Dalla strage di Ustica ai misteri insoluti d’Italia, Ciancarella racconta i retroscena: “Spero che emerga la verità”
L’ex capitano pilota dell’Aeronautica rievoca i momenti più duri della sua carriera fino al caso dell’espulsione e la battaglia per ottenere giustizia
Mario Ciancarella titolare di Lucca Libri, con un passato nelle forze armate come capitano pilota dell’Aeronautica militare, ha scritto un libro che parla delle sue vicende personali che si intrecciano con la storia e alcuni misteri d’Italia. Il titolo,Si può, si deve nasce dall’idea che in determinate situazioni si cercano le motivazioni per starsene da parte e non interessarsi alle vicende. Tutto il contrario di quello che ha fatto Mario Ciancarella.
“Nel mio caso – dichiara Mario Ciancarella -, si trattava di un impegno per dare cittadinanza alla Costituzione nelle forze armate, che è stato assolutamente osteggiato dall’interno da parte dei miei superiori. Per capire le motivazioni basta tra le altre cose sapere che nel 2000, la Corte Suprema Militare, nell’apertura dell’anno giudiziario, scriveva che le forze armate ‘sono una beata insula incontaminata dal contagio costituzionale’.Come se la Costituzione fosse un contagio, una specie di Covid dal quale rimanere isolati e ed estranei. Quindi il problema rimane sempre il solito, di fronte agli avvenimenti che la vita di mette davanti decidere che cosa fare e perché farlo”.
La vicenda di Mario Ciancarella inizia nel settembre del 1980, in cui veniva arrestato: “Mi venivano imputati diversi reati di insubordinazione con vari livelli di gravità – spiega Ciancarella -, questo perché Ciancarella era stato un insopportabile sostenitore della Costituzione, era stato convocato dal presidente Pertini, era stato votato dall’84 per cento dei colleghi ufficiali nelle prime rappresentanze militari e si stava interessando alla vicenda di Ustica”.


Secondo quello che racconta Ciancarella, le forze armate decisero a quel punto che doveva essere radiato: “Non ce la fecero con le sentenze penali. Per cui io fui assolto con delle formule molto alchemiche e molto strane, nel senso che ci fu la rinuncia da parte del collegio difensivo al processo politico, perché sarei rientrato e poi invece si sono appellati e non hanno eseguito il mio reintegro. A quel punto però, si trovarono davanti allo scoglio di Pertini, che non aveva intenzione di firmare il decreto e mi è stato comunicato con un decreto del ministro che ero stato radiato dalle forze armate. A me competeva un decreto del Presidente della Repubblica, ho insistito su questo punto, ma non ci fu niente da fare. Per 10 anni non ho visto il decreto del presidente Pertini, poi nel ’92 dopo la morte di Sandro Marcucci, riuscì finalmente ad avere questo decreto ma con una firma volgarmente falsa. Ho impiegato 18 anni per trovare un legale disponibile a portare avanti la questione, alla fine l’ho trovato qui a Lucca nell’avvocato Casella con il quale andammo al tribunale di Firenze, dove ci furono quattro rinunce di periti calligrafi. Alla fine ci fu una dottoressa di Empoli che accettò l’incarico. Come aveva dichiarato la mia perita di parte, la firma del presidente Pertini era falsa. C’è da dire che in questa fase processuale l’amministrazione non si è neppure costituita parte nel processo, infatti è stata condannata in contumacia. Quando vedemmo non venivo reinserito in servizio si decise di appellarci al Tar e al Consiglio di Stato. Ci sono state due sentenze veramente orripilanti, per cui la prima diceva che ero stato acquiescente, la seconda che no, non ero stato acquiescente, però ero tardivo. Il dramma è che non c’è stata una posizione politica su questa violazione delle prerogative del Presidente della Repubblica. E’ come dire che oggi decidiamo di andare a combattere su uno dei fronti attualmente aperti, ma il Presidente della Repubblica non firma, allora si firma lo stesso al posto del Presidente della Repubblica per realizzare il progetto militare”.
Nonostante gli anni passati dall’arresto avvenuto negli anni ’80, vecchie ruggini sarebbero rimaste.
“Ho fatto di tutto per farmi ricordare – precisa Ciancarella -, ho scritto continuamente a tutti i capi di Stato, ai capi di governo che si sono succeduti e mi sono interessato della vicenda Scieri e sono stato il primo a parlare di omicidio, che ora solo ora dopo 20 anni è stato accertato dal Tribunale di Pisa, benché siamo ancora nella fase di primo grado, quindi c’è da aspettare. E’ chiaro che all’interno ci sono persone che vedono ancora male la presenza di Ciancarella. Anche perché riapprovare con un decreto in deroga sanando questa violazione delle prerogative del Presidente della Repubblica, significherebbe ridare credibilità a tutto quanto Ciancarella aveva detto per altre vicende, come la vicenda di dei morti de del Monte Serra, così come la vicenda di Ustica”.
Durante la sua vita Mario Ciancarella ha indagato su alcuni misteri italiani, come la strage del monte Serra, il caso del parà della Folgore morto alla caserma Gamerra di Pisa e la strage di Ustica.
“Io su queste vicende non ho mai avuto delle verità palpabili – spiega Ciancarella -. Però ho avuto modo di indicare ai giudicanti, dei processi di indagine e di accertamento. Sul caso di Ustica venni coinvolto dal maresciallo Dettori il quale mi telefonò e mi disse: ‘Comandante, siamo stati noi’. Io non ci ho creduto, ma dopo il ritrovamento del MiG, lui mi richiamò e mi disse: ‘Dopo questa puttanata del MiG ti indico i settori nei quali cercare? Cerca gli orari di atterraggio dei nostri velivoli, l’impiego dei missili a testata inerte a guida radar’. Da lì scattò tutto un processo che naturalmente si interruppe immediatamente per via dell’arresto. Poi lo riprendemmo nell’87 con Sandro Marcucci, decidemmo che avremmo incontrato nuovamente Mario Dettori, 13 giorni dopo averlo deciso nella mia libreria, Dettori viene trovato impiccato”.
La vicenda dell’arresto e del congedo con disonore dall’esercito ha condizionato la vita personale di Mario Ciancarella. Si è trovato senza un lavoro, con problemi familiari e una brutta esperienza in carcere.
“Mi ritrovavo a non avere nulla, a non avere più nemmeno un brevetto aeronautico valido con il quale sarei potuto andare in una compagnia civile, mi ritrovavo con i figli che non capivano nulla di quello che stava succedendo e si interrogavano sul perché stesse succedendo qualche cosa del genere. Oggi per fortuna molte cose sono diventate più credibili anche agli occhi di quelli più vicini a me e adesso ne parlo con con molta libertà d’animo e tranquillità”.
Ci saranno dei proseguo? “Mi auguro di sì. Mi auguro che ci sia una volontà politica che riemerga. Non so se in questi anni le Forze armate siano cambiate, so che nelle Forze armate oggi come allora ci sono delle persone meravigliose, delle persone che lavorano senza risparmio di forza. Il compito di tutti è quello che mi veniva insegnato quando ero in accademia e cioè quello di mantenere l’arma pulita. Perché se l’arma si corrompe quando fosse chiamata ad essere utilizzata, potrebbe fallire. Questo è stato il mio concetto di fondo, battersi perché l’arma risultasse sempre un’arma pulita”.
Ad oggi si considera ancora un militare?
“Sì”.