“Stop dad e classi pollaio”, Cobas in piazza. Buonriposi: “Nessun taglio di cattedre”

26 marzo 2021 | 14:20
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“Stop dad e classi pollaio”, Cobas in piazza. Buonriposi: “Nessun taglio di cattedre”
“Stop dad e classi pollaio”, Cobas in piazza. Buonriposi: “Nessun taglio di cattedre”
“Stop dad e classi pollaio”, Cobas in piazza. Buonriposi: “Nessun taglio di cattedre”
“Stop dad e classi pollaio”, Cobas in piazza. Buonriposi: “Nessun taglio di cattedre”
“Stop dad e classi pollaio”, Cobas in piazza. Buonriposi: “Nessun taglio di cattedre”
“Stop dad e classi pollaio”, Cobas in piazza. Buonriposi: “Nessun taglio di cattedre”

Davanti all’ufficio scolastico manifestazione di docenti e personale Ata

Classi pollaio e stop con la didattica a distanza. Sono questi i principali motivi, ma non i soli, che hanno portato questa mattina (26 marzo) a scendere in piazza Guidiccioni di fronte all’ufficio scolastico provinciale circa 70 tra docenti, Ata, studenti e genitori in occasione della giornata di sciopero e mobilitazione generale del mondo della scuola lanciata da Cobas Scuola con l’appoggio del comitato Priorità alla Scuola. Una questione è sorta in merito alle cattedre previste per il prossimo anno scolastico.

A chiarire il punto è la dirigente dell’ufficio scolastico stessa Donatella Buonriposi: “La notizia circa un fantomatico taglio di 43 cattedre è priva di fondamento. Lo scorso anno che la situazione era effettivamente grave, non ho visto nessuno di questi signori a protestare o a confrontarsi con l’ufficio scolastico. Nessuno ha parlato di ulteriori tagli. Il taglio delle 43 cattedre purtroppo risale allo scorso anno. Stiamo lavorando proprio in questi giorni alla definizione dell’organico del prossimo anno scolastico e posso dire di essere fiduciosa non solo del fatto che non ci saranno ulteriori tagli ma che proprio a compensazione di quelli fatti l’anno scorso potremmo puntare ad avere qualche rinforzo in più”.

Pronta la replica dei Cobas: “Non abbiamo mai sostenuto che ci saranno anche nel prossimo anno scolastico tagli per altre 43 cattedre, ma che – come è correttamente riportato nel nostro comunicato – il taglio di 43 cattedre subito l’anno scorso è diventato strutturale e non sarà recuperato. Questo è quanto ci hanno comunicato i funzionari dell’Usp presenti all’incontro, in seguito alla nostra richiesta di spingere per recuperare almeno quelle cattedre perse l’anno scorso, con una forte penalizzazione della provincia di Lucca (43 cattedre su  90 tagliate in tutta la Toscana). Inoltre, è paradossale che la dottoressa dichiari a proposito dell’anno scorso: ‘non ho visto nessuno di questi signori a protestare o a confrontrasi con l’ufficio scolastico’. Infatti , l’anno scorso abbiamo organizzato ben tre riusciti presidi in piazza Guidiccioni il 23 maggio, il 9 giugno e il 25 giugno; in particolare, il 9 giugno alla fine del presidio avemmo un incontro on line proprio con la dott.ssa Buonriposi e inoltrammo all’Usp e all’Usr una petizione con 300 firme, in cui chiedevamo il ritiro dei tagli, la riduzione del numero degli alunni per classe, l’assunzione dei precari e interventi sull’edilizia scolastica, esattamente come abbiamo fatto oggi. Infine, non  abbiamo mai chiesto il protenziamento della dad e della digitalizzazione, ma il ritorno alla scuola in presenza (che è l’unica vera scuola) e un uso critico e attento delle nuove tecnologie”.

