Commissioni alle stelle, anche a Lucca arriva lo sciopero dei buoni pasto
La protesta è stata organizzata da Fipe-Confcommercio e riguarderà bar, ristoranti ma anche supermercati
“C’è chi dice no”, cantava Vasco Rossi in una sua celebre canzone. Ma adesso, seppur con diverse difficoltà, a dirlo – esasperati – sono anche i pubblici esercizi. Arriva anche a Lucca la giornata di protesta lanciata a livello nazionale dal sistema Fipe Confcommercio contro le aziende che emettono i buoni pasto.
Non una guerra, ma un atto necessario: le commissioni dei ticket, infatti, sono arrivate addirittura al 20 per cento. Il che significa che con una spesa ipotetica di 8 euro da parte del cliente, in cassa ne vanno solo 6. E dopo due anni di pandemia e bollette alle stelle, per bar e ristoranti adesso la situazione è diventata davvero insostenibile.
Mercoledì (15 giugno), quindi, per l’intera giornata nessun locale accetterà questa forma di pagamento. Di questo ‘stop’ se ne è parlato questa mattina a Palazzo Sani, sede della Confcommercio di Lucca, alla presenza della direttrice Sara Giovannini, del presidente provinciale di Fipe ristoratori Lucca Antonio Fava e della presidente provinciale di Fipe baristi Lucca Sandra Bianchi. All’incontro erano collegati da remoto anche il presidente provinciale di Confcommercio Massa Carrara Bruno Ciuffi e il referente di Fipe Viareggio Versilia Emiliano Cerri.
Ma questi buoni pasto, nel dettaglio, cosa sono? A spiegarlo è stato Antonio Fava: “Questi ticket non sono altro che un servizio sostitutivo della mensa. Tante aziende non ne possiedono una all’interno delle loro sedi, quindi offrono ai loro dipendenti questi buoni pasto da spendere negli esercizi del territorio. Questo servizio riguarda tantissime persone e tantissime imprese del settore alimentare. Un fenomeno che non è affatto di poco conto: solo nel 2021 ne sono stati distribuiti oltre 500 milioni in tutta Italia per un valore di oltre 3 miliardi di euro, a beneficio di tre milioni di lavoratori. Come Fipe ci uniamo alla protesta sperando di poter sensibilizzare su questo tema, perché le spese sono diventate davvero insostenibili”.
La protesta, che vedrà mobilitati i pubblici esercizi toscani insieme a quelli di tutta Italia, è stata organizzata da Fipe-Confcommercio, la federazione a cui appartengono le imprese del settore, ma coinvolgerà anche le imprese della distribuzione commerciale, dai piccoli esercizi di vicinato fino a supermercati e ipermercati della distribuzione organizzata. Bar e ristoranti ma anche supermercati, dove solitamente i lavoratori decidono di spendere i buoni pasto che non hanno utilizzato.
Una protesta necessaria, che però lascia anche un po’ di malumore: i buoni pasto, infatti, sono stati sempre accettati senza problemi da molti esercizi commerciali del nostro territorio. Dire “no” a clienti fissi e persone che si trovano nel locale in pausa pranzo dopo una giornata di lavoro, è difficile, ma ormai quasi obbligatorio per richiedere finalmente una riforma del sistema dei buoni pasto che consenta di continuare a offrire a tutti questo servizio.
“La nostra non è una guerra, i buoni pasto sono uno strumento molto importante in tutta Italia – ha aggiunto Emiliano Cerri – La protesta riguarda solo l’aumento delle commissioni: negli anni Ottanta erano addirittura a zero, poi sono salite al 5% negli anni 2000, e adesso addirittura al 20%”.
L’aumento delle commissioni arriva da lontano, ma nemmeno troppo: nel 2016, con le gare Consip, il Qui Group si era aggiudicata due lotti per un valore di 400 milioni di euro. Poco dopo, nel luglio del 2018, Consip ha risolto la convenzione per ‘reiterato, grave e rilevante’ inadempimento degli obblighi contrattuali per mancato rimborso agli esercenti. A settembre, solo due mesi dopo, ecco che arriva il fallimento della società, rilevando debiti per oltre 325 milioni di euro.