In Cortile degli Svizzeri l’anniversario della Liberazione
Non una vuota liturgia priva di significato ma un importante momento di ricordo, di riflessione e di festa. È questo lo spirito unanime che ha caratterizzato le celebrazioni per il 25 aprile, Festa della Liberazione, svoltesi questa mattina in Cortile degli Svizzeri. Una cerimonia molto sentita e partecipata, sia dal folto pubblico presente che dai tanti rappresentati delle istituzioni, sia locali che regionali e nazionali, intervenuti. Particolarmente toccante il momento dell’alzabandiera, in cui tutta la piazza ha intonato l’inno nazionale sulle note del corpo musicale Giacomo Puccini di Nozzano. Altro momento particolarmente significativo, gli onori tributati a nome di tutta la comunità lucchese dal Prefetto, Maria Laura Simonetti, al Gonfalone del Comune di Stazzema, decorato con la medaglia d’oro al valor militare per i sette Comuni della Versilia e agli altri gonfaloni dei comuni decorati presenti oltre che a quelli delle associazioni combattentistiche e d’arma.
Dopo la parata iniziale, la cerimonia e poi proseguita con gli interventi istituzionali che hanno avuto come minimo comune denominatore la necessità di riscoprire i valori della resistenza, specie in un periodo storico in cui questi valori vengono messi in discussione. Dapprima ha preso la parola Walter Ramacciotti, presidente della Federazione italiana associazioni partigiane, il quale ha voluto sottolineare l’importanza del ruolo svolto dai rappresentati ecclesiastici di Lucca nella liberazione della città e nel salvare la vita di tante persone innocenti. “Un clero che – sottolinea Ramacciotti – è rimasto, a rischio della propria vita, insieme al popolo che soffriva ed ha aiutato tutti, senza badare a convinzioni politiche o religiose o al ceto sociale”.
È stata poi la volta di tre studenti lucchesi: Stefano Fulgeri e Rami Chumati hanno voluto ricordare i tanti giovani che hanno sacrificato la loro vita per restituire al popolo italiano speranza e libertà, mentre Anis Suoni ha letto l’articolo 11 della Costituzione: “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Dopo gli studenti è stata la volta del sindaco di Lucca, Alessandro Tambellini che ha ricordato come la storia italiana sia stata caratterizzata dalla Resistenza e come proprio questo abbia permesso all’Italia di scegliere liberamente di entrare a far parte della comunità dei paesi civili. Una scelta che invece ad altri è stata imposta. “Non siamo italiani solo perché parliamo la stessa lingua ed abbiamo radici culturali comuni – ha detto il primo cittadino -. Lo siamo anche per queste cose, certo, ma siamo italiani soprattutto perché, tutti insieme, abbiamo scelto la democrazia. Il 25 aprile dunque non è solo una cerimonia ma è un importante momento di testimonianza civile”.
A nome della Provincia di Lucca ha poi preso la parola il consigliere provinciale e sindaco di Altopascio, Sara D’Ambrosio che ha sottolineato come il 25 aprile non sia solo un momento di ricordo ma anche di festa: “È la festa di tutti – ha sottolineato – perché tutti, comunisti, cattolici, azionisti, socialisti eccetera, hanno dato un contributo fondamentale per la Liberazione e per la nascita della nostra democrazia. Il 25 aprile non può essere ridotto ad una mera contrapposizione tra fascisti e antifascisti. Oggi è la festa dell’Italia e degli italiani”.
Infine, l’orazione ufficiale che ha concluso la cerimonia è stata affidata al professor Paolo Buchignani dell’Istituto storico della resistenza e dell’età contemporanea che ha ribadito ancora una volta la necessità di non vivere la giornata di oggi come “una replica di una stanca liturgia, soprattutto in questo tempo segnato da inquietanti rigurgiti di intolleranza e razzismo. Oggi stiamo rivivendo una situazione simile a quella degli anni Venti, con un profondo disagio sociale causato dalla crisi economica. Allora, le soluzioni che vennero adottate furono peggiori dei mali e portarono a regimi totalitari, sanguinari e bellicisti. Oggi più che mai quindi, il 25 aprile deve essere un momento di profonda e attenta riflessione”.
L’anniversario della Liberazione è stato organizzato, come di consueto, dalla Prefettura, dalla Provincia e dal Comune di Lucca, in collaborazione con le associazioni della Resistenza, combattentistiche, patriottiche e d’arma. La mattinata aveva avuto inizio alle 9,30 con il tradizionale omaggio al monumento ai caduti in piazza XX Settembre. È stata poi officiata la messa nella cattedrale di San Martino.
