
Nervi molto tesi questo pomeriggio (8 aprile) alla seduta della Commissione consiliare lavori pubblici. All’ordine del giorno c’era una valutazione sullo stato dell’arte per quanto riguarda la bonifica delle ex officine Lazzi a Sant’Anna. Come noto, l’immobile è stato rilevato dalla ditta Guinigi Costruzioni che voleva sfruttare l’area per realizzare dei parcheggi sotterranei. Dai primi scavi però emerse una contaminazione sia dei terreni che delle acque circostanti. Della bonifica avrebbe dovuto occuparsene Lazzi, risultata soccombente dopo i ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. L’azienda, che inizialmente aveva presentato un piano per la bonifica da concludersi in 119 settimane ha beneficiato di varie proroghe e, nel frattempo, è stata messa in liquidazione, fatto che ha causato un allungamento molto significativo per i tempi della bonifica. Secondo i tecnici del Comune, i lavori stanno procedendo anche se mancano le garanzie a copertura dei lavori, motivo per cui è stata fatta anche una denuncia alla procura. Secondo Usl e Arpat sarebbero comunque da escludere rischi legati a possibili contaminazioni.
La commissione era stata convocata, su richiesta del consigliere del Movimento 5 stelle Massimiliano Bindocci per valutare eventuali rischi derivanti dal fatto che in quella zona partiranno a breve gli scavi per la realizzazione del nuovo sottopasso. Subito la seduta è però degenerata tra uno scambio di accuse reciproche tra i tecnici del Comune, il signor Giuseppe Pardini, proprietario dell’immobile, Lazzi e la ditta Sa3 che sta eseguendo la bonifica.
Il problema fondamentale è che attualmente è ancora in corso la bonifica dalla parte di falda contaminata ma che i lavori non sono stati garantiti da una fidejussione dato che nessuno si è voluto esporre con una società in liquidazione. Da qui la rabbia di Pardini che, dopo tutti questi anni, non solo non ha ancora potuto portare a termine i lavori ma rischia ora la beffa finale: qualora infatti Lazzi non portasse a termine la bonifica, sarebbe l’amministrazione comunale a dover subentrare ai lavori rivalendosi poi sull’immobile. Una situazione estremamente delicata da cui non sembra affatto facile uscire e complicata dal fatto che su tutta la vicenda è in corso un’indagine anche a seguito degli esposti presentati sia da M5S che da Fratelli d’Italia.
Nella sua introduzione, il presidente della commissione Daniele Bianucci, consigliere comunale di Sinistra con Tambellini, ha ribadito i motivi per cui era stata convocata la seduta, sottolineando come gli stessi cittadini della frazione di Sant’Anna abbiano chiesto all’amministrazione comunale un impegno quantomeno per il ripristino della facciata dell’immobile per motivi di decoro. Bianucci ha poi sottolineato che l’argomento dovrà essere approfondito in una serie di ulteriori sedute dove dovranno essere coinvolti tutti gli enti preposti: Usl, Arpat, Regione Toscana, Provincia di Lucca, oltre ai tecnici delle parti interessate.
“Il compito di questa Commissione è semplicemente valutare se il Comune di Lucca ha rispettato o meno i propri doveri giuridici – ha voluto precisare l’assessore all’ambiente Francesco Raspini -. Sulla questione non sono mai stati dati degli indirizzi politici: ci si è semplicemente limitati ad applicare quanto previsto dalla legge. Sarebbe un errore trasformare quest’aula in un tribunale”.
A far partire la richiesta della seduta era stato il consigliere del Movimento 5 stelle Massimiliano Bindocci: “Dovremmo avere il coraggio di capire cosa c’è realmente la sotto, cosa si sta facendo per depurare la zona e capire anche come si intende procedere, dato che li vicino a breve partiranno anche gli scavi del sottopasso. Si va quindi a fare un’operazione molto invasiva in una zona a rischio. Sarebbe bene capire se è tutto a posto”.
