





Ci sono anche hacker buoni. E sono quelli che fino a domani (20 settembre) ospita la scuola Imt Alti Studi di Lucca. Sono in ritiro nel campus di S. Francesco, in vista dei campionati europei di sicurezza informatica: European cyber security challenge, così si chiama la più importante competizione dell’anno. Come negli ultimi due anni, la squadra nazionale di Cyberdefender si è riunita per una settimana a Lucca, per rafforzare le proprie competenze e strategie.
I ragazzi, una squadra di 10 tutti compresi tra i 20 e i 25 anni, (5 junior sotto i vent’anni, 5 senior sotto i 25), sono in ritiro nel campus di San Francesco in vista dei Campionati Europei di Sicurezza Informatica: European Cyber Security Challenge (Ecsc), così si chiama la più importante competizione dell’anno. Capitanati da Mario Biondo, ad “allenarli” è il coach Mario Polino, che ha presentato il Team, il percorso di addestramento e la Competizione dell’European Cyber Security Challenge di Bucarest a cui parteciperanno a metà ottobre.
Inoltre, oggi, i ragazzi, hanno avuto l’occasione di incontrare personalmente Roberto Baldoni, vicedirettore generale del dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis) con delega per la cybersecurity e presidente del nucleo di sicurezza cibernetica (Nsc), che è venuto a trovarli nella sede del campus.
Questo è il terzo anno che la squadra nazionale di Cyberdefender si riunisce per una settimana a Lucca, per rafforzare le proprie competenze e strategie. Il compito di formarne i membri – tra le più giovani e preparate eccellenze italiane del settore – spetta al Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica (Cini), da anni impegnato nell’organizzazione della CyberChallenge.IT e investito di questo ruolo direttamente dal Nucleo nazionale per la Sicurezza Cibernetica.
Il ritiro si allinea alle strategie nazionali sulla sicurezza informatica, promuovendo le competenze cibernetiche come patrimonio per il sistema Paese e sostenendo i giovani esperti in un percorso formativo d’eccellenza, unico in Europa, con la prospettiva di una migliore capacità difensiva per aziende e istituzioni. Tra gli obiettivi dell’Ecsc vi è quello di “porre la cybersecurity a servizio dell’umanità, per promuovere la pace, preservare la democrazia, la dignità e la libertà di pensiero”, come descritto dai suoi documenti fondanti. Proprio con questo fine, i membri della Nazionale saranno formati sull’acquisizione di competenze specifiche in numerosi ambiti tra i quali crittografia, sicurezza web, analisi forense di computer e dispositivi mobili e sicurezza dell’hardware.
La European Cyber Security Challenge, si terrà a Bucarest dal 9 all’11 ottobre. La competizione è promossa dalla Commissione Europea e dall’Agenzia europea per la sicurezza delle reti dell’informazione (Enisa) e vedrà la partecipazione di 20 squadre nazionali europee.
Durante il ritiro sarà girato un video di introduzione della Nazionale che sarà proiettato a Bucarest durante la presentazione dei team europei in gara. L’iniziativa costituisce un unicum in Europa: l’Italia è l’unico Paese ad aver adottato negli anni una strategia di formazione continua. La Nazionale è formata dai partecipanti alla CyberChallenge.IT che più si sono distinti durante le competizioni nazionali. L’ultima edizione della CyberChallenge.IT si è svolta a giugno negli spazi della Scuola Telecomunicazioni delle Forze Armate di Chiavari (Stelmilit) e ha visto la partecipazione del sottosegretario di Stato alla Difesa Angelo Tofalo e dell’allora ministro della difesa, Elisabetta Trenta.
“La multidisciplinarietà che contraddistingue la ricerca alla Scuola Imt – ha detto il direttore Pietro Pietrini – ci porta a confrontarci quotidianamente con ogni aspetto della vita e della società, in qualsiasi ordine di grandezza, locale o globale, e ci spinge a cercare soluzioni in un’ottica di rete e di sistema. È in questa prospettiva che ospitare da noi i ragazzi della Squadra Nazionale di Cyberdefender, che affronta un argomento di estrema attualità quel è la sicurezza delle infrastrutture, rappresenta per la Scuola IMT un’eccezionale opportunità di approfondimento e una naturale conseguenza del nostro approccio scientifico”.
