Studenti a lezione di champagne alla Fondazione Campus

27 novembre 2019 | 16:01
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Studenti a lezione di champagne alla Fondazione Campus
Studenti a lezione di champagne alla Fondazione Campus
Studenti a lezione di champagne alla Fondazione Campus
Studenti a lezione di champagne alla Fondazione Campus
Studenti a lezione di champagne alla Fondazione Campus
Studenti a lezione di champagne alla Fondazione Campus

Gli studenti della Fondazione Campus di Monte San Quirico incotrano l’ambasciatore italiano dello champagne francese, in una lezione dedicata a tutto tondo al più famoso vino del mondo. Protagonisti di questa bella esperienza una selezione di ventinove studenti appartenenti ai corsi di laurea triennale e magistrale in turismo e Leonardo Taddei, delegato della Ais Toscana e Ambasciatore del Bureau di Champagne per l’Italia con l’organizzazione di Maria Giulia Pacini, responsabile per la Fondazione Campus. Il Comité interprofessionnel du vin Champagne che agisce in favore del vino e del territorio nel quale viene prodotto, nella divulgazione e formazione accademica in Italia si appoggia al Bureau di Champagne per l’Italia di cui Leonardo Taddei è vincitore del titolo di ambasciatore dell’anno 2008.

Oggi (27 novembre) nella sala della biblioteca di Fondazione Campuis a Monte san Quirico, si è tenuta la lezione: gli argomenti affrontati sono stati molti, la storia delllo champagne, l’analisi del territorio e dei metodi di produzione del vino e l’incontro si è concluso con la degustazione di quattro bottiglie. La collaborazione con il Bureau ha offerto agli studenti la possibilità di poter parlare di enoturismo e di promozione del territorio attraverso lo studio di prodotti di eccellenza come lo Champagne, che possono rappresentare un esempio per il sistema turistico italiano e più in particolare per quello toscano.
“Il n’est champagne que de la champagne, si dice in Francia, è un motto che vuol dire tutto – spiega Taddei – nel mondo dello Champagne i burocrati, gli organizzatori e tutti coloro che si occupano della produzione, lavorano in maniera coesa per la tutela dei marchi del terriorio tenendo lontano chi si volesse avvantaggiare sfruttando questo nome, ma non offrendo la qualità e la preparazione del famoso vino della tradizione francese”.
Come viene illustrato in questo incontro, il più famoso vino del mondo si avvantaggia di regole molto rigide che lo contraddistinguono da molti altri concorrenti. Il territorio della Champagne si trova nel nord della Francia,vicino a Parigi ed è caretterizzato da un clima con molte precipitazioni e reso rigido dai venti del nord che raggiungono la zona senza incontrarie catene montuose che possano bloccarne e smorzarne il freddo, una condizione metereologica che non è l’ideale per la coltivazione della frutta. Il territorio è abbastanza grande e corrisponde a 34.330 ettari, ha un grande densità  di vigneti concentrati in 280mila parcelle dalle quali è possibile ricavare tantissime uve diverse che producono a loro volta un’enorme quantità di vini differenti, il 4 luglio 2005 la Champagne è diventata patrimonio dell’umanità.
Il 31% delle uve prodotte nella regione appartengono ai vitigni Meunier, un uva tardiva che fa da mariage tra le uve bianche Chardonnay e le uve nere Pinot nero. Il nome “meunier”, significa mugnaio e si riferisce al filo farinoso e biancastro che si posa sulle foglie di vite. Offre morbidezza e fruttuosità al vino donando un profumo che ricorda i frutti gialli (albicocche, pesche).
Altro 31% dei vitigni prodotti nella regione della Champange proviene da viti di Chardonnay, un’uva grecale ed abbondante che dona note floreali, caratterizzando il vino di ùn una fruttuosità che ricorda gli agrumi donando freschezza e acidità.
Il 38% dei vitigni, la parte poco più grande, viene coltivato a Pinot nero, un’uva abbastanza precoce e abbondante, tipica delle montagne di Reims che dona potenza e struttura al vino e ricorda il profumo di frutti rossi (ribes, fragole). L’eccesso di Pinot nero porta lo champagne ad assumere un colore più intenso rispetto al tipico colore trasparente che caratterizza questo vino.
Leonardo Taddei spiega poi agli studenti il metodo di produzione del vino ed in particolare quello chiamato metodo classico (o méthode champenoise), che si caratterizza per una fermentazione in bottiglia e per essere  un processo molto lungo e costoso dal quale è possibile ricavare un numero infinito di variabili e rendere i vari vini prodotti molto differenti tra loro.
Alla presenza di sommelier certificati e con molta esperienza sono illustrate le modalità in cui si apre una bottiglia di champagne e il metodo di degustazione. Una parte pratica che ha visto coinvolti tutti i partecipanti, dagli studenti ai professori che erano venuti ad assistere, cercando di scoprire le varie caratteristiche dei  vini selezionati, sotto la supervisione dell’ambasciatore dello Champagne Leonardo Taddei.
“Alcuni di questi studenti hanno partecipato a corsi di sommelier – dice Taddei – questi corsi hanno lo scopo di colmare un vuoto che molti studenti hanno sull’enogastronomia. L’enogastronomia risulta  indispensabile per il professionista che vuole lavorare nel campo del turismo in Italia, ma anche all’estero dove è sempre più richiesta la presenza di sommelier italiani”.
“A questo incontro hanno partecipato 27-28 studenti dei 300 impegnati nel corso – dice Maria Giulia Pacini responsabile della Fondazione Campus – per  la prima volta abbiamo ospitato questo progetto del Commité Champagne e abbiamo intenzione di rinnovare questa bella esperienza anche negli anni successivi, per offrire la possibilità a molte più persone di avvciinarsi a questa realtà”.
I partecipanti si sono devertiti in questo incontro e hanno dimostrato partecipazione ed interesse: “La lezione mi è piaciuta molto – dice entusiasta Benedetta del scondo anno magistrale – nella mia esperienza lavorativa a contatto con il pubblico presso un hotel lucchese ho imparato che ci sono molti turisti interessati al vino italiano, ai quali consigliavo tour delle tenute locali. Questo piccolo corso diventa anche uno stimolo per proseguire l’attività dei miei genitori che hanno un’azienda agricola dove ho lavorato fin da piccola”.

Articolo e foto di Paolo Pinori