
“Al pronto soccorso del San Luca manca personale – tre medici, in particolare – perché i bandi regionali vanno deserti”. È l’allarme lanciato dalla direttrice, la dottoressa Fabiana Frosini, nel giorno del focus da parte della commissione sociosanitaria presieduta da Pilade Ciardetti su questo cruciale settore del San Luca. Con lei c’è anche la dottoressa Michela Maielli (responsabile presidi ospedalieri Lucca e Valle del Serchio), mentre in commissione – richiesta e organizzata dalla consigliera Cristina Petretti – si registra anche la presenza dell’assessora Lucia Del Chiaro.
È paradossale, dunque, la situazione che si sta riflettendo anche su Lucca, ma che riguarda tutta Italia: un collo di bottiglia che non consente a nuovi medici – che pure ci sarebbero – di lavorare, perché l’offerta di scuole di specializzazione che dovrebbero frequentare è minore rispetto alla domanda e, quindi, senza una formazione adeguata non è possibile lavorare. I posti letto? In realtà sarebbero sufficienti – spiega il personale medico: “Quello che manca sono i letti di cure intermedie ad alta intensità sul territorio, per garantire un turnover”.
La commissione si era aperta con l’intervento del presidente Pilade Ciardetti, che condensa la sua ratio “nell’intento di cogliere informazioni utili per aiutare il personale a migliorare i servizi”.
Sempre in apertura, è Cristina Petretti, consigliera con delega alla sanità, a tracciare un affresco della situazione: “Vogliamo capire le criticità, tenendo conto che si tratta di un tema nazionale. Il modello organizzativo va rivisto e, inoltre, si registra una cronica carenza di risorse economiche ed umane. Dobbiamo capire se servono nuovi modelli assistenziali in base ai nuovi bisogni. Il pronto soccorso deve filtrare in entrata e drenare in uscita: questo non sta accadendo”.
Uno scenario se possibile aggravato dall’allarme lanciato dall’assessora Del Chiaro: “Ci sono alcuni tipi di protezione verso i richiedenti asilo – ricorda – che non consentono l’accesso ai servizi socio sanitari. In Toscana si stima che circa 5mila persone dovranno uscire dai centri di prima accoglienza senza andare in quelli di seconda accoglienza. Penso che si verrà a creare una vera emergenza, perché questi soggetti si riverseranno in massa nei pronto soccorso. Sarà un surplus di accessi che non può essere gestito da nessuno e che rischia di far collassare il sistema”.
La dottoressa Frosini, in questo senso, invita l’amministrazione ad “istruire” i vigili urbani: “Non portate in pronto soccorso – chiede – persone trovate in giro a vagare che non hanno problemi di salute. Noi curiamo tutti, ma a patto che ce ne sia reale bisogno”. Poi la fotografia, a tratti sorprendente: “Soffriamo la carenza di personale medico, non perché mancano concorsi, ma perché non si trovano: se ne specializzano pochi. Accade in tutto il resto d’Italia: prima si poteva attingere dal personale del 118 che era formato, ora non fanno più i corsi di emergenza urgenza”. Gli infermieri, invece, sono presenti in numero sufficiente, ma le questioni si affastellano, a partire dal rapporto con gli utenti: “Registriamo un aumento di aggressività a tutti i livelli da parte dei pazienti. Nessuno ha più voglia di aspettare e gli animi si scaldano subito. Questo pesa perché il personale lavora sempre al massimo”. Capitolo posti letto: “In assoluto non mancano in pronto soccorso – dicono – Quello che serve sono più letti di cure intermedie sul territorio ad alta intensità per aumentare il turnover di pazienti”.
Sulla questione interviene anche Maielli: “Il dibattito sul numero corretto? Sui posti letto siamo noi a dover essere d’accordo sui numeri, perché viviamo l’ospedale ogni giorno. I momenti di criticità? Si registrano specialmente nei giorni festivi, perché mancano volontari. C’è prima di tutto una questione culturale da risolvere: ci sono pazienti che non sono acuti e potrebbero essere passati alle cure intermedie per liberare l’ospedale”.
Sul versante dei tempi di uscita dal pronto soccorso, invece, viene spiegato che “gli esami e l’assistenza sono molto più lunghi perché sono aumentate le possibilità di accertamento sui pazienti che, inoltre, devono essere dimessi in sicurezza”.
Polemiche, come ricorda il consigliere Daniele Bianucci (Sinistra con Tambellini), erano state avanzate anche in ordine all’accesso dei parenti. “Il paziente viene visitato subito – spiega Frosini – e se il medico ritiene che abbia necessità di un parente gli fornisce un pass. La vera anomalia era avere tutti i familiari dentro”.
La consigliera Teresa Leone (Lucca Civica), ancora, chiede lumi riguardo alla gestione dei bambini: “Non tutti possono essere inviati direttamente in pediatria. La prassi? Vengono presi in carico immediatamente e portati in una stanza con giochi e musica”, spiegano i medici.
Una delle questioni culturalmente più complesse da cambiare resta l’utilizzo smodato ed ingiustificato del pronto soccorso: in media, anche a Lucca, i codici bianchi e azzurri rappresentano il 30 per cento degli accessi. “Il problema – conclude Frosini – è che le persone vengono qui a fare esami che potrebbero fare fuori e non vogliono aspettare per nulla. Non si accettano, inoltre, gli stati terminali dei più anziani, che vengono portati qui e muoiono spesso dopo poche ore”. In generale, sintetizza la dottoressa Maielli, “l’ospedale San Luca è soggetto a molte critiche non perché non funzioni bene, ma in quanto mai veramente accettato dalla popolazione”.
Paolo Lazzari