Le celebrazioni proseguono con le visite guidate di Palazzo Ducale che si terranno in due turni, alle 15 e alle 16,30, con punto d’incontro sotto i loggiati di Cortile degli Svizzeri.
Sono previste aperture straordinarie del Museo della storia e dell’emigrazione Italiana, del Museo del Risorgimento e del Teatro del profumo.
L’intervento integrale del sindaco Tambellini
In questa giornata di festa ripercorriamo innanzitutto il senso del passato, della storia ricostruita nella sua integrità, riflettiamo sulla nostra appartenenza a una guerra terribile di cui sono testimonianza i morti silenziosi e spesso dimenticati che ogni volta tentiamo di ricordare perché riabbiano nuova vita almeno nella memoria. Una storia fatta di leggi razziali, di detenzione di chi la pensava diversamente, fatta di confino, fatta addirittura di omicidi all’estero, cito i fatti dei fratelli Rosselli. Ebbene questa storia ci consegna l’idea della Resistenza e bisogna essere consapevoli che la Resistenza ha consentito al nostro Paese di entrare a far parte dei paesi con una vita civile moderna accettata dalla pluralità delle nazioni del mondo.
Se noi abbiamo potuto decidere il nostro futuro è stato proprio in ragione della Resistenza, altri non l’hanno potuto fare; ad altri le nuove forme di assetto giuridico e civile sono state imposte con la forza. Se il nostro Paese è entrato a far parte dei paesi civili è stato in forza di questo. Bisogna allora renderci conto che non siamo italiani solo e soltanto perché parliamo una lingua comune, perché abitiamo da millenni nello stesso territorio. Non siamo italiani perché abbiamo solo delle tradizioni comuni. Siamo italiani anche perché abbiamo compiuto una scelta di vita civile, perché abbiamo voluto la democrazia e la libertà come nostro modo di stare insieme e il 25 aprile è quell’elemento fondativo che oggi ricordiamo. Non è quindi semplicemente una cerimonia, non è un rito, è un momento di testimonianza esistenziale e civile di ognuno di noi, delle istituzioni che sono qui per noi, dei corpi dei volontari, dei Militari, delle Forze dell’ordine, di tutti noi che siamo uniti in questa piazza in questo momento. Il 25 aprile è un momento di testimonianza che affidiamo al futuro, che tramandiamo di anno in anno a chi rinnova su questo percorso in questa nostra dimensione di vita comune e di vita insieme.
La Festa della Liberazione ha sancito un fatto nuovo, ha stabilito che ci si possa guardare in faccia fra avversari dandosi la mano, che si possa convivere pur nell’opposizione delle idee, osservandoci e sostenendoci, ha stabilito quel filo d’oro che è una garanzia di una vita civile che viene condotta nell’alternanza delle idee e dei governi in pace. Ha garantito a tutti, anche a coloro che in passato hanno minato la libertà, di poter esprimere le loro idee. Ha sancito anche per il nostro Paese che i popoli possano vivere in pace.
Allora al di là di tutte le polemiche, a volte così inopportune, io mi auguro e spero che ognuno di noi si impegni nella sua quotidianità, per fare in modo che quel filo d’oro che ci tiene uniti insieme nella diversità, che ci rende così simili nella diversità, che ci impegna, pur nelle idee diverse, a lavorare assieme, per il miglioramento della nostra vita e perché l’Italia sia un riferimento di civiltà per tutti i popoli, mi auguro e spero che quel filo d’oro non si spezzi: è affidato a ognuno di noi, alle istituzioni che sono qui oggi, ma è affidato singolarmente a ogni coscienza, al lavoro e al pensiero di ognuno perché ancora, quell’Italia che amiamo e che è stata un grande riferimento per la cultura e la civiltà del mondo, continui a esserlo anche in futuro.
