Raccolta degli abiti usati nei cassonetti gialli: non vanno in beneficenza ma vengono venduti. La cooperativa che li gestisce paga 56mila euro l’anno






Sono sotto accusa perché creerebbero degrado. Dal 2023 si cambia e si passa al porta a porta o al conferimento nei centri di raccolta
In futuro sarà “porta a porta” il servizio di raccolta degli abiti usati, ma non prima del 2023.
I “cassonetti gialli” in molti Comuni italiani, come Lucca, sono gestiti da cooperative private, a seguito di regolari gare d’appalto. Ma c’è da fare chiarezza sulla questione, per via di alcune errate percezioni dei cittadini che risultano forse indotte anche da alcune omissioni o dimenticanze o altro.
A Lucca a seguito di una lamentela la Caritas diocesana aveva chiarito che nulla avevano a che fare con la raccolta degli indumenti usati.
Questo perché in città ancora in molti pensano, erroneamente, che dietro il servizio di raccolta ci sia l’ente assistenziale a scopi benefici. In realtà si tratta di una legittima gara d’appalto bandita da Sistema Ambiente nel 2018 che aggiudica alla cooperativa romana R.a.u. srl il servizio di raccolta dei circa 90 cassonetti gialli presenti in città, a 56mila euro l’anno più Iva.
La cooperativa, come da contratto, poi provvede a portare e rivendere il materiale a Santa Maria Capua Vetere al centro di stoccaggio Used Italian Texstile. Un meccanismo economico, assolutamente regolare e legale, in cui guadagnano tutti: il Comune, la cooperativa R.a.u. e il sito di stoccaggio che provvede poi a rivendere gli abiti in tutto il mondo. Un egregio servizio di smaltimento e riciclaggio di questa tipologia di rifiuti, tessili appunto, che in termini ambientali e economici risulta più che positivo.
Sistema Ambiente, sempre in estate, ha fatto sapere che “ritiene che il passaggio al porta a porta andrebbe a limitare i costi di rimozione dei rifiuti attualmente in essere e a eliminare le situazioni che inducono all’abbandono indiscriminato di sacchetti in zone non controllate”.
Ma tutto ciò non ha niente a che vedere con beneficenza, carità e volontariato. L’equivoco a Lucca, e in altre città italiane, nasce un po’ dalle precedenti gestioni del servizio, un po’ dalla poca chiarezza del Comune e di Sistema Ambiente a livello comunicativo e mediatico, ma in gran parte da ciò che si legge sul sito di R.a.u.: “Recuperare gli indumenti usati è importante sia per l’impatto ambientale che produrrebbero se buttati in discarica, sia per i popoli del terzo mondo. Partecipa anche tu a questa missione. Richiedi i cassonetti gialli per la raccolta dei vestiti usati nel tuo Comune o nella tua parrocchia”.
Ma la cooperativa non può garantire nulla di quello che scrive perché gli abiti usati di Lucca depositati dai cittadini nei cassonetti gialli vengono praticamente acquistati, a seguito di appalto, e portati e rivenduti a un sito di stoccaggio campano, che a sua volta rivende gli abiti, come si evince dal sito web. Dove si legge nella sezione Il ciclo di vendita: “RauStore è la nuova startup della filiera vintage e seconda mano che si occupa di vendita online e offline”.
Nel Lazio il Tar ha multato alcune ditteche sui loro cassonetti ammiccavano a opere di beneficenza non chiarendo che si tratta invece di una dinamica di tipo economico, pregevole e regolare ma a scopo di lucro. La cooperativa R.a.u. non è rientrata in queste multe ma ha un contenzioso aperto al Tar del Lazio a seguito di estromissione dal una delle gare. Sui cassonetti a Lucca non c’è nulla che accenna a beneficenza, come sul sito web, ma non è chiaro nemmeno che si tratta di vendita.
Di questo si occuperà domenica mattina alle 9 la nota trasmissione delle televisione pubblica Mi manda Rai 3 che è arrivata nei giorni scorsi in città intervistando, il sindaco Tambellini, i vertici locali di R.a.u. e alcuni volontari Caritas diocesana che hanno preso le distanze, per l’ennesima volta, dalla leggenda metropolitana “i cassonetti Caritas” che invece come detto sono in gestione privata a scopo vendita con un servizio perfettamente legale e anche con riverberi certamente positivi nel ciclo smaltimento rifiuti in generale.
Ma in attesa che si passi al “porta a porta” a Lucca, e in attesa di capire anche le modalità, il Comune o Sistema Ambiente potrebbe chiedere a R.a.u. di chiarire sul sito e sui cassonetti che non si tratta di beneficenza o carità. I cittadini lucchesi proseguano, se vogliono, perché non è obbligatorio, a depositare gli abiti usati nei cassonetti gialli ma con la consapevolezza che la beneficenza non c’entra assolutamente nulla.
Scriveva secoli fa Quintiliano: Orationis summa virtus est perspicuitas, la più grande virtù del discorso è la chiarezza.