San Luca, attese infinite e spazi angusti in oncologia

Attese infinite e sfibranti, pazienti ammucchiati ed in piedi, farmaci che sembrano non arrivare mai. E’ l’odissea contemporanea vissuta nella sala d’attesa del reparto oncologia del San Luca, secondo il racconto di due lucchesi che si stanno sottoponendo, in questi mesi, ai cicli di chemioterapia. Al primo piano dell’ospedale, quello che ospita il reparto dedicato, lo scenario di disagio – secondo la ricostruzione delle due pazienti – è sostanzialmente sempre lo stesso.
“La saletta d’attesa – spiegano – è minuscola. I pazienti in attesa di sottoporsi a cicli chemioterapici, radioterapici o ormonali, sono costantemente ammucchiati, pressati l’uno contro l’altro. Metà delle persone che aspettano, inoltre, sono costrette a rimanere in piedi, a volte per ore”.
Una situazione, quella denunciata, che diventa se possibile ancor più critica, appunto, a causa dei tempi di attesa: “Recarsi a fare una sessione di cure – continuano le pazienti – significa arrivare intorno alle 9 al San Luca ed uscirne, se tutto va bene, verso le 14, ma nella maggior parte dei casi parliamo delle 15. Questo, non perché la seduta duri così tanto: è che i pazienti oncologici vengono visitati da un dottore, prima di ogni trattamento. Spetta al medico di turno prescrivere i farmaci da utilizzare, in termini di tipologia e quantità. Solo che – prosegue il racconto – a questo punto c’è da aspettare, in media, ancora un’altra ora. Pur essendo segnato ogni appuntamento, infatti, i farmaci necessari non sono quasi mai disponibili nel reparto di oncologia. Il dottore chiede quindi che vengano portati, ma dalla richiesta all’arrivo, anche se si tratta dell’edificio adiacente, può passare anche oltre un’ora”.
Una situazione, quella descritta, che si fa ancora più difficile se si considera il precario stato di salute dei pazienti: “Le difese immunitarie dei malati oncologici – concludono le due donne – sono fisiologicamente molto più basse della norma. Un normale raffreddore, un virus o un colpo di freddo, insomma, possono avere conseguenze anche molto gravi. Nella saletta d’aspetto, però, ci troviamo tutti a respirare la stessa aria, condividendo potenziali sintomi influenzali e batteri in una manciata di metri quadri. L’ultima volta abbiamo fatto questa rimostranza ad un’infermiera: ci ha dato ragione, ma non ha potuto farci niente. Anche i medici sono scoraggiati: ci hanno detto che, se siamo così tanti e tutti insieme, è perché loro sono in numero troppo esiguo rispetto alle reali necessità. Di sicuro però, qualcosa deve cambiare, in fretta”.