L’intervento del sindaco di Altopascio, Sara D’Ambrosio
Il 25 aprile è la Festa di Liberazione. Non è la giornata, né la celebrazione, né l’anniversario: prima di ogni altra cosa il 25 aprile è la festa. Si festeggia, e lo si deve fare tutti, perché l’Italia è libera. Si festeggia, perché nel 1945 il popolo italiano fu liberato dal giogo del fascismo e del razzismo e dall’occupazione tedesca e nazista. Ed è la festa dell’unità, perché in quei giorni del ’45, negli anni precedenti, durante la Resistenza e l’antifascismo, e poi negli anni a venire, già nel ’46 con il Referendum tra Monarchia e Repubblica e l’elezione per l’assemblea costituente, e ancora a seguire con la nascita della Costituzione Italiana, la nostra Costituzione: in quegli anni appunto gli italiani che hanno detto no al fascismo e alla dittatura hanno lavorato insieme: cattolici, laici, azionisti, repubblicani, popolari, liberali, comunisti, socialisti, partigiani e civili, religiosi, preti e sacerdoti, militari renitenti alla leva della Repubblica sociale italiana e semplici cittadini. Hanno lavorato insieme per quei tre principi che ancora oggi, 74 anni dopo la Liberazione e 71 anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione, rappresentano la guida maestra di ognuno di noi: libertà, uguaglianza, giustizia.
Per questo motivo il 25 aprile non è la lotta tra fascismo e comunismo: una polemica sterile, buona per prendere qualche prima pagina di giornale e per alzare polveroni che hanno come unico fine quello di catalizzare l’attenzione e la riflessione sulle solite tre persone. Il 25 aprile è festa nazionale, la festa dell’Italia e degli italiani.
C’è un’immagine che ho portato con me questa mattina, che raffigura una donna, l’Italia, ornata con la fascia tricolore, che abbraccia con tutta se stessa la Costituzione. Un’immagine semplice, comprensibile a tutti, che racchiude e racconta quello che siamo, una Repubblica democratica che trova e sviluppa se stessa nei principi e nelle parole della Costituzione Italiana.
Una Costituzione attualissima, pensiamo solo al riferimento al lavoro che diventa elemento sostanziale dell’articolo 1; una Costituzione che guarda lontano, pensiamo solo a quando parla, nei principi fondamentali, di uguaglianza, di pace, di pari dignità e pari opportunità, di equità sociale, di libertà. Una Costituzione giovane, che guarda e parla ai giovani. Anzi di più: che si rinnova ogni giorno, generazione dopo generazione, grazie alle azioni, all’impegno, agli ideali dei giovani. Perché se è vero che viviamo in una società che tende alla spersonalizzazione, all’omologazione, all’individualismo e alla ricerca di un ostinato presente, che sembra scollegato da qualsiasi passato e non proiettato verso un futuro, è altrettanto vero che esistono semi di una generazione nuova, che vuole riscattarsi, che sceglie di non stare nell’ombra del gruppo e dell’assuefazione generale, ma decide di esserci in prima persona per gli altri, per l’ambiente, per chi ha meno diritti, per chi è più fragile, per chi ha più bisogno, per chi si sente vacillare e non ce la fa, per la terra, la nostra, che grida aiuto e ci chiede di fare tutti qualcosa, ora, per salvarla. Ed ecco che c’è Greta Thunberg e le tante altre Greta, femmine e maschi, ragazze e ragazzi, che anche nel nostro paese e nel piccolo della nostra provincia lavorano e lottano per uno sviluppo sostenibile e attento, promuovono le bellezze naturali che abbiamo, le fanno conoscere a grandi e piccoli affinché ognuno di noi se ne prenda carico e nessuno possa più accampare scuse per girarsi dall’altra parte. Ed ecco che ci sono i ragazzi che si attivano nella promozione dello sport per tutti, che abbattono le disabilità, le distanze e le differenze con un pallone da basket, un campo da calcio o da pallavolo, una vasca di piscina o una pista di atletica o una palestra per il karate. E ancora i ragazzi che donano il loro tempo nel volontariato e non si fermano di fronte a nessuno, ma con la loro musica entrano nei centri per gli anziani e li avvolgono con il loro calore, come nipoti acquisiti e sinceri. Oppure le ragazze e i ragazzi, e sono davvero tanti, che lavorano nell’accoglienza, che hanno sviluppato competenze incredibili nella mediazione culturale, per costruire comunità più solidali e consapevoli, dove l’integrazione è pratica concreta e reale e non un mero concetto da sbandierare qua e là.
Sono esempi in carne e ossa di come la Costituzione Italiana viva ancora oggi e ogni giorno nel nostro presente, non solo con parole, ma con estrema e terrena concretezza: testimoni di ognuno di quei principi della nostra Carta, che come candele della memoria tracceranno la strada e ne apriranno di nuove
Luca Dal Poggetto
I video delle celebrazioni