San Giorgio, il cappellano don Simone Giuli: “Il carcere sia davvero un luogo di rieducazione”
Sono ottanta i detenuti, molti sono stranieri del nord Africa, ma non mancano gli italiani. Il parroco: “Quello che mi ha insegnato il penitenziario è che nella vita conta molto dove si nasce”
Il carcere come vero luogo di rieducazione. E’ questa una delle funzioni, non sempre riconosciuta, dei nostri istituti di detenzione e dove i servizi rieducativi sono messi a disposizione dei detenuti la recidiva scende dell’80 per cento. Questo grazie a molti operatori e realtà che operano all’interno del carcere per creare dei percorsi volti al reinserimento sociale del carcerato all’interno della società, come la Caritas diocesana.
Sono 190 gli istituti penitenziari in Italia, con una capienza di 50 mila posti e una disponibilità reale di 47 mila. Nel 2018 i detenuti erano quasi 60 mila e dal 2006, anno dell’indulto, il numero dei carcerati è in netto aumento. Ciò che in realtà colpisce di questi dati è che di questi 47mila carcerati, sono 31mila le persone che hanno una condanna o un residuo di pena, fino ad un massimo di tre anni. Di questi, 10mila hanno una pena inferiore ad un anno.
La casa circondariale di Lucca a San Giorgio, si differenzia da una casa di reclusione perché al suo interno sono detenute persone in attesa di giudizio o condannate a pene inferiori ai cinque anni. Don Simone Giuli da dieci anni è cappellano della casa circondariale di Lucca e si occupa di detenuti dalla morte del precedente cappellano Don Beppe Giordano, parroco di San Pietro a Vico.
“Dopo la morte i Don Beppe Giordano iniziai a occuparmi dei carcerati come volontario con Don Luigi Sonnenfeld, caro amico del vecchio cappellano – spiega Don Simone Giuli -. Sentivo che quel mondo mi attraeva, perché al loro interno c’erano veramente persone che avevano bisogno di vicinanza e ascolto. Ho colto una sfida che avvertivo dentro di me.”
“A Lucca abbiamo una casa circondariale – prosegue -, all’interno della quale, nella maggioranza dei casi, ci sono persone in attesa di giudizio, sono solo uomini, molti anche di giovane età, stranieri, soprattutto del Nord Africa del Maghreb. Ma anche tanti Italiani, persone che spesso non hanno una storia facile o un retroterra familiare e sociale che li ha indirizzati nella vita. Quello che a me ha insegnato il carcere è che, nella vita conta molto dove si nasce. Noi che stiamo meglio, abbiamo avuto la fortuna di avere una famiglia strutturata e questo è dovuto a dove siamo nati, ma a seconda della nostra provenienza potremmo essere noi dall’altra parte. Nella casa circondariale di Lucca non si parla di reati gravissimi come in altri in altri carceri”.
Il carcere di Lucca è un convento dell’ottocento, una struttura vecchia, con molte carenze strutturali e dagli spazi limitati, ma secondo Don Simone Giuli è anche una struttura viva: “E’ molto bello il lavoro che noi con Caritas insieme agli agenti di polizia penitenziaria, facciamo nell’area rieducativa – dice il cappellano -. In carcere, adesso ci sono circa un’ottantina di detenuti e si cerca di portare avanti un lavoro proprio al servizio delle persone. Noi di Caritas gestiamo tutta la parte del vestiario, per i detenuti che non hanno colloqui e quindi non hanno nessuno. Gli diamo delle tute, magliette, intimo, ciò di cui hanno bisogno per lavarsi, asciugamani e molto altro. Inoltre portiamo avanti anche un bel progetto di digitalizzazione in cui i detenuti inseriscono materiale cartaceo della Asl nei computer. Collaboriamo anche per le attività sportive, abbiamo partecipato alla realizzazione del campetto da calcetto in collaborazione con altri enti della città. Inoltre, io sono cappellano del carcere e anche direttore della Caritas e in entrambi i ruoli cerco di dare una mano per il reinserimento dei detenuti nella società, anche a livello lavorativo, in collaborazione con la Casa San Franesco o attraverso le cooperative che Caritas sostiene, come Calafata o Nanina, per i lavoro agricolo e il riuso solidale. Un’inclusione lavorativa al momento della loro uscita.”
Il tema della rieducazione è quello che preme di più a Don Simone Giuli. Infatti negli istituti di pena in cui vengono messi a disposizione dei servizi di recupero del condannato, i casi di recidiva scendono dell’80 per cento. Un detenuto costa allo Stato 200 euro al giorno, ma la spesa per la loro rieducazione sfiora appena 95 centesimi.
“All’interno del carcere si lavora, si studia e si impara ad essere reinseriti nella società – dichiara Don Simone -. Questa è una parte importante, noi ci proviamo, perché in Italia purtroppo è ancora prevalente un’impostazione detentiva della pena, rispetto a quanto afferma l’articolo 27 della Costituzione, che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Un dato infatti è chiarissimo: nelle carceri dove c’è un forte investimento sull’attività di educativa solo il 20 per cento dei detenuti cade nella recidiva, cioè ricommette dei reati. Invece nelle carceri dove questo non avviene le percentuali sono l’esatto contrario”.
Per quanto riguarda la casa circondariale di Lucca vengono offerte ai detenuti adeguate attività educative?
“Sicuramente sui servizi che mette a disposizione Lucca può sicuramente migliorare – ammette Don Simone Giuli -. Però ci sono corsi importanti come quello di cucina, di teatro, di lettura, di attività sportive, la biblioteca. Però a mio avviso si può investire ulteriormente su questo aspetto anche qui a Lucca”.