Il sindacato sceso in piazza a Lucca ha fatto precise rivendicazioni. “Sia nell’assemblea in piazza che nell’incontro col dottor Di Leo dell’Usp di Lucca – spiegano i rappresentanti di Cobas Scuola – sono state ribadire le seguenti rivendicazioni per una radicale reimpostazione del Recovery Plan per la scuola: eliminazione delle classi pollaio riducendo a 20 il numero massimo di alunni per classe (15 in presenza di alunni diversamente abili); assunzione tramite concorsi per soli titoli dei docenti con 36 mesi di servizio e degli Ata con 24 mesi; investimento massiccio nell’edilizia scolastica, sia per reperire nuovi spazi che per garantire la sicurezza e la riduzione dell’impatto ambientale”.

“Purtroppo – si spiega – il dottor Di Leo ha confermato che il Miur sta dando indicazione di formare le classi con la normativa pre-pandemia rendendo strutturale il taglio di 43 cattedre in provincia di Lucca che c’è stato la scorsa estate. È assurdo che si continui ad applicare la riforma Gelmini per la formazione delle classi che fu prodotto in un periodo di austerità.  I manifestanti hanno inoltre rilevato che il governo Draghi nonostante le dichiarazioni iniziali abbia confermato la scelta di chiudere per prime le scuole, a differenza di molti altri Paesi europei che hanno invece garantito la frequenza in presenza in misura molto più significativa”.

“Chiediamo – tuona il sindacato – che sia garantita la scuola in presenza almeno al 50% alle superiori e in toto negli altri ordini di scuola, salvo lockdown totale. La dad sta provocando un incremento dell’abbandono scolastico ed effetti negativi sia a livello psicologico che di apprendimento. Senza dimenticare che la scuola, come emerso anche nell’incontro coi rappresentanti dell’Usp, si è dimostrata, grazie al lavoro del personale e all’attenzione degli studenti nel rispettare le misure anti-contagio, uno dei luoghi più sicuri.  Infine i manifestanti hanno richiesto il ritiro del recente accordo che limita ulteriormente il diritto di sciopero nella scuola e l’abbandono di qualsiasi progetto di autonomia regionale differenziata”.

“Abbiamo pensato parecchio prima di indire uno sciopero, ma in questo momento che si stanno prendendo decisioni politiche, in particolare sul Recovery Plan, si aprono prospettive per l’investimento sulla scuola pubblica – dice Rino Capasso del Cobas -. Si sta investendo nella digitalizzazione ma la dad sta trasformando il docente in un banale facilitatore. Il ruolo importante della scuola, invece è quello di trasmettere capacità cognitive, di analisi e di sintesi, l’obiettivo è di elaborare uno spirito critico. Ciò non è compatibile con la dad”.

La protesta continua con la richiesta di ridurre a 20 il numero massimo di alunni per classe e a 15 in presenza di un alunno diversamente abile, in modo da garantire maggiore efficacia nella didattica. “Attualmente alcune classi di scuole superiori sono composte anche da 27/28 alunni. Solo cercando di snellire il numero di studenti è possibile mantenere unito il gruppo classe e dare più spazio all’educazione e alla formazione di ognuno di loro. Il neo ministro Bianchi, invece, parla di rottura di gruppo classe basata sulla creazione di diversi livelli”.

Un altro tema toccato è quello della condizione dei precari. Il prossimo anno il tasso dei precari sarà elevato: secondo il sindacato ci saranno 230mila cattedre vacanti e la soluzione che propone il Cobas è assumere i docenti che abbiano almeno 36 mesi di servizio. “Il problema è molto sentito e noi stiamo perdendo il coraggio”, dice un’insegnante di una scuola superiore. “Se c’è un problema chi lo può risolvere è il Governo. Un precario prossimo all’insegnamento, non ha idea per quante ore e quali materie andrà ad insegnare. È disorientato. Se le graduatorie uscissero a giugno, un neoprofessore riceverebbe il giusto preavviso e avrebbe la possibilità di prepararsi meglio per l’insegnamento.”

