentano particolari problematiche di salute, ma che nonostante questo non riescono ad uscirne, a riscattarsi. Persone che potrebbero fare e avere tutto ma che non possono, peggiorando sempre più questo stato di sofferenza emotiva. Nell’ultimo anno sono aumentati coloro che vengono a parlarci anche solo per avere qualcuno che ascolti le loro preoccupazioni, i loro sfoghi. Una povertà che va ben oltre i problemi economici. Ha poco senso, oggi, mettere a confronto italiani e stranieri o uomini e donne: tutti, anche se con meccanismi diversi, sono colpiti”.
Negli ultimi tempi si sente tanto parlare di migranti, di richiedenti asilo in difficoltà. Ma chi sono, realmente, questi stranieri? Il dossier risponde anche a questo: “Gli stranieri che vengono al nostro centro di ascolto sono 856 – spiega ancora la sociologa – Circa il 48 per cento di loro, quindi quasi la metà, vive in Italia da almeno otto anni. Un tempo lunghissimo in cui hanno già avuto un’esperienza lavorativa e che, da prima singoli, adesso hanno messo sù famiglia e hanno bambini che frequentano le scuole del nostro territorio. 190 di loro vive in Italia addirittura da quasi vent’anni”.
Nel dossier molte pagine sono dedicate anche al Sia, il Sostegno per l’inclusione attiva a livello nazionale che è stato introdotto dalla legge del 28 dicembre 2015 e entrato in vigore il 30 aprile 2016. 1
Il Sia non è altro che una misura di contrasto alla povertà che prevede l’erogazione di un sussidio economico alle famiglie in condizioni economiche disagiate nelle quali almeno un componente sia minorenne oppure sia presente un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza accertata.Per godere del beneficio, il nucleo familiare del richiedente dovrà aderire ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa sostenuto da una rete integrata di interventi, individuati dai servizi sociali dei Comuni (coordinati a livello di Ambiti territoriali), in rete con gli altri servizi del territorio (i centri per l’impiego, i servizi sanitari, le scuole) e con i soggetti del terzo settore, le parti sociali e tutta la comunità.
“Il Sia è stata una bella novità in Italia – spiega la sociologa Marta Bonetti – non si tratta solo di un sussidio mensile ma anche di un percorso di accompagnamento: a Lucca sono state ben 1068 le richieste e ne sono state accolte circa 347. Anche un piccolo aiuto economico per queste persone vuol dire davvero tanto: significa sicurezza, una spinta per guardare con occhi diversi il futuro e quindi porsi con toni diversi alla vita di tutti i giorni. Molte donne che vengono da noi sono preoccupate soprattutto per il futuro dei loro figli – racconta la sociologa – per loro è uno strazio non poterli mandare a scuola con vestiti decenti, comprare ciò che desiderano, non potersi permettere di mandarli in gita scolastica. Queste preoccupazioni ritornano sempre e sono presenti in tutte le interviste rilasciate nel dossier”.
“C’è bisogno di collaborazione – ha aggiunto la direttrice della Caritas Donatella Turri – un’alleanza globale contro la povertà. Solo aprendo gli occhi su queste problematiche e con un cambio radicale voluto da persone, enti e associazioni di volontariato se ne potrà uscire. Tutte queste persone hanno bisogno di essere considerate come capaci di rialzarsi e di riscattarsi, non come beneficiarie”.

Giulia Prete