“Sia dal punto di vista nazionale che commerciale – ha detto invece Rocco De Nicola, professore Imt, direttore del C3T e vicedirettore del laboratorio nazionale di cybersecurity del Cini -, l’Italia sta crescendo sempre di più nell’ambito della sicurezza informatica. Per questo, con un incredibile sforzo collettivo e corale, in Toscana abbiamo realizzato il Centro di Competenza in Cybersecurity Toscano (C3T): eccellenza nazionale del settore, che mette insieme le migliori risorse delle università di Siena, Pisa e Firenze con il Consiglio Nazionale delle Ricerche e la Scuola IMT Alti Studi di Lucca, per svolgere attività di ricerca e di trasferimento tecnologico, oltre che per rendere più sicure e protette le infrastrutture critiche del Paese”, ha dichiarato Rocco De Nicola, professore della Scuola IMT Alti Studi di Lucca e direttore del C3T. “Per noi sono importanti soprattutto la formazione e la diffusione delle conoscenze, per questo la Squadra Nazionale di Cyberdefender si ritira qui da ormai due anni, approfondendo le proprie capacità di difesa informatica, ispirata dalla storia secolare di Lucca città che li ospita”.
Andrea Biondo è il capitano della squara di Cyberse-curity, ha già partecipato ad alcune competizioni con notevoli risultati, indosso porta la maglia team italiano del 2018, e spiega così come si diventa un hacker. “La curiosità di conoscere come funzionano le cose, è la spinta che fa muovere i primi passi in questo mondo, la passione è essenziale e in molti casi si inizia in proprio. La cybersecurity è un lavoro di squadra perché le competenze che si richiedono sono molto ampie, c’è chi è specializzato in sicurezza del web, chi in crittografia e molto altro”, spiega Andrea. “Il Cyberchallenge è un’occasione per condividere queste conoscenze tra vari esperti che fanno parte della squadra, ci confrontiamo sui vari temi della competizione. Per raggiungere questo traguardo abbiamo affrontato più selezioni – racconta il capitano della squadra – da un test online a delle presentazioni in varie sede universitarie”. “Si tratta di una grandissima opportunità, un vero e proprio trampolino di lancio, una base sulla quale costruire delle competenze. La formazione in vista della competizioni prevede sia lezioni pratiche che teoriche su tutti gli argomenti, ci siamo concentrati in particolar modo sui punti deboli e sulle difficoltà che abbiamo riscontrato nella competizione dello scorso anno.” “Oggi – dice Andrea – abbiamo una grande squadra di persone molto competenti e con le nostre qualità puntiamo ad ottenere un ottimo risultato”. Paolo Prinetto, direttore del Laboratorio Nazionale di Cybersecurity del Cini, spiega l’obiettivo di questa competizione: “Per prima cosa, l’obiettivo principale è quello di scoprire talenti in questo ambito, abbiamo avuto un riscontro molto positivo e qui ne abbiamo molti di talenti. La competizione si rivolge a giovani studenti tra i 16 e i 22 anni e il secondo obiettivo è quello di trovare opportunità lavorative nel campo, perché manca la forza lavoro a fronte di una grande richiesta di esperti nel settore”. “Un nuovo argomento introdotto ultimamente nella competizione e al quale abbiamo dato notevole importanza nella preparazione della squadra è il campo hardware (spionaggio, ecc.). L’obiettivo è quello di sensibilizzare il mondo accademico e dare un ruolo alla sicurezza hardware, se si pensa alla quantità di oggetti e dispositivi in via di sviluppo in questo campo, possiamo a nostra volta avere un’idea su quante opportunità ci saranno in più per attacchi diretti”. Raffele Angius, responsabile della comunicazione del Laboratorio Nazionale di Cybersecurity del Cini parla delle differenze tra i così detti “haker buoni e gli “haker cattivi”:
“A livello di competenze non esistono differenze, ma sono enormi le differenze su come vengono utilizzate queste competenze. Un “haker cattivo” cerca la vulnerabilità di un sistema per i propri interessi, questi interessi una volta ottenuti vengono venduti a terzi o inseriti ad esempio nel DarkWeb. Un “haker buono” cerca ugualmente delle vulnerabilità, ma non lo fa per un interesse personale, lo fa per conto terzi mostrando ed evidenziando le falle di un sistema per poterlo migliorare”.
“Nell’ambito della cronaca – dice Raffele Angius – è importante l’archiviazione del GIP di Catania su una querela ad un haker che, dopo aver evidenziato una falla in un sistema ha prontamente informato i responsabili che hanno ignorato la sua email. Un mese dopo l’haker ha divulgato la notizia di vulnerabilità e il giudice ha stabilito che la sua è stata “divulgazione responsabile”, segno che anche la legge italiana inizia a fare differenze tra gli haker”.
Le foto di Paolo Pinori