Un’altra richiesta riguarda l’edilizia scolastica. “La maggior parte degli edifici scolastici è fatiscente e risale a prima del 1975 – riprende Capasso–. Molti di essi infatti non rispettano le normative antisismiche e antincendio. Richiediamo un intervento urgente: vanno cercati nuovi spazi per il prossimo anno, ma è importante anche pensare ad una ristrutturazione per un futuro meno immediato, cercando di ridurre l’impatto ambientale”.

Tornando a parlare della didattica a distanza, i rappresentanti della protesta contestano al nuovo Governo, nonostante i proclami iniziali, di continuare la politica sulla scuola del Governo Conte. “La scuola è quella che nuovamente ha sofferto di più. Deve essere l’ultima a chiudere, come in Francia, non la prima. In Francia hanno perso 40 giorni di scuola, in Italia più di 90. Il problema della dad è stato compreso dal Governo, che ha capito, proponendo l’allungamento dell’anno scolastico, che la dad ci ha fatto perdere tanti giorni di scuola. Però i docenti hanno lavorato duramente anche durante quei giorni. Dunque la nostra proposta non è di prolungare l’anno scolastico, ma di istituire corsi di recupero retribuiti e svolti dai docenti disponibili o affidati al personale esterno. La scuola è un servizio pubblico essenziale e la dad non è vera scuola”. Inoltre si polemizza anche su altre decisioni del governo, citando una dichiarazione del sindaco di Bari Decaro, che in occasione del decreto che consentiva l’asporto di bevande dopo le 18 ha detto: “Si chiude la scuola e si apre la movida, così non va”.

Il problema della dad coinvolge anche i manifestanti, tra cui un’ex insegnante della scuola elementare di Santa Maria del Giudice, Roberta Bianchi, che interviene dicendo: “La dad non è la soluzione di tutti i mali. È stata utile durante il primo lockdown, in una situazione d’emergenza. Ma ora è assolutamente da rigettare. I ragazzi stanno vivendo situazioni di grande disagio, hanno bisogno di stare insieme e di condividere”. La richiesta dei manifestanti è di tornare al più presto ad aprire al 50% le scuole superiori, mentre al 100% le medie, le elementari e gli asili.

Il tema politico non si esaurisce con i problemi legati alla dad. Infatti viene bocciato il progetto di legge sull’autonomia differenziata delle regioni, grazie al quale esse avrebbero competenza esclusiva su diverse materie. Si sottolinea che è impensabile che in Italia le 20 regioni possano avere sistemi sanitari o scolastici ognuno diverso dall’altro. “L’assurdità di questo progetto si vede anche dalla disastrosa gestione delle regioni sui temi centrali di questa situazione di pandemia”, dice Rino Capasso.

È intervenuto anche un professore precario, al terzo anno di supplenza, Matteo Masini, che ha affrontato il tema del precariato, ma non solo: “Abbiamo chiesto l’annullamento delle prove in presenza del concorso straordinario dedicato ai docenti in servizio almeno da 3 anni per favorire la loro stabilizzazione. Loro mandano avanti la scuola italiana, – continua Masini – ma non gli vengono riconosciute le competenze sul campo. Bisogna aprire un doppio canale per la stabilizzazione dei precari: uno per i neolaureati, tramite concorso, e uno tramite graduatoria per i precari con almeno 36 mesi di servizio, riconoscendo loro le competenze acquisite”. La manifestazione accusa anche alcuni ritardi nei pagamenti degli stipendi, con circa l’80% degli insegnanti e del personale Ata che ha atteso gli stipendi di ottobre fino a gennaio.

La protesta si conclude anche con un cenno sugli studenti, spesso accusati di essere irresponsabili. Non è così per i manifestanti, tra cui lo stesso Masini: “Bisogna sfatare il mito che gli studenti sono veicolo di contagio, anzi, si sono dimostrati molto attenti. Non bisogna attaccare sempre i giovani come i più responsabili del contagio, poiché le fonti sono altre e le percentuali di contagio a scuola sono basse. Bisogna portargli rispetto per il loro impegno e la loro attenzione. Vivono sulla loro pelle le gravi conseguenze di un anno difficilissimo”.

(Foto di Alessandro Rosi)