Centro storico, l’appello di un ristoratore al sindaco: “Basta aspettare, riorganizziamoci insieme”

Un invito alla collaborazione tra istituzioni e categorie per progettare la ripartenza
Uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi, dovuta al lockdown ma anticipata dal precedente calo di turismo, è quello della ristorazione. Un commerciante del centro storico, Massimo Micheli, proprietario di alcune attività in piazza Anfiteatro attualmente chiuse dal decreto governativo, invia così una lettera aperta al sindaco di Lucca Alessandro Tambellini a nome della categoria. Un appello alla ripartenza nel pieno rispetto della salute di lavoratori e cittadini, una richiesta per mettere in campo idee e programmi condivisi cuciti addosso alla situazione, alla città e alle esigenze del settore.
“Non starò qui a raccontarle il disastro economico che la mia categoria sta subendo, in una città dove il turismo era una delle risorse maggiori – scrive il commerciante -. E non starò nemmeno a dirle che non c’è stato bisogno del lockdown per abbassare la saracinesca. Anche febbraio, con quello che già stava accadendo al nord Italia, è andato praticamente perduto. Io sono qui a scriverle per farle delle proposte, per farle sentire la voce di un piccolo imprenditore che ha bisogno di essere ascoltato, che ha innanzitutto bisogno di sapere che voi, come amministratori, ci siete. Con fatti concreti. E’ vero, il lockdown è stato imposto dall’alto e dall’alto lo toglieranno, ma Lucca, la nostra città, può elaborare idee e proporre soluzioni, modelli, spunti per una ripartenza in sicurezza, con il massimo delle garanzie sanitarie possibili per i lavoratori, clienti e per i cittadini tutti, perché con questo virus dovremo convivere, almeno fino a quando non si troverà un vaccino. E non si può rischiare una nuova ondata di contagi”.
“Non possiamo però nemmeno star fermi ad aspettare la riapertura, perché anche quella andrà attentamente programmata a seconda del tipo di tessuto industriale e commerciale, diverso per ogni territorio italiano – va avanti il ristoratore -. Questa fase due, la fase della ripartenza, deve poter riguardare tutti. Non limitiamoci a stabilire chi aprirà e quando basandoci solo sul codice Ateco. Pensiamo al come riaprire, a come garantire la sicurezza dei lavoratori, a come organizzare un nuovo modo di lavorare. Sono io a scriverle, ma le porto i sentimenti e le speranze di molti commercianti della mia categoria. Siamo disposti a mettere in campo tutto, anche le risorse che, al momento, non saprei nemmeno dove trovare, ma ci ingegneremo, troveremo delle soluzioni, metteremo gel disinfettante agli ingressi, ci doteremo di guanti e mascherine, faremo ingressi scaglionati, prenderemo prenotazioni telefoniche per non creare assembramenti, sanificheremo i locali tutti i giorni o anche due volte al giorno”.
“Guadagneremo meno, molto meno, ma intanto avremo la dignità di poter lavorare, di tornare a dare lavoro ai nostri ragazzi e torneremo a esser fieri di dare una mano a tutto il sistema del Paese che cerca di rialzarsi – prosegue il commerciante -. Ma per fare questo dobbiamo avere delle direttive chiare e precise. Ogni attività ha le sue caratteristiche. Garantire la sicurezza deve tener conto di queste specificità. Mettiamoci al lavoro subito, tutti: istituzioni, categorie, singoli commercianti, i dipartimenti di prevenzione delle strutture sanitarie e stabiliamo insieme quali sono le necessità e i passi da fare. Mettiamo in campo tutto l’ingegno e la volontà possibile, elaboriamo delle idee da avanzare e facciamoci promotori di proposte serie e concrete alla Regione. Non lasciateci chiusi ad aspettare che piova qualcosa dall’alto. Siamo imprenditori. Abbiamo le maniche della camicia arrotolate. Non è nella nostra natura stare fermi ad attendere che qualcosa si muova, piangendo su ciò che abbiamo perduto. Riorganizziamoci insieme, come fa una comunità forte e coesa, che ha ben presente che siamo tutti interconnessi e che ce la faremo solo se uniti“.