Ex Gesam, residenti pronti a bloccare il via ai lavori





Animata assemblea a San Concordio, i comitati: “Decisi a presentare denuncia alla procura”
Minacciano picchetti per fermare i lavori, denunce alla Procura della Repubblica e manifestazioni in serie, anche al fianco di associazioni di carattere nazionale. Non si placa la rabbia di molti residenti del quartiere di San Concordio che, anche ieri sera (22 febbraio) si sono riuniti per un’assemblea pubblica alla biblioteca di via Urbicciani. L’argomento? Le opere previste con i quartieri social e non soltanto.
A tirare le fila del dibattito, di fronte ad un centinaio di persone accorse per capire cosa si può fare in questa fase, ci sono i referenti dell’associazione Amici del Porto della Formica, dell’associazione culturale Quartiere San Concordio e del Comitato per San Concordio.
Un vertice che serve per amplificare un sentimento diffuso: “Ci sentiamo sfiniti e sfibrati – esordisce Clara Mei – perché le abbiamo provate davvero tutte per fermare questo scempio. Ma non ci fermiamo, continuiamo ad avanzare proposte per fermare i lavori così come sono stati concepiti”.
Nell’occhio del ciclone, come ormai noto, finiscono “progetti devastanti e incompatibili con la salvaguardia dell’ambiente, della natura, della storia e dell’identità dei luoghi. Parliamo – argomentano – di piste ciclabili ormai realizzate che iniziano e finiscono nel nulla, della costruzione di una scuola superflua (a Sorbano del Vescovo, ndr) con consumo di suolo, della soppressione dei parcheggi e dell’artificializzazione delle aree verdi. Tutto questo – specificano ulteriormente – condurrà soltanto ad una paralisi del traffico, all’aumento dell’inquinamento ed al degrado della vivibilità collettiva”.
Il progetto inquadrato come “maggiormente devastante” è quello che afferisce alla ormai celebre “piazza coperta” da realizzare nell’area Gesam. “Il Comune – ricordano associazioni e comitati – ha avuto a disposizione 6 milioni di fondi ministeriali ed ha deciso di utilizzarli per costruire una grande tettoia alta 16 metri e larga 2000 metri quadri. In via Consani, di fronte al Chiesone Gesam, bene culturale vincolato di proprietà comunale che sta andando in malora, e nelle immediate adiacenze dell’antico porto fluviale di Lucca, si ergerà così una costruzione fuori misura, dal gusto discutibile e capace di pregiudicare in modo irreversibile il recupero del Porto. Essa – si precisa – è stata concepita come peso necessario ad impedire che il piano interrato costruito 10 anni fa si sollevi per la sottospinta della falda”.
Le proposte alternative da parte di cittadini e associazioni non mancano: spiccano, sopra ogni cosa, la richiesta di bonifica dell’area inquinata, il recupero delle strutture murarie del porto, il restauro del Chiesone, la riduzione dell’impatto del piano interrato, la destinazione a verde e parcheggi di superficie degli spazi residui e la necessità di non procedere a nuove costruzioni.
Nel frattempo, durante la riunione, la platea rumoreggia: “Dobbiamo fare in modo che il sindaco e il progettista vengano qua a confrontarsi con noi”, propone un residente, mentre dalle associazioni ricordano che “ormai potrebbe essere tardi perché i lavori alla ex Gesam sono stati appaltati. Peraltro – si attacca – la ditta ha vinto la gara con quella che per noi è un’anomalia evidente, ovvero un eccesso di ribasso. Tuttavia il contratto non è ancora stato firmato: stiamo verificando se esistono appigli giuridici per bloccare tutto”.
I cittadini lamentano, in particolare, “la mancanza di confronto e condivisione su un progetto così impattante per il quartiere”. Clara Mei ricorda che “nel corso dell’ultimo anno abbiamo fatto tre petizioni, raccogliendo 1800 firme. Ci hanno ascoltato, per ora, solo per la ‘montagnola’ davanti a piazza Aldo Moro, mentre sulla nuova scuola e sulla piazza coperta non ci hanno nemmeno considerato. Il perché è palese: quei progetti per loro sono immodificabili. Farlo, secondo il loro punto di vista, significherebbe perdere un finanziamento da 6 milioni di euro. Ci siamo fatti sentire – conclude – anche in Consiglio comunale, ma non è servito a nulla”.
Le associazioni aggiungono inoltre di aver chiesto a più riprese un tavolo di confronto con l’amministrazione comunale, “ma non ce l’hanno concesso ed all’unica riunione fatta ci hanno definito retrogradi e poco aperti al cambiamento”.
Secondo un altro anziano residente – racconta di aver fatto le scuole elementari proprio in quella che oggi è la biblioteca del quartiere – la mancanza di consiglieri comunali all’incontro “è un bruttissimosegno”, mentre altri provano ad “evocare” la figura dell’assessora Serena Mammini: “Eppure anche lei vive qui, come può approvare tutto questo?”, ci si chiede.
“Quelli che oggi sono al governo della città – soggiunge ancora Mei – noi li abbiamo votati con convinzione già dal 2012. Ci avevano promesso che non avrebbero fatto lo ‘Steccone’ e che avrebbero recuperato il vecchio porto che, ricordo, è stato inserito tra i 25 monumenti identitari della città. Non hanno mantenuto le promesse – attacca – e ci hanno detto che andranno avanti con i lavori, avvertendoci che, nel caso non siamo soddisfatti, la prossima volta non li voteremo”.
Ulteriori residenti evidenziano come il porto “faccia parte del nostro patrimonio, quindi potremmo pensare ad una denuncia alla procura della Repubblica, visto che verrà interamente coperto e l’unica cosa che rimarrà sarà una semplice targa in memoria”. Tra le ulteriori proposte emerge anche la possibilità di rivolgersi ad associazioni di portata nazionale come Italia nostra e Wwf, ma anche a fondazioni private che intendano prendere a cuore questa battaglia. Che, a questo punto, sembra tutto fuorché vicina al suo epilogo.