Caccia agli ungulati, la Lav di Lucca dice no: “Ci sono alternative”

17 maggio 2021 | 07:52
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Caccia agli ungulati, la Lav di Lucca dice no: “Ci sono alternative”

Testi e Franceschini: “Con la pandemia abbiamo toccato con mano quanto il paradigma antropocentrico sia distruttivo e insensato”

Caccia agli ungulati, la Lav di Lucca dice no. Lo fa con un lungo intervento a firma di Chiara Testi ed Elena Franceschini,

“Il “far west” è qui – si legge nella nota – La pandemia da Covid19 sembra averci insegnato ben poco e soprattutto si continua ad ignorare, per non dire “snobbare”, quello che la natura ci chiede a gran voce: il rispetto, la tutela dell’ambiente e di tutti gli esseri senzienti, proprio per salvaguardare noi stessi dal collasso ecosistemico dell’Antropocene. Dove è finita la coerenza? Come possiamo pensare di portare avanti battaglie di civiltà su vari fronti, mentre si continua ad opprimere e sterminare le altre creature terrestri?  In questo quadro emergenziale, ove gli esperti ci mettono in guardia per il pericolo di una sesta estinzione di massa, la Regione Toscana decide, pensando di fare scelte razionali in realtà del tutto illogiche, anti-scientifiche, anti-ecologiche ed anti-etiche, che si possano imbracciare i fucili e posizionare le gabbie, dando così inizio alla mattanza“.

“L’“emergenza” cinghiali però (“creata – come sostiene una nota giornalista televisiva d’inchiesta – dall’incapacità tutt’altro che casuale delle Regioni e dei ministeri”) – dicono Testi e Francewschini – che vedrebbe le colture rovinate dall’avvicinarsi degli ungulati, si protrae ormai da anni e non è mai stata risolta premendo il grilletto; la caccia, piuttosto, non ha fatto altro che amplificare il problema. A riprova di ciò e nonostante la stessa venga praticata da anni, il numero degli esemplari non è mai diminuito; e cresce, anzi, proprio laddove si faccia maggiore ricorso agli abbattimenti. Agli inizi del secolo scorso il cinghiale era presente solo in poche zone d’Italia, ma il numero è progressivamente aumentato a partire dagli anni Cinquanta; e non certo per cause naturali, ma proprio grazie alla mano dei “sapiens”.  In particolare sono stati introdotti ungulati importati dall’Est Europa, per fini venatori e scopi alimentari. Esemplari di taglia più grande di quelli locali e capaci di riprodursi più frequentemente. A ciò si aggiunga la “cattiva pratica” umana del foraggiamento delle potenziali prede, per attirare gli animali da cacciare”.

“Secondo gli etologi, le cui opinioni sono suffragate da solidi dati scientifici – prosegue la nota – questi animali sono organizzati in gruppi matriarcali e l’uccisione degli esemplari femmina porta alla distruzione dell’organizzazione del branco.  La destrutturazione sociale dei gruppi, secondo diversi studi scientifici condotti anche in Francia e in Svizzera, agevola la riproduzione delle altre femmine, per l’esigenza di ripopolare le fila di una specie che ovviamente si percepisce minacciata. Se la matriarca viene uccisa, altri esemplari vanno in calore e come conseguenza ne deriva un sovrannumero di cuccioli. Lo sterminio dei cinghiali innesca pertanto un vizioso circolo riproduttivo, al servizio degli interessi del business della carne di cinghiale (per non dire di quello delle armi), venduta spesso in nero. Per non parlare poi del rischio zoonosi, derivante dal contatto umano con le carcasse degli animali“.

“Forse ci si dovrebbe chiedere come mai gli animali selvatici si siano sempre più frequentemente avvicinati ai centri abitati e alle colture – dicono dalla Lav – si dovrebbe indagare più seriamente sulle cause del fenomeno, per arrivare a comprendere come gli esseri umani abbiano dapprima sterminato i loro predatori naturali (soprattutto i lupi) e poi invaso gli habitat dei selvatici, senza porsi il problema delle inevitabili conseguenze. Abbiamo toccato con mano (e ancora ci siamo dentro), in tutta evidenza ed inequivocabilmente, come il paradigma antropocentrico sia distruttivo ed insensato. Facciamoci altresì qualche domanda sul fatto che al giorno d’oggi si possa detenere un’arma e sparare liberamente, con possibilità di mettere a rischio l’incolumità delle cittadine e dei cittadini che si trovino a passeggiare per godersi la natura, o a correre nel verde”.

“Non è chiaro – dicono ancora – quante persone siano state uccise dai cinghiali in Italia (animali prevalentemente erbivori, non predatori), ma sono certi ed allarmanti i dati forniti dall’Associazione vittime della caccia: nel 2019 sono state 91 le vittime umane causate dall’attività venatoria, con 7 morti e 15 feriti tra i non cacciatori; per un totale, in Italia, di 27 morti e 64 feriti.  E poi, chi svolge e come si controlla il posizionamento delle gabbie? Come rispondere alla domanda se queste possano o meno costituire un pericolo anche per altri animali? Ricordiamo, inoltre, come le cartucce rilasciate nell’ambiente siano a tutti gli effetti dei rifiuti e dunque materiale inquinante, per la plastica con cui sono realizzate e per il piombo delle munizioni, che possono rendere tossici terreni e falde acquifere (piombo che va a depositarsi nei tessuti di cervello, fegato e reni di esseri viventi umani e non umani)”.

Le alternative? – concludono – Certamente esistono e merita elencarne alcune: l’installazione di recinti elettrificati a protezione delle colture, il foraggiamento dissuasivo e soprattutto le sterilizzazioni, ampiamente praticate negli Usa e in Inghilterra (grazie all’impiego di farmaci specifici e riproducibili sotto forma di mangimi).  Occorre al più presto optare per un approccio biocentrico e antispecista, che induca l’essere umano ad inserirsi consapevolmente e necessariamente come parte di un equilibrio più ampio, uscendo da logiche egoistiche ed inefficaci e coltivando l’empatia ecologica: unico atteggiamento che possa contrastare un destino, ampiamente prevedibile e preannunciato, di distruzione del pianeta. La patologica interrelazione di tutte le forme di oppressione è ormai evidente; ed è ormai chiaro che non può esserci giustizia sociale senza giustizia ambientale. Mentre nel Regno Unito la regina Elisabetta annuncia misure a tutela di tutti gli animali ( e non soltanto dei nostri amici domestici, cani e gatti) in Toscana si preferisce, al contrario, continuare a sparare”.