A ripercorrere la storia delle ex officine Lazzi è il tecnico del Comune, Mauro Di Bugno: “Il 20 ottobre del 2010 la Guinigi costruzioni notificò agli enti la potenziale contaminazione dell’area. Nel maggio del 2011 venne poi presentato, sempre da Guini, il Piano di caratterizzazione dell’area (documento in cui viene descritta la tipologia di contaminazione presente in un sito, ndr) che venne approvato con un’apposita delibera dal Comune sulla base del parere fornito dagli enti preposti: Usl, Arpat, Provincia e Regione. C’era poi da capire di chi fosse la responsabilità della contaminazione. Non è difficile capire che se sul sito prima insisteva un’officina, il responsabile della contaminazione è Lazzi e sono quindi loro a dover provvedere alla bonifica”. Di Bugno spiega che Lazzi ha presentato ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di stato, risultando in entrambi i casi perdente. Si arriva però, a questo punto al 2014, cioè 4 anni dopo la notifica di contaminazione.
“Nell’agosto del 2015 – prosegue Di Bugno nel resoconto – Lazzi presenta, dopo vari solleciti, l’analisi di rischio per la bonifica dell’area che il Comune approva, dopo varie integrazioni, nel febbraio 2015. Dato che si deve procedere a questa bonifica, viene sospesa l’autorizzazione edilizia”.
“In tutte le indagini fatte – precisa il tecnico del Comune – è emerso che l’inquinamento è limitato al sito: non si è esteso alle zone circostanti e non c’è quindi rischio di ulteriore contaminazione. Della vicenda si sono interessati il Nucleo operativo ecologico dei carabinieri e perfino il Ministero dell’Ambiente e da tutte le indagini è emerso lo stesso dato”.
“Il 3 agosto del 2017 è stata ultimata la bonifica del terreno – aggiunge ancora Di Bugno – Ma rimuovere l’inquinamento dall’acqua è molto più difficile e i tempi si sono dilatati. Questo disallineamento ha fatto sì che la prima fidejussione presentata da Lazzi non coprisse più l’intero arco dei lavori. Dopo aver consultato il nostro ufficio legale abbiamo quindi sporto denuncia alla procura che era l’unica cosa che potevamo fare. Il 20 dicembre del 2018 l’Arpat ha comunque certificato che le operazioni stanno andando avanti anche se i tempi per la bonifica sono parecchio lunghi. Il fatto che Lazzi non abbia una fidejussione a garanzia del completamento dei lavori è una carenza importante”.
Sollecitato più volte dall’architetto Di Bugno, il dottor Brogi, in rappresentanza di Lazzi, ha così replicato: “I lavori stanno andando avanti come da protocolli, siamo nei tempi. Sulla mancata Fidejussione, nessuno le fa ad aziende in liquidazione ma ci stiamo ancora muovendo per cercare una soluzione”.
Ad entrare nel merito dell’intervento di bonifica è il dottor Chichinè della ditta Sa3: “Questo tipo di contaminazioni è particolarmente difficile da eliminare – spiega – Si tratta di livelli molto bassi anche se superiori a quelli previsti dalla legge. Paradossalmente quest’acqua si potrebbe utilizzare per scopi idro-potabili. Il terreno è stato bonificato e le operazioni stanno proseguendo. Per accelerare i tempi abbiamo proposto l’utilizzo di tecnologie innovative che in altri contesti si sono rivelate efficaci anche se non c’è un’ampia letteratura in materia. Con questa nuova procedura la bonifica si potrebbe concludere in tempi ragionevolmente brevi. Non esistono altre alternative, dato che con le metodologie tradizionali non si riesce a rimuovere completamente gli inquinanti”.
Nel suo intervento, Chichinè ha anche precisato che nell’ultima analisi delle acque, datata dicembre 2018, è risultato un lieve aumento della concentrazione di inquinanti causato, secondo il tecnico, dalle forti precipitazioni degli ultimi giorni.
