Caritas, 2171 richieste di aiuto nel 2021: la povertà è donna, giovane e italiana
Presentato questa mattina (7 aprile) il dossier sulle storie emerse dai centri di ascolto dislocati sul territorio
“Stare dall’alba alla sera in giro nelle città senza una meta fa andare fuori di testa. Arrivi alla fine del pomeriggio e tra un po’ non ricordi nemmeno il tuo nome”. Di storie, come quella di Mario o di Alessia, ne è piena anche la nostra città. A raccoglierle è il rapporto sulle povertà e le risorse nella Diocesi di Lucca, Perché nulla vada perduto, realizzato anche quest’anno dalla Caritas grazie alle esperienze di vita ospitate nei centri di ascolto dislocati sul territorio: 2171 nel 2021. ‘Solo’ 138 in più rispetto al 2020, più 903 in confronto a dieci anni fa. Queste voci, in maggior parte al femminile, rappresentano però i bisogni e le richieste di interi nuclei familiari: il 60 % delle donne che chiede aiuto ha figli, nel 72 per cento dei casi più di due. Un quadro che nel suo complesso immortala migliaia di persone, in provincia, sotto la soglia della povertà e un’infanzia sommersa che ha bisogno di essere salvata.
A acuire una fotografia già allarmante è stato certo il biennio pandemico, che si è insediato laddove già preesistevano condizioni di precarietà, incidendo sulle altre facce dell’emergenza: quella abitativa, quella occupazionale e quella relativa alle spese per la salute (aumentate del 4,65%). Emergenza che rischia di aggravarsi ulteriormente nei prossimi anni, con l’arrivo dei profughi ucraini che sul medio-lungo periodo, dovranno (se vorranno) essere integrati in pianta stabile. La casa rappresenta infatti, come emerge dai racconti delle persone prese in carico da i centri di ascolto, una voce di spesa sproporzionata rispetto alle entrate mensili, anche per quel 18,70% che un’occupazione ce l’ha. In questo senso, a tamponare i bisogni primari di storie, come quella di Mario, ci ha pensato il Reddito di cittadinanza.
“Trecento euro non bastano per togliere una persona dalla strada – spiega la sociologa Elisa Matutini che da anni analizza ed elabora i dati dei Cda Cartitas – ma possono contribuire a ridare dignità a un uomo, una donna o una famiglia”.
È anche grazie a questo strumento che rispetto allo scorso anno si è infatti dimezzato il numero delle persone che vivono in una condizione di grave povertà oppure che sono senza reddito. Allo stesso tempo, però, è aumentato il numero di soggetti con un reddito inferiore alle normali esigenze del contesto familiare, dove per normali si intende un tetto, cibo e vestiti.
Chi si rivolge ai centri di ascolto?
Per il primo anno gli italiani che si sono rivolti ai centri di ascolto hanno superato gli stranieri, confermando un trend che va avanti ormai da diversi anni. A conferma che la povertà non guarda ai paesi di provenienza. Nel 2021 sono stati accolti 1141 italiani e 1030 stranieri, sul totale 1209 femmine (680 italiane e 529 straniere) e 962 maschi (501 stranieri e 461 italiani).
“Questo non significa che la condizione dei migranti è migliorata ma che la pandemia ha aggravato tutte le situazioni di precarietà. Spesso sono poi le donne – spiega la sociologa Matutini – a fare le veci delle richieste dell’intero nucleo familiare. In più, nonostante stiano aumentando le richieste d’aiuto da parte delle italiane, in molti casi c’è ancora il timore del giudizio comune e molte famiglie preferiscono farsi aiutare in loco dalle parrocchie. Delle 2171 persone incontrate il 28,3 per cento sono arrivate ai Cda per la prima volta nel 2021, ma abbiamo anche molti casi in cui la povertà si è cronicizzata con persone seguite da anni dai volontari, o addirittura di ritorni dovuti per esempio alla perdita dell’occupazione, motivo attorno al quale ruotano le carriere di fragilità, logicamente connesse al sistema di welfare”.
