





Penultimo appuntamento ieri sera (20 agosto) per i talk show condotto dal giornalista Paolo Mandoli nel chiostro di Santa Caterina al Real Collegio. Ospite d’eccezione il nuovo arcivescovo di Lucca Don Paolo Giulietti.
Dopo i primi cento giorni dall’inizio della sua avventura a Lucca, non sono certo mancate le polemiche e discussioni. Anche per una (nostra) foto, durante le celebrazioni per don Aldo Mei, che ha ritratto il vescovo con il manifesto La disumanità non può diventare legge. Una critica aperta al nuovo decreto sicurezza, che ha portato a numerose polemiche, compresa quella del ministro degli interni Salvini.
A cento giorni dall’insediamento ai lucchesi è rimasta impressa l’immagine di Don Paolo che arriva in città a piedi, da pellegrino, una cosa nuova, ma qual è il significatro di questo gesto?
“Il pellegrinaggio è bisogno di cambiamento – spiega il vescovo – sono partito da Perugia a piedi, la risposta della persone è stata più che positiva ed è andata oltre le aspettative, sono stato il primo ad esserne rimasto stupito. L’intervento di papa Francesco è stato imbarazzante e sorprendente. Imbarazzante perché è stato spontaneo, non preparato, sorprendente perché casuale che il papa venisse a conoscenza del mio gesto, ciò è stato possibile grazie all’intervento di una giornalista lucchese che scrive anche per l’Osservatore Romano”. “Dietro questo pellegrinaggio c’è una chiesa viva – prosegue don Paolo – una chiesa che si mette in gioco, è un bell’inizio”.
Ma la chiesa oggi giorno deve preoccuparsi delle distanze che si sono create tra le diverse generazioni.
“Tutto il mondo degli adulti deve occuparsi dei giovani, non soltanto la chiesa, il rapporto è difficile, le distanze generazionali sono aumentate, la sfida di tutti quanti è quella di aiutare i giovani a crescere, trovare un lavoro e un ruolo in questa società. Per farlo l’adulto e l’intera comunità devono occuparsi dell’ educazione dei giovani e di renderli protagonisti, la società non aiuta a farlo. In molti casi ho notato adulti tentare di sostituirsi ai giovani mettendosi in concorrenza con loro, non è questo il modo per aiutarli. Noto che l’Italia di oggi è sempre meno un paese per giovani”.
La fotografia in cui tiene un cartello in occasione di una ricorrenza organizzata per la morte di don Aldo Mei è stata strumentalizzata politicamente, cosa ne pensa? “Mi ha sorpreso che la cosa sia finita in politica – dice don Giulieti – in realtà non era un gesto politico, c’era preoccupazione per un fenomeno, quello dei migranti, che è diventato un paradigma di questi tempi, come dice papa Francesco. Non ho mai risparmiato critiche, anche ai governi precedenti, sulla gestione dell’immigrazione, che viene affrontata nell’ottica di un’emergenza, quando il fenomeno della movimentazione umana ha radici molto più ampie e profonde.”
“La politica non deve perseguire la paura, ma l’intelligenza” conclude il vescovo.
Come sta cambiando il mondo della scuola nei confronti della religione?
“Con la nuova revisione dei Patti Lateranenzi, l’insegnamento della religione diventa culturale. Ad oggi per conoscere la nostra società, il nostro mondo, se si abita in Italia non si può non conoscere la religione cattolica”.
Essendo stato delegato per le comunicazioni sociali della Cei e direttore editoriale de La Voce, Umbria Radio, cosa ne pensa del nuovo fenomeno delle fake news?
“Oggi siamo tutti giornalisti. Il non professinismo sta dilagando, ma manca l’approfondimento tanto che ciò genera crisi di sfiducia nei riguardi dell’informazione. Bisognerebbe scommettere sui fattori di professionalità e meno sulla velocità nel dare le notizie”.
Cosa ne pensa dell’uso strumentale del rosario per fini politici? Qual è il rapporto tra Stato e chiesa?
“I simboli – dice don Giulietti – Ogni politico ha delle ispirazioni, ma queste ispirazioni non devono prevalere rispetto alle decisioni politiche. Se vanno avvalorate da un simbolo ciò denuncia la debolezza delle decisioni. Fa sempre piacere il richiamo al cristianesimo, ma le decisioni prese politicamente non mi sembrano in linea, ma addirittura contraddittorie rispetto ai principi espressi dalla religione cattolica”.
Non sono mancate le domande del pubblico, il dialogo diventa dibattito nell’ultima ora del talk show.
Come si rivolge oggi la chiesa alle persone divorziate? “Ad oggi viene introdotto il principio del “discernimento”, se anche delle persone hanno commesso uno sbaglio ma vivono intensamente la vita all’interno della comunità cristiana e hanno un percorso di fede ben avviato, allora loro partecipazione ad alcuni sacramenti può essere rivista. Ma ci vogliono elementi oggettivi a cui aggrapparsi, vescovi e preti devono diventare esperti di discernimento”.
Quali sono state le sue impressioni fino ad adesso sui lucchesi? “Sarei presuntuoso dire di conoscere già i lucchesi – ammette don Giulietti – trovo molte affinità con i perugini. Lucca è una città operosa, il lucchese partecipa alla vita cittadina, si da da fare per la propria città, si impegna, la mia impressione è più che positiva. Noto però che il lucchese ha tendenza alla fazione, ciò ho riscontrato che è una dimensione tipica del centro Italia. Bisogna ritrovare coesione, ma l’evoluzione culturale degli ultimi anni non aiuta”.
Per il coinvolgimento dei giovani nella vita della chiesa, come vede le associazioni parrocchiali? “Credo sia estremeamente importante – dice il vescovo rispondendo ad una domanda di uno spettatore – che le associazioni integrino la realtà parrocchiale. Ad oggi però non vedo associazioni nuove, l’azione cattolica diventa così uno strumento importante che può sempre dire qualcosa”.
In conclusione della serata, rimane il tempo per le ultime domande. Trenta anni fa Giovanni Paolo II venne a Lucca, abbiamo speranza di vedere papa Francesco da noi? “Il papa ha bisogno di motivi validi per intraprendere un viaggio, dipende quali sono i questi motivi, io sono sempre pronto a proporli”.
Esiste il rischio che lasci il suo mandato da vescovo di Lucca? “Se osserviamo in passato i vescovi che si sono succeduti a Lucca, statisticamente direi di no, ma affronto l’incarico senza alcuna fretta”, conclude sorridendo Don Paolo Giulietti.
Paolo Pinori