Una targa a Maria Eletta Martini, la consigliera Pd: “Ecco perché è importante ricordare mia zia”
Il messaggio di Chiara Martini dopo l’intitolazione della rotatoria fuori porta San Jacopo
Una lettera per ricordare una delle figure femminili di maggior spicco nella politica italiana dal secondo dopoguerra, Maria Eletta Martini. A scriverla è la nipote, Chiara Martini, consigliera comunale del Partito democratico il giorno dopo la scoperta della targa di intitolazione della nuova rotatoria della circonvallazione a Porta San Iacopo.
“Prossimità, è la parola chiave. Prossimità alle persone, nello spazio e nel tempo che ci è dato. L’intitolazione a Maria Eletta Martini della rotonda che si trova davanti a Porta San Jacopo, realizzata dall’amministrazione Tambellini in viale Marti, è l’occasione per ricordare quanto Maria Eletta ritenesse importante capire, conoscere e reagire alle trasformazioni sociali, economiche civili e culturali che ogni epoca porta con sé, assumendo una posizione di vicinanza alla vita delle persone – spiega Martini -. Ecco perché è stata preferita la rotonda più prossima alla casa dove è nata e cresciuta. Da questo punto passava quando andava al Liceo Classico Machiavelli, di qui sfrecciava in macchina, quando era deputata, per raggiungere Roma con una valigia colma di atti e documenti, che studiava e redigeva per contribuire al nuovo diritto di famiglia, per ottenere il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, per istituire il servizio sanitario nazionale, i consultori familiari, la legge quadro sul volontariato. Grazie al suo impegno, in seno alle commissioni lavoro, giustizia, antimafia e sanità pubblica ha contribuito a riforme di importanza epocale come la riforma del diritto di famiglia. Dal 1951 al 1963 e poi dal 1990 al 1993 è stata consigliera comunale, per non mancare all’impegno politico locale e occuparsi anche del governo della sua città natale”.
“È nella sua casa che Maria Eletta ha consolidato i valori ai quali si è sempre ispirata, grazie all’esempio dato da sua madre Livia Pardini e agli insegnamenti di suo padre Ferdinando Martini, al quale la città ha intitolato la scuola elementare di San Marco e una via a San Filippo.
Un padre che è stato anche il suo primo indiscusso maestro di politica – racconta ancora Martini -. Con lui ha imparato a fare la staffetta partigiana, rifiutandosi sempre di portare armi, ma solo aiuti alimentari o messaggi volti a tutelare la vita delle persone perseguitate. Esperienza, la Resistenza, che le ha insegnato a cavarsela, con coraggio, per aiutare i più deboli, le persone in difficoltà, dove è potuta entrare in contatto con altre correnti politiche e fedi religiose diverse da quella cattolica, che le ha fatto conoscere i vantaggi del confronto e della mediazione con posizioni anche distanti dalle sue, cercando di essere laica, distaccata, ma sempre interessata. Ed è da questo punto che, durante la guerra, passò il frastuono delle raffiche di mitra quando uccisero don Aldo Mei a Porta Elisa, lei e la sorella Renata erano in giardino a cercare un po’ di fresco e nonno Nando disse ‘Non ce l’abbiamo fatta, l’hanno ucciso’ “.
“È qui che Maria Eletta ha temuto di essere vittima del terrorismo negli anni di piombo. È qui che Maria Eletta riceveva le telefonate di Tina Anselmi, Scalfaro, Nilde Iotti e Aldo Moro, che insieme a Monsignor Bartoletti e Monsignor Franceschi sono stati gli altri suoi punti di riferimento con i quali condivideva il desiderio di riuscire ad affermare la democrazia sostanziale, che si realizza attraverso un rinnovamento dei partiti chiamati a interpretare i bisogni e le attese dei cittadini a capire quell’ansia di cambiamento alla quale il legislatore e quindi il Parlamento deve cercare di dare risposte celeri, senza rimandare nel tempo – prosegue Martini -. Dignità e libertà della persona, tutela dei diritti umani, compreso quello di essere felici, ricorrono nelle riflessioni che ci ha lasciato scritte. Vedeva come campanelli d’allarme l’ingenuità, i falsi ottimismi, la superficialità che privilegia l’immagine, la demagogia di fronte a problemi non risolti spesso causa di ribellione, frustrazione, disprezzo per la politica e sfiducia nelle istituzioni. ‘Fare politica non è essere soci di un circolo culturale. La politica è progettazione, richiede studio, competenze, conoscenza dei meccanismi del potere’, che Maria Eletta sapeva padroneggiare con sobrietà, senso del limite e senza orpelli”.
“Non bastano virtù e onestà dei singoli, premessa indispensabile ma non sufficiente, conta fare riforme necessarie per promuovere dignità e diritti – va avanti ancora Martini -. Maria Eletta era radicata nel posto dove era nata e cresciuta, era rigorosa e metodica, godeva di lucidità intellettuale. Chi la conosceva e frequentava ricorderà come casa sua fosse sempre aperta, se non era a Roma era al telefono, in salotto o nel suo studio, regolarmente, soprattutto gli ultimi anni della sua vita, ritagliava articoli di giornale e li catalogava per anno e per tema. Quando le chiedevi qualcosa tirava giù dagli scaffali anche più alti, che raggiungeva con una scala peraltro non proprio comoda, i suoi appunti: ‘Chiara vedi nella Costituzione abbiamo tutto il da farsi, la salute delle persone, la famiglia, la scuola, la parità fra uomini e donne, il progresso economico e sociale, la valorizzazione del patrimonio culturale, la tutela dell’ambiente e soprattutto la libertà che abbiamo con fatica conquistato'”.
“Se potesse scendere fra noi per qualche ora ci direbbe ‘Oh che avete combinato? Vi avevo detto di rimboccarvi le maniche, ma mi pare un disastro, vedo una guerra in Ucraina, la crisi energetica, politiche per le donne e per i giovani che speravo avanzassero, pochi asili nido, il mondo del lavoro in crisi e il linguaggio dell’odio circolare in tutti quei canali di comunicazione che avete a disposizione’ – conclude Martini -. Maria Eletta era esigente con se stessa e con le persone sulle quali investiva, credo che una parte di tempo, se potesse, lo passerebbe con noi familiari e amici e poi vorrebbe ‘sfrecciare’ a Roma per sedere accanto a Liliana Segre e con lei ribadire l’invito a chi oggi fa politica a ‘concedersi il piacere di lasciare fuori dal Parlamento, (aggiungo io dai Consigli comunali e dai media), la politica urlata che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione al voto. Cerchiamo di avvicinarci alla politica alta e nobile che, senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra all’ascolto, si esprima con gentilezza e mitezza’ “.