Se guardiamo alla distribuzione per età delle persone ascoltate, il 64,3% ha un’età compresa tra i 25 e 54 anni (+3% rispetto al 2020). Il 75% sono persone inserite all’interno di nuclei familiari in cui sono presenti figli minori. Le persone straniere, come sempre, sono più giovani di quelle italiane, infatti con più di 65 anni il 13,7% sono italiani e il 12,9% sono stranieri. Rispetto alla posizione lavorativa, il 66,19% delle persone dichiara di essere disoccupata (circa il 10% in più rispetto allo scorso anno). Diminuisce sensibilmente il numero delle persone occupate che passa dal 23,5% al 18,70%.
“Le donne incontrano maggiore difficoltà rispetto agli uomini nel trovare un’occupazione all’interno del mercato del lavoro e successivamente a conservarla nel tempo – spiega ancor Matutini -. Come ogni anno un focus di attenzione specifico deve essere fatto per le condizioni di lavoro delle persone migranti: per una parte consistente di questi soggetti l’esercizio dell’attività lavorativa, già in precedenza non facile, è diventato ancora più complesso. I dati raccolti nei CdA della Diocesi ci dicono che oltre il 70% delle persone incontrate con alle spalle un percorso migratorio non svolge alcuna attività lavorativa. Gli occupati stranieri con reddito insufficiente sono più numerosi rispetto ai cittadini italiani (21,65% contro il 16,4%). Le persone che percepiscono una pensione sono il 7,05% del totale e nella grande maggioranza dei casi sono donne anziane italiane“.
Il problema della casa
Sebbene tutte i problemi relativi alla povertà siano connessi, una delle questioni che più emerge dai racconti raccolti dai Cda Caritas è il disagio abitativo. Da un lato crescono le difficoltà connesse al pagamento del canone di locazione e delle utenze: un quadro che è destinato ad aggravarsi nei prossimi mesi, in assenza di ulteriori interventi, a causa dello sblocco degli sfratti e del rincaro delle utenze domestiche. Dall’altro lato c’è un numero crescente di persone, anche italiane, che si rivolge ai CdA senza un alloggio o con un alloggio di fortuna (8,38%), oppure con sistemazioni abitative fortemente instabili presso amici e familiari (9,16%). Le collocazioni abitative legate all’attività professionale complessivamente sono 24 e nella quasi totalità dei casi interessano persone straniere. Anche le sistemazioni più precarie alcune volte coinvolgono nuclei familiari con al loro interno minori. Riesce a fare affidamento sulla casa di edilizia popolare il 12,98% delle persone incontrate e solo il 10,69% riferisce di avere una casa di proprietà.
Emergenza Ucraina
Sebbene il dossier Caritas si riferisca al 2021 e quindi non tenga conto dei nuovi flussi migratori in arrivo dall’Ucraina è inevitabile immaginare che questi numeri si aggraveranno ulteriormente con l’arrivo dei profughi, che nel medio periodo (almeno coloro che decideranno di rimanere) avranno bisogno di integrarsi e accedere al bene “casa”. Nel frattempo la Diocesi di Lucca attraverso Caritas Diocesana ha subito messo in campo un’accoglienza diffusa in attesa che le persone arrivate possano al più presto entrare nei circuiti istituzionali garantiti dalle autorità pubbliche. Sono 270 i soggetti privati (semplici privati, istituti religiosi, parrocchie) che hanno messo a disposizione un’abitazione. Accanto a questo, la generosità si è espressa anche con donazioni di beni di prima necessità e poi in denaro tramite bonifico bancario (causale Ucraina) a Banco Bpm che ad oggi ammonta a 49,792 euro (Iban: IT41 O05034 13701 000000158569). Al momento gli accolti dalla Diocesi sono 200 di cui 98 minori.
“Lo abbiamo visto con l’Ucraina ma già avevamo avuto i primi importanti segnali con la pandemia – hanno concluso l’arcivescovo Monsignor Paolo Giulietti e don Simone Giuli, vicedirettore Caritas Diocesana di Lucca-: la risposta della comunità a questo sommarsi di crisi sociali è stata ed è straordinaria. Solo facendo rete possiamo tamponare l’emergenza povertà e immaginare una fuoriuscita di queste persone dallo stato di bisogno in cui si trovano: in questo senso la Caritas è un intermediario fondamentale”.