L’esposizione fin qui fatta dai soggetti intervenuti non è stata affatto apprezzata da Giuseppe Pardini, che non ha nascosto tutta la sua rabbia: “È vero – afferma – che prima c’era una fidejussione ma il Comune l’ha lasciata scadere, avrebbe potuto cautelarsi sequestrando i beni immobili di Lazzi. Quanto al rispetto dei tempi previsti, previsti da chi? Sono passati 10 anni, sono scadute tutte e garanzie e noi non abbiamo intenzione di mettere fuori più una lira. Nel nuovo piano che è stato presentato si parla di 5 anni e di cifre che oscillano tra gli 800mila euro e il milione. Chi le mette le garanzie? Sottolineo poi che oltre quelle del 2018 le ultime analisi di Arpat erano del 2015. Evidentemente l’ente va avanti per conto suo”. Pardini ha anche lamentato il fatto che non sia stato permesso di intervenire durante la seduta ai tecnici che lo supportano in questa vicenda.
A queste accuse ha replicato l’architetto Di Bugno: “L’ufficio legale del Comune ha detto che non era possibile escludere la fidejussione dato che i tempi per la parte di terreno contaminato erano stati rispettati e i lavori risultano andare avanti – spiega -. L’unica cosa che potevamo fare era denunciare alla Procura, cosa che abbiamo fatto anche forzando un po’ la mano. Per quanto riguarda le proroghe al progetto originario, queste sono state autorizzate dagli enti preposti. Dai pareri forniti dagli enti competenti si è poi provveduto a fare le delibere necessarie”.
Terminato questo dibattito, è stata la volta degli interventi politici. Il primo a prendere la parola è stato Lucio Pagliaro del Partito Democratico che ha voluto esprimere solidarietà nei confronti del proprietario sottolineando come “non sia accettabile che una porzione di territorio così importante rimanga bloccata per anni e anni”.
Per il consigliere di Fratelli d’Italia Nicola Buchignani “far ritardare il privato in una urbanizzazione primaria significa farlo fallire è quindi necessario sollecitare i tempi e le verifiche del caso”.
Nuova bagarre scoppia quando Bugnani chiede lumi in merito a chi debba portare a termine i lavori qualora Lazzi risultasse inadempiente. La replica di Di Bugno è stata che, per legge, è la pubblica amministrazione a dover subentrare per concludere la bonifica, rivalendosi poi sull’immobile. Una risposta che ha provocato, per motivi diversi, le reazioni dell’opposizione e dello stesso Pardini che vedrebbe, oltre al danno, anche la beffa di perdere l’investimento fatto.
“Posso capire che nessuno voglia le colpe di questa situazione ma poi qualcuno ne paga le conseguenze – constata Massimiliano Bindocci -. Abbiamo un sito che è fortemente inquinato, è quindi evidente che abbiamo un problema. Bisognerebbe che l’amministrazione intervenisse a tutela della salute dei lucchesi. La politica dovrebbe porre la giusta attenzione a questa situazione dato che lì vicino a breve verrà scavata un’altra buca”.
A questo ha replicato Gianni Giannini che ha voluto ribadire ancora una volta come la Commissione non sia il luogo preposto all’individuazione dei colpevoli. “Mi sfugge inoltre – afferma il consigliere Pd – la connessione tra la situazione di cui stiamo discutendo e i lavori del sottopasso”.
In conclusione, sia Buchignani, Bindocci che la consigliera di Siamo Lucca Cristina Consani hanno chiesto che l’argomento venga ulteriormente approfondito in nuove sedute della Commissione. Una richiesta accolta dal presidente Bianucci che ha preso l’impegno di far intervenire nelle prossime sedute anche rappresentanti dell’Arpat e della Regione Toscana.
Luca Dal Poggetto