San Concordio, chiude lo storico alimentari Dal Cerro. Il titolare: “Ma voglio vendere la licenza”

L’appello di Giampaolo e della moglie Mariarosa: “Ragazzi, queste attività hanno bisogno di gente formata e intraprendente come voi”
Sguardo affettuoso, gesti attenti e carichi d’amore. L’amore e la cura di mani che da dietro il bancone, servono i clienti da 38 anni come cari amici: sono loro, infatti, i compagni di un’avventura fatta di sacrificio, passione e dedizione. L’avventura di Giampaolo Del Cerro, titolare dell’alimentari Dal Cerro in via Nottolini a San Concordio, e sua moglie Mariarosa Picchi, che questo venerdì (30 settembre) tireranno giù le saracinesche della loro attività, forse per l’ultima volta.
“Vorrei trascorrere il resto della mia vita in tranquillità – spiega Giampaolo, 80 anni compiuti il 21 agosto scorso – Per questo abbiamo deciso di chiudere. Tuttavia – aggiunge – ho tirato su questo alimentari con il cuore e la mia più grande soddisfazione sarebbe stata lasciarlo a qualcuno. Un giovane, magari, che prendesse in eredità il mio lavoro e i miei sforzi”.
“Abbiamo lottato tanto, io e Mariarosa, per trovare un sostituto a cui passare il testimone e vendere la licenza. E di ragazzi interessati, ne sono passati: ma poi sono subentrate tante problematiche, le banche non fanno il fido e non se ne è fatto di niente. E poi, diciamo la verità: il settore alimentare richiede sacrificio: è un lavoro totalizzante, che non si può fare se non piace. Non si può fare – sottolinea – senza amore”.
Dall’amore per i prodotti, sempre freschi, di qualità e locali, a quello per la sua comunità che serve dal 1984, la storia di Gianpaolo Del Cerro inizia a Badia di Pozzeveri, dove nasce nel 1942. Nella piccola frazione di Altopascio trascorre i primi 12 anni di vita, segnati dalla scomparsa della madre: sullo sfondo, la seconda guerra mondiale. Mentre all’orizzonte, una vita intensa, che lo porta fin da bambino a viaggiare.
A partire 1953, quando Giampaolo si trasferisce a Torino. 12 anni e una nuova realtà, lontano da Lucca e dagli affetti più cari: “Raggiunsi dei parenti di mia madre alla lontana, secondi cugini. Ma il grosso della famiglia era a Lucca. Mio fratello, anche mio padre. Mamma non c’era già più, ed io ho dovuto combattere: ero solo un ragazzo, a Torino”.
Nella grande metropoli del nord Italia il piccolo Giampaolo rimane 2 anni, lavorando in un ristorante. “Qui veniva a mangiare la squadra della Juve. Ho conosciuto i giocatori e Agnelli: fu una bella esperienza”.
“Ma non fu l’unica occasione in cui ho incontrato personaggi famosi”. Nel capoluogo toscano, infatti, conosce Primo Carnera, Moira e Liana Orfei, “che venivano in città col circo alla Fortezza Da Basso: avevo circa 16 anni, e lavoravo in un alimentari – trattoria in via Cesolana, nel centro di Firenze”.
Da Firenze a Lucca, il destino riporta Giampaolo nella sua Toscana, dove si sposa con Mariarosa: “Sono stato 25 anni dipendente del salumificio Michelini a Carraia. Il mio lavoro si chiamava norcino, e guidavo camion”.
“Li ho guidati per tutta la regione, arrivando fino in Umbria: ma a un certo punto, è subentrato il desiderio di avere un po’ più di tranquillità. E l’idea di prendere questa attività è arrivata da mia moglie, Mariarosa, quando si è presentata l’occasione”.
Occasione arrivata nell’’84, alle ex officine Lenzi a San Concordio. Un anno e mezzo dopo, il trasferimento nella sede attuale, in via Nottolini, dove l’alimentari di Giampaolo e Mariarosa chiuderà i battenti questo venerdì (30 settembre): “Ed eccoci qui, fra gioie e dolori. A volte – racconta il titolare – più dolori: guadagni limitati a causa di tante tasse e burocrazia, ore di lavoro tante”.
“Si inizia alle 6,30 la mattina, si stacca alle 13 per la pausa pranzo spesso prolungando fino alle 13,30 – 14, se arrivano le aziende. Alle 16 si ricomincia, fino alle 19,30. E la domenica, si cucina per preparare le verdure da esporre al bancone il lunedì, ai clienti”.
“Per loro, si lavora: per instaurare con le persone un rapporto speciale, che va al di là della compravendita. Io ho visto ragazzi diventare grandi con le mie focacce, ed è una soddisfazione che non si può spiegare. Al supermercato sei un numero, come in banca: qui c’è vicinanza, calore, fiducia: ho cresciuto una comunità, e sono cresciuto insieme a lei”.
E proprio a lei, e alle nuove generazioni soprattutto, l’appello: “Ragazzi, ci vuole spirito di sacrificio per raggiungere i propri obiettivi. Qualsiasi essi siano. Dal niente non nasce niente”.
“E queste attività, come la mia, hanno bisogno di voi: hanno bisogno di gente che abbia studiato, formata, capace di usare la tecnologia: grazie a voi e alle vostre capacità, si potrebbe fare un salto di qualità”.
“Unire l’aspetto umano assente nelle grandi catene all’innovazione tecnologica, può fare la differenza – conclude -: in questo momento difficile per l’Italia, può essere un’opportunità vincente. Coglietela”.



