Rachele, vita e impegno tra i detenuti del San Giorgio: “Così ho imparato ad abbattere i pregiudizi”

13 giugno 2023 | 16:47
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La giovane lucchese segue per la Caritas il mondo del carcere da 5 anni. L’ultimo progetto ha visto l’attivazione di borse di studio per un corso di digitalizzazione

Carcere e servizi rieducativi. Il sistema di detenzione in Italia prevede la rieducazione del detenuto per un suo reinserimento nella società una volta scontata la pena.

Purtroppo però, questo genere di attività non è sempre presente e, in certi casi, la recidività dei carcerati aumenta sensibilmente. La Casa circondariale di Lucca, grazie all’impegno della Caritas diocesana, l’amministrazione comunale, l’Asl Toscana nord-ovest e molte altre associazioni, riesce a portare avanti alcuni progetti interessanti, volti alla rieducazione del detenuto. La Caritas in particolar modo si è sempre messa a disposizione per le attività all’interno del sistema penitenziario e tra le persone che dirigono i progetti c’è Rachele Franceschi di Lucca: “Il mio impegno con Caritas nasce nel 2018, con il servizio civile e da lì mi sono stati proposti dei progetti ludico-ricreativi al suo interno. Inizialmente questo mondo mi intimoriva, devo ammetterlo, però poi ho abbattuto il pregiudizio che solitamente le persone hanno e mi sono lanciata in questa nuova avventura e da lì, non l’ho più lasciato”.

Rachele segue i detenuti da ormai cinque anni e attualmente è tutor del progetto di digitalizzazione che va avanti dal 2019. “Il progetto è nato in collaborazione con la Caritas e l’Asl nord ovest – spiega Rachele -, adesso va avanti con il contributo del Comune di Lucca. Consiste nella digitalizzazione di documenti amministrativi, sia appartenenti a Caritas, che interni del carcere. Con me lavorano 4 detenuti che vengono scelti da un’equipe educativa, li facciamo lavorare per tre mesi attivando una borsa lavoro. In questo modo possono ricevere un rimborso spese che li aiuta a provvedere alle loro esigenze primarie e li forma per un’attività professionale”.

Statisticamente i carcerati che seguono un percorso rieducativo hanno una percentuale molto più bassa di recidività, rispetto a coloro che non lo fanno. Proprio per questo, certe attività messe a disposizione risultano importanti per un reinserimento all’interno della società dei detenuti che hanno scontato la pena.
“E’ importantissimo ed essenziale che i detenuti si impegnino in una partecipazione attiva – dice Rachele -. Se una persona durante l’esecuzione della pena ha avuto la possibilità di seguire percorsi formativi o di integrazione al lavoro, ovviamente quando esce ha delle possibilità in più”.

“Succede spesso – prosegue Rachele -, che molti carcerati non abbiano zero dimestichezza con i computer e una delle cose che fa più piacere è vedere quanto hanno imparato dopo tre mesi di attività. E’ una bella soddisfazione, per noi e per loro, dimostrano sempre un grande impegno e molte volte saltano le pause per potersi dedicare anche qualche minuti in più al progetto”.

Cosa ha ricavato da questa esperienza?

“Da questa esperienza ho ricavato tanta umanità – dichiara Rachele -, ho cercato di abbattere tutti i pregiudizi che avevo, perché è importante andare al di là dell’etichetta del detenuto e conoscere la persona che vi sta dietro. Questi timori vanno abbattuti, bisogna andare al di là delle sbarre e cercare di capire anche le motivazioni di chi ha commesso un reato, perché ovviamente anche il luogo dove nasci e l’ambiente che ti circonda può portare a delle devianze. Bisogna superare questi pregiudizi e aiutare queste persone a reinserirsi nel mondo del lavoro e nel sociale”.